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Italia fuori dai Mondiali, cosa è successo? Analisi in 10 punti della sconfitta con la Macedonia del Nord

Simone Pace

Aggiornato 03/04/2022 alle 17:16 GMT+2

PLAYOFF MONDIALI 2022 - Dopo l'epocale sconfitta contro la Macedonia del Nord che ci ha chiuso le porte del Qatar, è opportuno chiedersi come e perché si sia arrivati a questo punto, forse il più basso di sempre nella lunga e gloriosa storia della nostra Nazionale. In poco più di 8 mesi siamo passati dallo storico trionfo di Euro 2020 all'apocalisse del Barbera. Come è stato possibile?

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Le sconfitte epocali come quella di Palermo contro la Macedonia del Nord danno inevitabilmente il la a interrogativi, analisi e discussioni. Come si è arrivati a questo punto?Come spiegare un simile disastro? In attesa di conoscere le prossime mosse in casa Italia e il futuro di Roberto Mancini, le cui parole a fine partita lasciano spazio a diverse e opposte interpretazioni, abbiamo cercato di individuare i 10 motivi che hanno portato gli azzurri a vivere una notte da incubo come quella del Barbera. Dalle scelte sbagliate del commissario tecnico a una Serie A che non regge il confronto con i campionati stranieri, dalle strategie sbagliate a livello di settore giovanile a una carenza preoccupante di talenti dalla metà campo in su, ecco cosa non funziona nel calcio italiano e su cosa bisognerebbe puntare per ripartire. O almeno per provare a farlo.

1. Gli errori di riconoscenza di Mancini

Poco più di otto mesi fa l'Italia si laureava campione d'Europa con pieno merito battendo l'Inghilterra ai rigori nella magica notte di Wembley. Da quel giorno, forse, il nostro commissario tecnico ha peccato di eccessiva generosità e riconoscenza nei confronti di quel gruppo straordinario. L'1-1 del 2 settembre contro la Bulgaria, nel girone di qualificazione, avrebbe dovuto far scattare un campanello d'allarme. Appagamento? Appannamento? Pancia piena? Di qualsiasi cosa si trattasse, sarebbero servite contromisure immediate come l'inserimento in piante stabile di forze nuove e mentalmente "fresche". Contro la Macedonia del Nord, al netto degli infortuni, ha giocato sostanzialmente la stessa squadra dell'Europeo: la scelta non ha pagato.

2. Mancano attaccanti di qualità

Gli attaccanti convocati da Giovanni Trapattoni per la fase finale dei Mondiali 2002 in Giappone e Corea del Sud: Del Piero, Filippo Inzaghi, Delvecchio, Montella, Vieri (Totti era considerato centrocampista).
Gli attaccanti convocati da Roberto Mancini per Italia-Macedonia del Nord: Berardi, Immobile, Insigne, Joao Pedro, Politano, Raspadori.
Non c'è molto altro da aggiungere: il gap a livello tecnico e di personalità tra il reparto offensivo del 2002 e quello del 2022 è evidente. A Euro 2020 la qualità del gioco e un Chiesa in più nel motore avevano colmato la lacuna consentendoci di arrivare fino in fondo. Nelle ultime partite di qualificazione ai Mondiali, purtroppo, l'interruttore si è spento. A Palermo serviva l'attaccante che in qualche modo la buttasse dentro. Non c'era, non ce l'abbiamo.
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La delusione dei giocatori azzurri al termine di Italia-Macedonia del Nord - Playoff Mondiali 2022

Credit Foto Getty Images

3. Il disastro dei club italiani nelle coppe europee

Si dice che la Nazionale rifletta il livello delle squadre di club. Ebbene, nel caso specifico italiano, il parallelismo regge. Eccezion fatta per la favola di Euro 2020 e per l'exploit di Euro 2012, l'Italia fa i conti ormai da anni con delusioni cocenti. La stessa cosa che accade nelle coppe europee, dove non vinciamo una Champions League dal 2010 e una Coppa Uefa/Europa League da 23 anni (l'ultima fu quella del Parma nel 1999). A livello europeo negli ultimi 12 anni abbiamo raggiunto due finali di Champions (perse) con la Juventus e una finale di Europa League (persa) con l'Inter. Troppo poco. La poca esperienza internazionale ad alti livelli pesa inevitabilmente nella testa e nelle gambe dei giocatori.

