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Francesco Totti, io ero qui

Mattia Fontana

Aggiornato 27/09/2020 alle 08:15 GMT+2

Per il suo compleanno ripercorriamo la carriera del capitano giallorosso attraverso undici fotografie, undici istantanee che racchiudono una personalità sfaccettata e una carriera inimitabile, impossibile da replicare altrove e con altri protagonisti.

Francesco Totti, io ero qui

Credit Foto Eurosport

Più di dieci anni fa usciva nei cinema l’unica biografia autorizzata da Bob Dylan. "Io non sono qui”, un film basato sull’idea che l’unicità dell’artista statunitense consistesse nelle sfaccettature, nella singolarità di un percorso evolutivo fatto di costanti rielaborazioni. Il ruolo del cantautore, per assonanza, venne interpretato da sei diversi attori, ognuno con il compito di rappresentare un determinato frammento della sua grandezza. L’esatto opposto di quanto accadrebbe se, ad essere descritto, dovesse essere Francesco Totti. Non per la differente professione, ma perché tutte le anime che compongono uno dei calciatori più iconici dell’ultimo ventennio finiscono inevitabilmente per creare un quadro coerente e inamovibile. "Io sono qui”. Non poteva nascere altrove, non poteva fiorire e svilupparsi in altro luogo che non fosse la città eterna. E, soprattutto, non poteva essere interpretato da altro attore se non se stesso. Unico, non per questo monolitico. Ecco perché spiegare ciò che è stato il Totti calciatore, i suoi volti e i suoi innumerevoli talenti, richiede tratti puntinistici. La descrizione di un attimo durato ventiquattro anni filtrata da undici istanti, undici fotografie e undici aggettivi attraverso cui cercare di descriverne la grandezza.
La distanza che separa il passato dal presente si misura forse dalla luce che scivola sui volti, proietta le ombre, disegna le pieghe di un vestito di una foto in bianco e nero; dalla sua chiarezza crepuscolare, qualsiasi sia l’ora in cui è stata scattata. - Annie Ernaux

1. Precocità

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Il primo gol di Francesco Totti: Roma-Foggia 1-1, 4 settembre 1994

Credit Foto LaPresse

Agli antipodi. La descrizione di Totti finisce in HD e inizia con pennellate in bianco e nero. Si consegnerà alla storia per la visione celestiale di un destro paradisiaco e una longevità unica, eppure in principio fu un sinistro pochi giorni prima del diciottesimo compleanno. Tutto quel giorno è primavera. L’alba della Seconda Repubblica, della presidenza Sensi e di una Roma piccola svezzata da un romanista verace, Carlo Mazzone. È lui a veicolare l’esuberanza del nostro, lanciato in Serie A a 16 anni e spiccioli da un altro saggio, Vujadin Boskov. Si scrive Totti, si legge "ragazzino”. Anzi, regazzino, come enfatizza il Teo Teocoli ai tempi imitatore del "Sor Magara”. Un aggettivo in cui si stemperano aspettative di grandezza e di alterità con il Principe Giannini. Un appellativo che non affievolisce il talento, abbagliante nell’attimo breve del primo gol ufficiale. Palla dentro per Daniel Fonseca, respinta della difesa foggiana e sinistro fulmineo a insaccarsi. Istinto e visione, pensiero e leggerezza, completezza e gioventù. Segnali rivelatori dell’assoluto.
Ho avuto da subito la sensazione che fosse uno dei migliori, ma l'ho nascosto, non ho avuto pubblicamente grandi slanci nei suoi confronti: Roma è una città molto difficile calcisticamente e ho sempre avuto l'istinto di difenderlo, tenendo per me le idee che avevo su di lui. È stato un onore essere stato il suo allenatore. - Carlo Mazzone

2. Capitano

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Una delle prime uscite da capitano di Francesco Totti: Roma-Juventus 2-0, 15 novembre 1998

