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Leao: "Con Pioli all'inizio non c'era sintonia. Nessun rapporto con Giampaolo. Maldini mi disse che..."

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Pubblicato 21/02/2024 alle 16:39 GMT+1

SERIE A - Nella sua autobiografia Smile, l'attaccante portoghese parla del suo rapporto con l'allenatore, non sempre idilliaco: "C'è voluto tempo prima che capissimo come relazionarci, lui intanto ha avuto la bravura di trovare il miglior modo per far giocare me e la squadra". E su Maldini: "Appena arrivato mi disse: 'Tu giochi per il tuo Instagram, questa cosa deve cambiare'".

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"Pioli? All'inizio non eravamo in sintonia, ricordo una sua conferenza stampa che mi aveva infastidito, in cui aveva detto cose che secondo me non doveva dire, di cui doveva discutere prima davanti alla squadra". Questo uno dei passaggi più interessanti di Smile, l'autobiografia di Rafael Leao attraverso la quale il numero 10 del Milan affronta una serie di temi, alcuni strettamente legati al calcio altri meno. Decisamente interessante il racconto del rapporto con il tecnico Stefano Pioli: "C'è voluto tempo prima che capissimo come relazionarci - scrive Leao -. Lui intanto ha avuto la bravura di trovare il miglior modo per far giocare me e la squadra. Mi ha messo nelle condizioni di poter fare la differenza e così ci siamo avvicinati".
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"Il segreto è stato trovare un modo chiaro e diretto di parlarci - prosegue Leao -. È normale che ci siano delle discussioni all'interno di uno spogliatoio, ci sono ovunque. E come nella vita, come nelle famiglie, non parlarsi è spesso la peggior scelta che tu possa decidere di fare. Parlando si chiarisce sempre tutto, a volte non va come volevi, certo, ma meglio una verità che può farti male che una bugia. Mister Pioli spesso ha detto che con me ha parlato tanto, è vero, mi ha aiutato e mi ha dato sempre fiducia. Sono uno dei calciatori che è stato più tempo nel suo ufficio ma anche quello che ha giocato più minuti in ognuna delle ultime stagioni. Credo che le due cose siano collegate, che abbiano formato un legame e ho sempre pensato di dover ripagare questa fiducia".

Su Maldini

"Appena arrivato mi prese da parte e mi disse: 'Tu giochi per il tuo Instagram, questa cosa deve cambiare, altrimenti continuerai sempre a fare due gol a stagione'. Era in parte vero: ero un giovane talento arrivato in una delle squadre più forti del mondo, non volevo fare altro che mettermi in mostra. Quindi sì, Maldini aveva ragione e faceva bene a parlarmi in quel modo. Se non si fosse rivolto così a me probabilmente non avrei imparato".
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Paolo Maldini, Rafael Leao e Frederic Massara

Credit Foto Getty Images

Su Giampaolo

"Tra me e mister Giampaolo non c'era praticamente alcun tipo di rapporto, non ci parlavamo, ero da poco a Milano e per un calciatore come me, a 19 anni, ambientarsi era la prima sfida da affrontare. Inizialmente cercavo nello spogliatoio un lessico famigliare, così mi ha aiutato un po' con la lingua André Silva, l'unico portoghese che c'era in squadra, ma dopo un mese è stato ceduto quindi ho iniziato a legare con altri nuovi calciatori come Ismael Bennacer, acquistato tre giorni dopo di me e che ancora oggi chiamo fratello. Fin da subito avevo degli obiettivi, ma non è stato facile, il mister non aveva capito come inserirmi in campo e con lui avevo un rapporto freddo; saluti formali all'allenamento e nient'altro, la difficoltà a comunicare che si aggiungeva a quelle della squadra in campo. Giocavamo male, io poco, e dopo qualche partita il mister è stato esonerato".

"L'Italia non è un Paese razzista, ma..."

"Non credo che l'Italia sia un Paese razzista, in questa nazione sono diventato un uomo, un grande calciatore e un professionista. Ma credo che le istituzioni sportive siano ancora molto indietro e questo accade anche in tutto il resto d'Europa. Spostare continuamente la responsabilità sul soggetto, chiedersi: 'Lui cosa ha fatto per provocare?' è il miglior assist possibile che si possa fare a un razzista".
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