4. Si gioca troppo

Il calendario a livello di club è fittissimo. Si gioca ogni 3 giorni, staccare la spina è diventato impossibile e a livello di concentrazione qualcosa, inevitabilmente, si paga. La Nazionale, di fatto, non ha mai la possibilità di preparare in modo adeguato le partite di qualificazione che si incastrano tra turni di campionato e coppe europee. A partire da settembre fino alla drammatica notte di Palermo, questo problema è emerso in tutta la sua evidenza. Così Mancini in conferenza stampa alla vigilia di Italia-Macedonia del Nord: "Non abbiamo avuto tanto tempo, i ragazzi arrivano e devono recuperare dalle fatiche, dai viaggi. Proprio per questo motivo abbiamo confermato i ragazzi dell'Europeo".

5. Nazionale trascurata

"Nazionale abbandonata a se stessa? Ormai da anni va così. Poi quando ci sono Europei e Mondiali diventa una cosa bella, importante". È sempre Roberto Mancini a parlare, stavolta al termine di Italia-Macedonia del Nord. Nessun alibi per il tracollo di Palermo, sia chiaro, ma la sottolineatura di un dato che è sotto gli occhi di tutti: a stagione in corso la Nazionale viene spesso considerata come un peso dai club. Un esempio? Per preparare al meglio i playoff sarebbe stato opportuno spostare un turno di campionato e concedere due settimane piene di lavoro agli azzurri. Un'ipotesi difficile da attuare, certo. Ma che non è stata nemmeno presa in considerazione.
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Il ct azzurro Roberto Mancini durante Italia-Macedonia del Nord - Playoff Mondiali 2022

Credit Foto Getty Images

6. Serie A povera e senza appeal

Seppure stia dando segnali di crescita, il nostro campionato continua a essere tecnicamente piuttosto povero e privo di appeal per i Top Player. Ormai da anni i club italiani - a parte qualche rara eccezione - non hanno la forza economica per mettere a segno grandi colpi di mercato. Il livello tecnico inevitabilmente si abbassa e con esso la competitività delle squadre.

7. Settori giovanili: si investe poco sugli italiani

I club sono diventati aziende, e non da oggi. E in qualità di aziende devono necessariamente far quadrare i conti. Investire sui giovani italiani ha costi elevati, spesso insostenibili. Ecco spiegato il motivo per cui, spesso, si vira sui talenti stranieri. È doveroso sottolineare che non stiamo attraversando il momento più buio da questo punto di vista (in fondo pochi mesi fa abbiamo vinto un Europeo), ma è innegabile che gli investimenti sui settori giovanili non siano più massicci come lo erano un tempo.
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8. Riforma dei campionati: si dice ma non si fa

La Serie A a 20 squadre è una sorta di mostro che va sconfitto al più presto. Perfetto, siamo tutti d'accordo. Il problema è che questo concetto viene ribadito da anni senza che si muova una foglia. Dalla teoria (giusta) non si passa alla pratica. Eppure una profonda riforma dei campionati sarebbe necessaria, addirittura vitale. Ridurre la Serie A a 18 squadre con tre retrocessioni sarebbe il primo passo da compiere per alleggerire i calendari e alzare il livello di competitività. Vedremo se la sconfitta epocale con la Macedonia del Nord scalfirà questo angosciante e apparentemente perenne immobilismo.
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9. Stadi nuovi: l'Italia è ancora troppo indietro

Gli stadi di proprietà sono un altro problema annoso. Su questo fronte l'Italia è indietro anni luce rispetto ad altri Paesi (su tutti Inghilterra e Germania). Non è un problema trascurabile. Anzi. Impianti nuovi e infrastrutture adeguate significa maggiori introiti e maggiori possibilità di investimento. Utopia? No, ma servono scelte coraggiose e lungimiranti che finora purtroppo non si sono viste.

10. Scuole calcio: troppa attenzione al fisico, poca alla tecnica di base

Il decimo e ultimo punto, non certo il meno importante, riguarda la preparazione dei bambini che danno i primi calci al pallone. La strada intrapresa, purtroppo, non sembra quella giusta. Detto in soldoni: si punta tanto sul fisico, poco sulla tecnica di base. Emergono tanti, tantissimi atleti ma pochi calciatori che sanno dare del tu al pallone. Il corpo si può modellare negli anni, il resto no. Va insegnato subito, come priorità.
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