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Facciamo i conti: i Mondiali dello spreco, spesi 1248 miliardi per gli stadi

Enrico Turcato

Aggiornato 04/06/2020 alle 18:12 GMT+2

L’opportunità di ospitare la rassegna iridata non venne sfruttata in modo adeguato. Investimenti eccessivi, spese non rispettate, debiti e un’astronave del deserto. Prosegue il nostro speciale sul trentennale delle indimenticabili notti magiche di Italia 90: oggi esploriamo il lato oscuro.

Speciale Italia 90 - Gli stadi

Credit Foto Eurosport

19 maggio 1984. Ancor prima del via agli Europei di Francia, arriva l’attesa ufficialità dalla FIFA: l’Italia batte la concorrenza dell’Unione Sovietica e si aggiudica l’organizzazione dei campionati mondiali di calcio del 1990, manifestazione che aveva già ospitato (e vinto) nel 1934. Nel Belpaese si scatena un’euforia incontrollata, viene creato un Comitato Organizzatore Locale (COL), guidato da Luca Cordero di Montezemolo, manager in auge nel gruppo FIAT. Dal 1986 ha inizio la pianificazione gestionale, strutturale, economica e sportiva dell’evento: quattro anni interi per mostrare al mondo l’eccellenza italiana.
Studio sulle spese per gli Stadi di Italia 90
Questa edizione della rassegna iridata è in effetti una delle più avanzate a livello tecnologico. Sale e tribune stampa innovative in tutte le 12 città ospitanti, ovunque vengono messe a disposizione tecnologie informatiche e della comunicazione all'avanguardia, soprattutto per le migliaia di addetti accreditati da tutto il mondo. I problemi sorgono sulle questioni relative alle spese per gli impianti di gioco.
10 stadi vengono riammodernati e ristrutturati:
  • Olimpico di Roma
  • Meazza di Milano
  • Franchi di Firenze
  • San Paolo di Napoli
  • Favorita di Palermo
  • Sant’Elia di Cagliari
  • Bentogodi di Verona
  • Ferraris di Genova
  • Friuli di Udine
  • Dall’Ara di Bologna
Due vengono invece costruiti ex novo:
  • Delle Alpi di Torino
  • San Nicola di Bari
Le previsioni iniziali di investimento si rivelano farlocche, alcuni lavori non risultano all’altezza, le attese non vengono rispettate e si muove un giro di denaro incontrollato, che finisce per alimentare dubbi e polemiche.
Francobolli da Italia 90

1248 miliardi, dovevano essere molti meno

La spesa inizialmente preventivata per i 12 stadi doveva aggirarsi sui 250 miliardi di lire. Ne sono stati elargiti circa l’80% in più. Confrontando le varie stime fornite nel corso degli ultimi 30 anni, grazie a ricostruzioni di vari quotidiani nazionali, si può sostenere che la cifra finale sborsata per gli impianti che ospitarono il Mondiale del 1990 fu di circa 1250 miliardi, su una spesa complessiva di opere pubbliche di 7230 miliardi. Una somma folle e che per diversi anni ha avuto anche un impatto consistente nel bilancio dello Stato. Il Delle Alpi, costruito nel 1988 e raso al suolo nel 2009 per fare spazio allo Juventus Stadium, è stato lo stadio che ha avuto il maggiore incremento di spesa sul preventivo: più 214%. Oltre 200 miliardi per sistemare l’Olimpico di Roma, 160 per il Meazza a Milano (costruzione del terzo anello e copertura totale dei posti a sedere), 140 per il San Paolo di Napoli, anche se in questo caso i lavori furono addirittura completati solo nell'anno successivo alla manifestazione, il 1991, causando dei malumori e critiche, visto che la squadra partenopea fu costretta ad affrontare alcuni incontri interni di Coppa dei Campioni in uno stadio a capienza ridotta.
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Lo stadio San Nicola di Bari

Credit Foto Imago

Un’astronave nel deserto

Aspetto futuristico, design moderno, progettato dal celebre architetto genovese Renzo Piano, il quale ribattezzò la struttura "astronave" per via della forma avveniristica. Un discorso a parte lo merita sicuramente lo Stadio San Nicola di Bari, congegnato appositamente per quell’edizione dei Mondiali e costato circa 140 miliardi di lire (di cui 55 finanziati dal credito sportivo), ben 40 in più rispetto ai 100 inizialmente previsti. Situato nella periferia del capoluogo pugliese, a circa 7 chilometri dal centro storico, fotografa alla perfezione l’incoerenza di quegli investimenti. Un impianto con pista d’atletica e da 58 mila posti a sedere, il terzo in Italia per capienza, che ha un costo di manutenzione elevatissimo (stimato in circa 450 mila euro annui) e che dopo aver ospitato cinque partite di quei Mondiali, la finale di Coppa dei Campioni del 1991 tra Stella Rossa di Belgrado e Olympique Marsiglia e qualche partita della Nazionale, è andato via via perdendo appeal. La “calda” tifoseria barese è sempre stata presente tra Serie A e Serie B, ci sono stati eventi pubblici e concerti, ma il decadimento generale del San Nicola ora è sotto gli occhi di tutti. Un’astronave nel deserto della pianura pugliese, che necessiterebbe di nuovi copiosi investimenti per tornare a splendere.
San Paolo Napoli

Un problema durato un trentennio

Nel bilancio di previsione di Palazzo Chigi relativo a dicembre 2015 per l’ultima volta è comparsa una voce di spesa relativa alla legge 65 del 1987, ovvero quella che servì a finanziare (tramite mutui e prestiti) le strutture sportive destinate ai campionati mondiali di calcio del 1990. Sessantuno virgola due (61,2) milioni di euro, in linea con le precedenti rate. L’ultimo pagamento, insomma, di un salasso da 7 mila miliardi delle vecchie lire (6 mila dei quali a carico dello Stato) durato quasi un trentennio.
Quella di 30 anni fa, fu un’occasione persa per l’Italia o almeno un’opportunità non colta a dovere. E osservando le condizioni fatiscenti e inadeguate della maggior parte degli attuali impianti sportivi italiani, resta il rammarico per non aver gestito nel modo migliore quell’enorme disponibilità economica. Alle notti magiche seguirono delle notti buie e tempestose, che il nostro calcio non ha ancora potuto dimenticare.
Speciale Italia 90: le puntate precedenti

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