Da José Sá a Guidetti: la Top 11 dell'Europeo Under 21

Ecco i migliori giocatori del torneo appena andato in archivio con la storica vittoria della Svezia: ci sono anche il big Emre Çan, il ficcante João Mário, il folletto Bernardo Silva. Prospetti veri

France's defender Layvin Kurzawa celebrates next to Sweden's forward John Guidetti (C) after scoring a goal during the UEFA U21 European Championships qualifying football match between Sweden and France.

Credit Foto AFP

Avviso ai naviganti: quella che leggerete di seguito è una Top 11, per cui può contenere solo e soltanto 11 giocatori. Ma è naturale che l'Europeo Under 21 appena andato in archivio in Repubblica Ceca, e conclusosi con lo storico primo trionfo della Svezia, abbia messo in luce un numero molto più ampio di talenti da prima pagina. Per cui per un José Sá che fa bella mostra di sé tra i pali della nostra ipotetica formazione (ed effettivamente miglior portiere della competizione), manca un Carlgren, l'eroe della finale; per un João Mário tanto bravo a palleggiare quanto a inserirsi manca un Tibbling capace di abbinare corsa, sagacia tattica e killer instinct; per un Bernardo Silva, anima offensiva del Portogallo, manca un Younes, tra i più brillanti nella complessivamente deludente Germania. E poi il nostro Berardi, il danese Sisto, il ceco Kaderabek, l'altro svedese Khalili. Tutti ragazzi da copertina, oggi e pure domani.
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Il saluto militare della Svezia

Credit Foto Eurosport

JOSÉ SÁ (PORTOGALLO) - Oltre alla barba da hipster c'è di più. Molto di più. C'è esplosività, padronanza dell'area di rigore, zero paura nelle uscite sui piedi degli avversari, come dimostrato durante tutta la competizione e pure nella finalissima. Ha negato lui, con qualche prodigio, la vittoria azzurra contro il Portogallo. E in finale ha fatto il suo parando uno dei rigori finali, anche se inutilmente. Gioca in patria, nel Maritimo, ma l'isola di Madeira è destinata a vederlo salpare ben presto.
VICTOR NILSSON-LINDELÖF (SVEZIA) - Ha iniziato il torneo in panchina, mettendo piede in campo solo per tamponare l'uscita per espulsione di Milosevic che avrebbe teoricamente dovuto spianare la strada all'Italia. Da lì, dalla prestazione solida e robusta contro gli azzurrini, non ha più mollato il posto. Terzino destro roccioso, sa rimanere incollato all'avversario di turno ma anche proporsi in avanti, quando serve. La veronica "alla Zidane" vista in finale, totalmente inedita per un difensore, è da lustrarsi gli occhi.
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Lindelof contro Ricardo

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PAULO OLIVEIRA (PORTOGALLO) - Nel 2011 il suo vecchio allenatore al Penafiel, Francisco Chaló, lo accolse posandogli una tonnellata di pressione sulle spalle: "Sei più bravo di Ricardo Carvalho quando aveva la tua età". Quattro anni dopo, le promesse sono diventate realtà: il centrale dello Sporting Lisbona guida con attenzione e concentrazione la difesa nettamente meno perforata del torneo (un solo gol al passivo, quello di Tibbling nella fase a gironi). Con lui e il gemello Tiago Ilori, Fernando Santos ha tra le mani la retroguardia del futuro.
JANNIK VESTERGAARD (DANIMARCA) - Capitano coraggioso della Danimarca issatasi fino a un passo dal sogno, e che un altro sogno - il biglietto per Rio de Janeiro - l'ha concretizzato lo stesso. Guida la difesa scandinava da vero leader, non titubando nei contrasti e spadroneggiando sui palloni alti grazie ai suoi quasi 2 metri d'altezza. Ha firmato il primo gol danese nel torneo: il momentaneo 1-1 con la Repubblica Ceca. Di testa, ovviamente.
LUDWIG AUGUSTINSSON (SVEZIA) - Stantuffo instancabile, sa chiudere con precisione l'ala avversaria, mostrarsi letale nei contrasti ma anche proporsi con pericolosità nell'altra metà campo. È un terzino solo per modo di dire, perché la sua spinta durante i 90 minuti è pressoché costante. È pure freddo dal dischetto: sua una delle trasformazioni contro il Portogallo, con un sinistro sotto l'incrocio. Dopo il Copenaghen, la Premier League: le sirene del Liverpool lo chiamano. Da vertigini.
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Augustinsson contro l'Inghilterra