Credit Foto LaPresse

L’interesse cresce graduale, non privo di bruschi rallentamenti. Per un Carlos Bianchi che lo ripudia, c’è uno Zdenek Zeman che lo pone sotto l’ala protettiva. Ne tempra il fisico e ne plasma il gioco. In un calcio destinato a divincolarsi faticosamente dalle briglie imposte ai numeri dieci dal sacchismo, Totti trova la sua collocazione da attaccante esterno di sinistra. Parte lontano, inventa e conclude. Contestualizza - non limita - l’estro nelle logiche serrate degli schemi di squadra. La deflagrazione è tanto dirompente quanto delimitata da confini angusti. Un’esplosione sotto vuoto. Cesare Maldini lo ignora per il Mondiale francese nonostante la prima stagione in doppia cifra realizzativa. Zeman, al contrario, ne fa il grimaldello su cui poggiare una rivoluzione. L’epicentro è una Roma tornata a splendere, il terreno fertile una Serie A in cui si aprono nuovi orizzonti al di fuori del duopolio in apparenza decadente di Juventus e Milan. I soldi delle pay-tv alimentano l’esuberanza delle sette sorelle e Totti si erge a simbolo della rinascita giallorossa in un pomeriggio di inizio novembre a Udine. Aldair, il vecchio capitano, si rifiuta di firmare la distinta dopo dei contrasti interni e gli cede la fascia. Lui, 22 anni, la indossa e ne fa una corazza con cui segnare la terza doppietta in carriera. "Piano piano mi ritrovo capitano? Piano piano mi ritrovo rigorista? Embe', piano piano si fece anche Roma…", chiosa. La goccia scaverà una roccia.
Chi sono i cinque migliori calciatori italiani? Totti, Totti, Totti, Totti e Totti. - Zdenek Zeman
Francesco Totti (illustrazione di Nazar Stefanovic)
Illustrazione di Nazar Stefanovic (Twitter - Instagram - Website)

3. Ironia

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L'esultanza di Francesco Totti in Roma-Lazio 3-1, 11 aprile 1999

Credit Foto LaPresse

Il genio resta fanciullo, lo insegna Schopenauer. E quando il genio è fanciullo anche anagraficamente, le scintille che è in grado di scaturire sono destinate a restare nella memoria. Tutto, nei derby di quegli anni, è pirotecnico. Roma e Lazio sono due progetti calcistici ormai prossimi alla loro definizione completa, giubilare. E la strada verso il tutto è un romanzo di formazione inebriante nel suo essere imperfetto. Al centro, con gli scarpini ben affondati nell’erba dell’Olimpico e lo sguardo diretto a Sud, lui. Il nostro Holden non fa nulla per scrollarsi di dosso l’etichetta di Pupone. Soprannome stridente con questioni tecniche e iper realistico con l’animo del giovane capitano. Una spinta che affiora quando si scontra con l’altro, la squadra a cui era stato promesso dalla Lodigiani e a cui avrebbe sempre regalato le stoccate dal sapore più acre. Il percorso che si conclude idealmente con il selfie sotto la Sud, inizia con una corsa sotto la stessa curva nel 1998. Segna il primo gol in un derby finito 3-3, si sfila la maglia e ostenta il pensiero programmatico: "Ragazzi, carica!”. Il messaggio si arricchisce di significati e di colore l’anno dopo, quando Totti insacca un 3-1 rocambolesco e invia il primo di parecchi SMS marchiati a fuoco sul petto: "Vi ho purgato ancora!!!". Gesto da Pupone, certo. Ironia da ragazzo, ovvio. Ma anche simbolo di un genio rimasto fanciullo fino all’ultimo. Sempre a onor di telecamera, dal campo al palco di Sanremo, passando per una raccolta di barzellette. "6 unica", "Scusate il ritardo", "Stai sempre a parla’, ora che te voi inventa’", "Game over". Semplicemente: "The king of Rome is not dead".
Ilary a Totti: "Amore, girano troppe barzellette su di te, fai vedere quanto vali, per esempio hai mai letto Shakespeare?".
"Certo ma nun ricordo chi l’ha scritto!" - Dal libro di barzellette di Totti
Il 29 novembre 1998 è stata la prima volta, l’11 gennaio 2015 l’ultima in cui ha segnato contro la Lazio. Un lasso di tempo che gli ha permesso di divenire il recordman del derby capitolino per gol segnati in campionato (11) e presenze in A (37). Re di Roma.

