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Italia-Albania, Ventura alla ricerca del talento perduto

Roberto Beccantini

Pubblicato 24/03/2017 alle 07:38 GMT+1

L’Albania di Gianni De Biasi è una tappa cruciale per la qualificazione, che comunque ci giocheremo con la Spagna, ma intanto questa sfida sarà il termometro del nostro valore calcistico al netto degli stranieri che popolano il nostro campionato.

Giampiero Ventura

Credit Foto LaPresse

Adesso che la globalizzazione ha mescolato scuole e stili, le Nazionali restano la bussola per indicare il valore del calcio domestico al netto degli stranieri, che spesso ne gonfiano le mappe. Arriviamo alla sfida con l’Albania, questa sera a Palermo, e all’amichevole con l’Olanda, martedì prossimo ad Amsterdam, dopo che l’Europa delle coppe ci ha inflitto l’ennesima lezioncina. Zero squadre su sei un anno fa, una su sei, la Juventus in Champions, ai quarti dell’attuale stagione.
L’accesso diretto ai Mondiali russi ce lo giocheremo con la Spagna: meno forte, ma sempre forte. L’Albania di Gianni De Biasi è una tappa cruciale. L’unico precedente risale all’era Conte. Un’amichevole a Genova, il 18 novembre 2014. Fu uno striminzito 1-0. Lo firmò Stefano Okaka, esule in Belgio, all’Anderlecht, e oggi in Premier, nel Watford di Walter Mazzarri.
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Okaka - 2014 - Italia-Albania

Credit Foto LaPresse

Nella classifica Fifa, occupiamo il 15° posto (e i nostri avversari, il 54°). Stage esclusi, Giampiero Ventura ne ha sin qui setacciati 45.
Non giocano, i suoi azzurri, dal collaudo del 15 novembre: 0-0 a San Siro con la Germania campione del Mondo. Dal 3-5-2 del predecessore il ct si sta spostando verso un 4-4-2 che si suole definire più «internazionale». C’è molta attesa per Andrea Belotti e Ciro Immobile, i gemelli del gol che dovranno farci dimenticare la cotta «per», e il tradimento «di», Mario Balotelli. C’è molta curiosità per Marco Verratti, al quale non si vede l’ora di consegnare le chiavi del centrocampo.
Non mancano, i giovani: si tratta solo di lasciarli crescere (e sbagliare, anche) per capire fino in fondo quanto valgano al cambio europeo. Perché è sempre così ed è tutto lì: schivare le trappole, e l’incenso, di un campionato «poco allenante». Eccezioni a parte: riserva a Napoli, Manolo Gabbiadini sta spopolando nel Southampton. Un infortunio l’ha tolto di mezzo proprio sul più bello, come Federico Bernardeschi, il pulsante della Fiorentina.
Addio blocchi, l'album della formazione raccoglie i francobolli di otto club: Buffon; Zappacosta, Bonucci, Barzagli, De Sciglio; Candreva, De Rossi, Verratti, Insigne; Belotti, Immobile. Dai 39 anni di Gigi Buffon ai 23 del Gallo: un mix di esperienza e faccia tosta. Seduce, soprattutto, l’idea delle ali: Antonio Candreva e Lorenzo Insigne, che proprio ali non sono. Il ruolo, nel tempo, si è aggiornato e allargato alle esigenze tattiche di lavagne sempre più sofisticate e intasate.
Siamo tutti a metà del guado, noi più degli altri. I cambi generazionali vanno gestiti a occhi aperti, sì, ma sognando. Cruciale si profila il contributo della Under di Gigi Di Biagio. Faccio due nomi: Domenico Berardi e Federico Chiesa. Un passo alla volta, si diceva, appunto, una volta. Purché sia un passo, sempre.
L’Italia di Ventura sta uscendo, piano piano, dalla «prigione» emotiva degli ultimi Europei. Ha perso solo con la Francia. Ha bloccato spagnoli e tedeschi. Ha battuto Israele, Macedonia, Liechtenstein. I cannonieri sono già Immobile (4 gol) e Belotti (3). Ogni partita diventa, così, una caccia al tesoro. Gli indizi ci sono, ma ancora non bastano. Tocca a noi. La vostra opinione?
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