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JOÃO MÁRIO (PORTOGALLO) - Più che in una Top 11, andrebbe inserito in una ipotetica Top 3. Mezzala totale, un attimo prima è a giostrare in mezzo al campo e un attimo dopo lo trovi a insidiare l'area avversaria. Ha classe, raramente fa la giocata sbagliata e soprattutto sa inserirsi come nessuno in questo torneo: con due reti ha regalato il successo contro l'Inghilterra e contribuito all'abbattimento della Germania. Non è un caso che sia uscito dal prestigiosissimo vivaio dello Sporting Lisbona.
EMRE ÇAN (GERMANIA) - Terzino al Liverpool nell'ultima stagione, con Hrubesch torna a fare il centrocampista. Dimostrando, se ce ne fosse bisogno, quale sia il suo vero ruolo. In mezzo al campo comanda lui: classe da big, pochi palloni sprecati, un gol alla Serbia con un destro a giro delizioso e un assist a Volland contro la Danimarca. Uno degli ultimi ad arrendersi, assieme a Younes e Volland, nella Germania che giochicchia fino alle semifinali per essere poi impietosamente travolta dal Portogallo.
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Emre Çan, stella della Germania

Credit Foto Imago

SÉRGIO OLIVEIRA (PORTOGALLO) - È una sorta di completamento di João Mário: maggiormente propenso agli inserimenti il compagno, più elegante con la palla tra i piedi lui, 23 anni, tra i più vecchi della compagnia e destinato a proseguire il proprio percorso nella nazionale dei grandi. Tecnica e controllo del corpo sopraffini, ha nella conclusione da fuori il proprio punto di forza. Sia con la botta potente che con il destro raffinato, come dimostra la traversa presa in pieno su punizione nei primi minuti della gara con la Svezia.
BERNARDO SILVA - Assieme a Çan e a Guidetti è il nome più noto della compagnia: da una stagione è in forza al Monaco, qualche comparsata pure in Champions League se l'è fatta e insomma, se il presente è roseo il futuro è tutto dalla sua parte. In finale va a lampi, ma durante tutto il torneo è il fulcro di ogni giocata offensiva del Portogallo con il suo movimento continuo e un sinistro che canta. E che gol in semifinale alla Germania...
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Bernardo Silva esulta dopo l'1-0 alla Germania

Credit Foto Reuters

JOHN GUIDETTI (SVEZIA) - È figlio del mondo, come noto, visto che nel suo sangue scorrono fiumi di nazionalità diverse. Ma lui giura di sentirsi svedese al 100%, e non c'è solo il bacio alla maglietta al momento di una sostituzione a dimostrarlo: è lui, l'attaccante del Manchester City, l'anima e la stella della nazionale campione d'Europa. Segna contro l'Italia, si ripete in semifinale tramortendo i danesi dal dischetto. Da anni è accostato alle italiane, ma poi regolarmente non se ne fa mai nulla: che peccato.
JAN KLIMENT (REPUBBLICA CECA) - Meriterebbe di andare a segno in ogni partita, per l'impegno che ci mette. È un generoso, uno di quelli che corrono anche per i compagni e danno avvio al pressing della squadra già sulla trequarti avversaria. Ma quando gli capita la palla buona sa anche essere feroce: le tre reti rifilate alla povera Serbia, che gli regalano lo scettro di capocannoniere, fanno sognare per 90 minuti la Repubblica Ceca. Ora, per lui, inizia una nuova avventura: lo ha preso lo Stoccarda.
IL CT: HAKAN ERICSSON (SVEZIA) - Non ha tra le mani la formazione migliore del torneo. Tutt'altro. Però la plasma a proprio piacimento fino a portarla sul tetto d'Europa, e tra mille insidie: ai playoff si salva dall'eliminazione con la Francia solo a pochi minuti dal termine, nel girone ringrazia Tibbling e il suo 1-1 al Portogallo. Non si vergogna di preferire il sacrificio e la corsa dei suoi mille incontristi a una qualità comunque limitata. Vedendo giocare la sua Svezia più di qualcuno avrà arricciato il naso: però il campione è lui, no?
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