4. Strafottenza

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Il cucchiaio di Francesco Totti in Italia-Olanda 0-0 (3-1 d.c.r.), 29 giugno 2000

Credit Foto Getty Images

Il mistero è uno, le sue declinazioni sono molteplici. Se però dovessimo ridurre le verità di Totti al minimo comune denominatore, non potremmo esimerci dal rispondere: "Il cucchiaio". All’estero, si tratterebbe di Panenka, omaggio al demiurgo di questa illogica magia dagli undici metri. Per noi - non più soltanto romanisti, ma italiani - invece è ben altro. Perché il gesto, con il passare del tempo, ha conosciuto differenti reinterpretazioni. Dal dischetto, dagli undici metri, dalla lunga distanza, in movimento. Persino senza lieto fine, con l’irridente parata di Sicignano. Quella sera ad Amsterdam, però, il cucchiaio ebbe il retrogusto della rivoluzione imminente. Una rivoluzione tecnica - riprendersi la fantasia, la trequarti, l’individualismo gioioso - e spirituale, espressione dichiarata di un modo d’essere. Non è solo istinto, è consapevolezza. "Mo’ je faccio er cucchiaio", dice Totti a Di Biagio avvicinandosi all’area di rigore, lasciando attonito Paolo Maldini. Buca dichiarata, palla trasformata. La pagina si gira, il vento spazza via l’ultimo rigurgito di catenaccio partorito dagli Azzurri mutilati dall’espulsione di Zambrotta ed esaltati dall’enormità di Toldo. A soffiare sul castello di carte olandese, però, è la strafottenza di chi non ci sta. Di chi sa prendersi la libertà di guardare agli ostacoli con sguardo beffardo, sorridere, prendersi il sipario. Irriverente, geniale, impronosticabile. E, per questo, il più italiano dei tratti di Totti.
Ma sei pazzo? Siamo a una semifinale degli Europei! - Paolo Maldini prima del cucchiaio

5. Appartenenza

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Francesco Totti e Franco Sensi, 8 luglio 2001

Credit Foto LaPresse

L’attesa è finita, la missione è compiuta. Al biancoceleste è succeduto il giallorosso, Roma è tornata al centro. Tricolore. Il fascino scolpito dalla mascella mai esitante di Fabio Capello, armato dalla forza d’urto di Gabriel Omar Batistuta. Ma l’essenza è sempre lì. Si tiene mano nella mano. Il sognatore che impegnerà il patrimonio personale per tenere in alto la Roma, il dispensatore di sogni che rinuncerà agli allori per continuare a vestire quella maglia. Per l’appartenenza a una squadra, a un popolo, a una fede. Vinto lo scudetto, quello scudetto, per Totti si aprono squarci di Europa. Il Milan, l’Inter e, soprattutto, il Real Madrid. Scelte facili, quasi ovvie. Anche per questo, strade impercorribili. Quante tentazioni è necessario accettare per mantenere vivo un amore? Quali oasi si deve fingere di non vedere per portare fuori dal deserto il proprio popolo? Pallone d’Oro, Champions League. Prospettive galattiche a cui rinunciare per provare a tornare di nuovo in alto con la Roma. Nonostante la consapevolezza che il meglio fosse già venuto, il timore di imbattersi in una nuova illusione. Perché non per tutti la grandezza si misura con le dimensioni della bacheca, ma con i battiti regalati ai cuori dei cari.
Dicono che è stato un mio limite non aver mai cambiato squadra. In realtà era il mio sogno fin da bambino. Qui ho tutto e sto bene, si vince poco ma è stata una scelta di vita. Quello che dice la gente non mi interessa, se mi criticano nonostante i miei 200 gol vuol dire che di calcio non capiscono niente. - Francesco Totti
Contro chi ha segnato di più Totti? La mappa dei gol del capitano della Roma in Serie A
Rinunciare al trasferimento è costato tanto in termini di titoli vinti. Ma Totti è stato ampiamente ricambiato in quanto a record. Si è ritirato con il primato di gol segnati in Serie A con una sola maglia (250), ma è anche divenuto il romanista con più presenze (785), gol (307) e partite disputate in competizioni UEFA (103).

6. Genio

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Antonio Cassano e Francesco Totti in Roma-Juventus 4-0, 8 febbraio 2004

