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Maledizione Buffon, orgoglio, delusione, rammarico: cosa resta di Italia-Germania

Simone Eterno

Aggiornato 03/07/2016 alle 12:09 GMT+2

Il post di Bordeaux regala un'infinità di sfumature che rendono la prima non-sconfitta con la Germania - per i libri statistici restiamo imbattuti nei 120 minuti - ancor più difficile da digerire. L'Italia esce a testa alta, ma la sensazione comunque è che questo gruppo fosse a un passo da un mezzo miracolo alla vigilia impensabile. E nelle lacrime amare di Barzagli una triste verità...

Gianluigi Buffon en larmes après l'élimination de l'Italie

Credit Foto AFP

BORDEAUX – Quante emozioni e quante differenti sfumature nel post-partita del primo Italia-Germania difficile da digerire nella storia della nazionale italiana. Orgoglio e amarezza, fierezza e delusione, rabbia e rimpianti, applausi e lacrime. Un mix davvero difficile da raccontare, ma che disegna, impietoso, il quadro perfetto.

Orgoglio

In primis arriva l’orgoglio. Per aver tenuto testa ai campioni del mondo, per averli obbligati a cambiare modulo, per aver trasformato una nazionale arrivata senza pretese – o per dirla con le parole di Buffon “come l’esercito di Franceschiello” – in una squadra capace di tener ferma una nazionale, ma soprattutto di farle credere che fosse possibile battere ancora una volta i tedeschi; campioni del mondo e col il gap tecnico più grande tra la storia calcistica dei nostri due Paesi.
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Gigi Buffon - Germania v Italia - Euro 2016

Credit Foto AFP

Maledizione Buffon

Poi si passa all’amarezza. Perché l’analisi di tutto ciò tutto si riassume in un calcio di rigore. Quello di Zaza finito in curva, o quello di Pellè col suo cucchiaio annunciato, ritrattato e poi finito goffamente a lato di Neuer; ma anche quello di Bonucci ipnotizzato o quello di Darmian impaurito; o quello di Buffon su Hector, ancora una volta solo sfiorato, che come una maledizione si abbatte sul portierone azzurro in un lapsus che lo riporta indietro 13 anni, quando da bianconero sfiorò a Manchester in penalty di Sandro Nesta, salvo poi inchinarsi alla Champions League rossonera alzata da capitan Maldini. Un Buffon che quando para, purtroppo, spesso perde. Ma un Buffon che certo, poi, con una punta di orgoglio, aggiunge anche: “loro ne hanno sbagliati 3, ma noi abbiamo fatto 4 su 9…”
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Germany's Jonas Hector celebrates scoring in the penalty shootout

Credit Foto Reuters

Fine ciclo

Poi c’è la riflessione lucida e impietosa: quella di un gruppo che nonostante sia insieme da soli 2 anni sia già alla fine di un ciclo. Quello targato Conte, ovviamente, che è stato in grado, citando nuovamente la parole di Gigi Buffon, “di portare consapevolezza nei giovani. Di renderli consci che col lavoro e sacrificio si può arrivare più in là di quanto tutti ti dicano tu possa arrivare”. Quell’Antonio Conte condottiero di cui anche l’altra metà d’Italia non juventina si è innamorata in questo Europeo; e che in pieno stile Conte, senza peli sulla lingua, se n’è andato tirando fuori gli ultimi sassolini nella scarpa: “A novembre avevo pensato che avrei potuto fare un altro biennio, ma poi non mi sono sentito appoggiato da nessuno”.
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Italy's coach Antonio Conte speaks to players after extra time.

Credit Foto Reuters

E quindi?

Al termine del meltinpot però, tra maledizioni personali, rammarichi, dettagli, polemiche, addii e facce segnate da chi è stato privato sul più bello di qualcosa impensabile alla vigilia, ci sono le commoventi lacrime di Andrea Barzagli. Strozzato dal pianto, il centrale singhiozza “Abbiamo dato tutto. Rimane la sconfitta. Di tutto quello di bello che abbiamo fatto non rimarrà niente perché quando esci… rimane solo la delusione e il fatto che alla fine nessuno si ricorderà niente di questa nazionale che ha dato tutto e che aveva una grande voglia di stare assieme”. Perché sì, oltre a questo, l’altra ulteriore sensazione, confermata poi da Bonucci, è che tutti – ma proprio tutti – fossero convinti che una volta usciti vivi dai tedeschi, si sarebbe arrivati fino in fondo.
E’ questa l’ultima indicazione che resta tra chi sale sul pullman ormai acceso dentro il garage dello stadio Atlantique e tutti i reduci della stampa italiana. Una sensazione, purtroppo, alla quale non potremo mai unire la risposta del campo… e che proprio per questo rende la prima non-sconfitta con i tedeschi - per le statistiche conta l'1-1 nei 120 minuti - ancor più difficile da digerire.
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