La prima Inter di Chivu: come Allegri dopo Conte, avanti adagio

MONDIALE PER CLUB - Nel 2014, all'atto di avvicendare Antonio Conte «in» Juventus, Massimiliano Allegri non toccò nulla: trovò il 3-5-2 e lo adottò nella sua pienezza, salvo modificarne la carne e lo spirito strada facendo. È quello che ha fatto - e farà - Chivu. Non è un imbonitore: si è sudato la carriera e, per questo, esige che i discepoli facciano altrettanto.

L'Inter riparte da Chivu: come giocheranno i nerazzurri col tecnico rumeno?

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Lungi dal chiedere asilo agli acrobati che hanno rilanciato il circo mediatico di Garlasco, la caccia alle prime tracce della nuova Inter di Cristian Chivu è esercizio che smuove la pruderie dei fanta (o panta)-Ris, «quorum ego». Naturalmente è presto, e ci mancherebbe pure che non lo fosse, dato il confine del quadriennio inzaghiano (31 maggio), ma lo snodo cronologico - se non storico, addirittura - sollecita paragoni e suggerisce evasioni. Gira e rigira, a questo serve il megagalattico piano Marshall del Mondiale per club: incerottare i bilanci e isolare il Dna delle impronte eventualmente affioranti. Per ibride che siano.
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Chivu: "Perdere una finale di Champions fa male, ma ci riproveremo"

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Nel 2014, all'atto di avvicendare Antonio Conte «in» Juventus, l'«in» è concessione allo slang post-moderno, Massimiliano Allegri non toccò nulla: trovò il 3-5-2 e lo adottò nella sua pienezza, salvo modificarne la carne e lo spirito strada facendo. È quello che ha fatto - e farà - Chivu. Il Monterrey ha proposto modici problemi: molti risolti, alcuni no. Tanto per rendere l'idea: quel pirata impunito di Sergio Ramos ha segnato di testa su calcio d'angolo, complice uno Yann Sommer non reattivo come ai tempi di Lamine Yamal; e, dettaglio non marginale, dopo il trasloco dalla marcatura a uomo a quella a zona.
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Il River Plate usa la testa: Urawa battuto 3-1, gli highlights

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Il pareggio di Lautaro Martinez, in compenso, è stato la sintesi di una punizione snella e verticale. Con Kristjan Asllani al posto di Hakan Calhanoglu, infortunato, lesto a dosarla; Francesco Acerbi - il signor «Preferisco di no» - furbo nel salpare in offside, arma di distrazione di massa; e Carlos Augusto preciso nel calibrare l'assist. In alto i cuori, e le lavagne.
Nella ripresa, deposto il 3-5-2 d'ordinanza, largo a un 3-4-2-1 che contemplava il Toro e Henrikh Mkhitaryan a sostegno di Marcus Thuram, sostituto di un timido (ma non fatuo) Sebastiano Esposito. Un po' più di qualità, a essere sinceri, e di occasioni: da Nicolò Barella al capitano. Petar Sucic, spalla del tamburino sardo, e Luis Henrique, in corsia, hanno così preso possesso del nuovo domicilio, in attesa di diventarne inquilini a tutti gli effetti.
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Inter, Luis Henrique è ufficiale: come cambiano i nerazzurri con l'esterno brasiliano

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Teatro della finale mondiale del 1994, quella tra Brasile e Italia decisa ai rigori dalle lacrime di Franco Baresi e dal «fuori campo» di Roberto Baggio, il Rose Bowl di Pasadena era mezzo vuoto: a conferma di una mobilitazione non proprio ecumenica. Tirando le somme, e lasciando perdere l'aura della citazione lunare: un piccolo passo. Prossimo impegno, sabato 21 giugno - il giorno dei 70 anni di Michel Platini: auguroni - contro i giapponesi degli Urawa Red Diamonds, liquidati per 3-1 dal River Plate di un Franco Mastantuono in vena di casti bagliori.
Per i sentieri battuti nella Primavera nerazzurra, e per il castello tattico eretto a Parma, la dottrina di Chivu privilegia l'efficacia all'estetica. Non è un imbonitore: si è sudato la carriera e, per questo, esige che i discepoli facciano altrettanto. «Scoprire» l'America lo aiuterà a farsi un quadro, plausibile, delle esigenze e delle eccedenze. L'attacco è il reparto che giustifica i restauri più immediati, più profondi.
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Sergio Ramos apre, Lautaro risponde: gli highlights di Monterrey-Inter

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Se mai, fa sorridere il romanzo d'appendice che ruota attorno a Simone Inzaghi. In pratica, secondo fonti arabe, le trattative sarebbero salpate ben prima del fatidico sabato di Monaco e, secondo sorgenti italiche, ne avrebbero turbato l'esito. Forse che José Mourinho sposò il Real di Florentino Perez nei corridoi del Bernabeu a Champions appena alzata? Non diciamo fesserie. E comunque, nel caso di mister Spiaze, gli scalpi di Bayern e Barcellona vennero celebrati senza lo straccio di un allarme che potesse collegare l'operazione sotto copertura alla «manita» del Paris. Piuttosto, di Inzaghi mi ha stupito una frase: «Non c'era altra squadra che avrei voluto allenare al di fuori dell'Al Hilal». Simone, Simone...
Per commentare o fare domande potete inviare una mail a roberto.beccantini@fastwebnet.it o visitare il blog di Roberto Beccantini http://www.beckisback.it.
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Inzaghi: "Il Real? Tutti dicevano che non ci sarebbe stata partita..."

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