Credit Foto LaPresse

Genio, generare, creare. Ma anche ingegno, intuito, istinto. Agli antipodi dello studio, dell’impegno duraturo nel tempo. Poche coppie del nostro calcio recente hanno reso esperienza estetica queste definizioni. La maturità di Totti, l’adolescenza di Cassano. Poeti si nasce e ai loro versi si appoggia il crepuscolo capitolino di Capello, una Roma che si scopre sempre più povera di mezzi economici e ricca di intuizioni. Come in quella notte da "February star”, la luce abbagliante su cui deraglia definitivamente l’ultima Juventus di Marcello Lippi. Visioni di assoluto, gol e gesti sprezzanti: "4 e andate a casa". Mittente, Totti. Destinatario, Tudor. Il genio si fa coraggio, stringe i denti e - abbandonato il sogno merengue - impara l’arte del sacrificio. Per esaltare l’esuberanza del fratello minore Cassano, per tenere in alto una Roma sempre più piccola. Il genio si fa padre, dentro e fuori dal campo. Non sempre insegna, come la breve storia di quel duo ci ricorda. Totti può fare coppia. Di Totti, invece, è impossibile farne copia.
È un fenomeno, giocatore raro. Sembra quasi che quando è nato, il Padreterno gli abbia detto: vai giù e gioca a pallone e basta. E lui ha fatto quello che gli è stato ordinato. - Gigi Riva
Francesco Totti (illustrazione by Harun Tekdal)
Illustrazione di Harun Tekdal (Twitter - Instagram - Website)

7. Debolezza

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Lo sputo di Francesco Totti a Poulsen in Danimarca-Italia 0-0, 15 giugno 2004

Credit Foto LaPresse

Tutto è brutto. Il gesto, la partita, addirittura la foto. La massima espressione di una Nazionale tra le più competitive che si ricordino. Trabordante di talento, meglio ancora di due anni prima in Corea e Giappone. Pronta, matura, completa. La dimensione estetica dell’Europeo al retrogusto amaro del biscotto, però, è limitata allo stile delle acconciature. C’è chi si diverte a contare quante volte gli Azzurri si aggiustano frange e cerchietti, unica concessione ludica nell’estate portoghese. E Totti non nasconde le proprie debolezze al mondo intero. Nell’umido pomeriggio di Guimaraes, gli scarpini bruciano e Christian Poulsen rigira la freccia nell’orgoglio del nostro. Se è vero che ciò che di una persona ci attrae molto spesso ce ne allontana, è innegabile che anche il punto di forza di un campione possa farsi tallone d’Achille. Che anche una tela perfetta possa essere squarciata da un taglio, non necessariamente artistico. Orgoglio, forza d’animo, voglia di reagire. Possono portarti in alto e umiliarti agli occhi del mondo. Una spinta maldestra, un calcione a un avversario, uno sputo. Anche questo è Totti, anche questo sono i grandi. Grandi sì, ma pur sempre umani.
Caro Totti, capisco le necessità professionali, ma io non avrei chiesto scusa a nessuno. Erano tre ore che quel danese la prendeva a gomitate, pedate, stincate. Pur non essendo una tifosa di calcio, guardavo ed ho visto tutto. Con sdegno. Unico dissenso: io avrei tirato un cazzotto nei denti e una ginocchiata non le dico dove. Stia bene, dunque, non si rimproveri ed abbia le più vive congratulazioni di Oriana Fallaci. - Oriana Fallaci

8. Freddezza

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Lo sguardo di Francesco Totti prima del rigore in Italia-Australia 1-0, 26 giugno 2006

Credit Foto Imago

Tutto. Wiltord e Trezeguet, la Corea, il biscotto. Prendete tutto. Una storia di delusioni, la testa che finisce sott’acqua. E badate bene a non dimenticare Richard Vanigli, la frattura del perone sinistro a metà febbraio e la rincorsa affannosa verso l’aereo diretto in Germania. Prendete tutto. Non trascurate le polemiche sul senso di una convocazione, il caos di Calciopoli e pure l’espulsione di Materazzi. La testa, se possibile, finisce ancora più sotto. La definizione stessa di pressione delimitata in undici metri, incamerata in un duello da far west all’ultimo secondo, confinata in uno sguardo. In quello sguardo sulla strada verso il dischetto di Kaiserslautern è racchiuso per intero il Totti rialzatosi nel momento più difficile, divenuto appieno se stesso. Capace di combattere le avversità con il talento, certo. Ma anche con il carattere, la voglia di non mollare, di affinare l’arte. E di rispondere alla pressione con freddezza, con abilità chirurgica. In quello sguardo non c’è paura, forse non c’è mai stata. C’è semmai la consapevolezza che il momento è giunto, serve soltanto andarselo a prendere. Il reietto di due anni prima, carica il Paese su una caviglia malconcia e con l’altro piede lo riporta sul diretto verso Berlino. Uno dei meno celebrati tra gli eroi del 2006, di certo uno tra i più responsabilizzati dal peso della storia di quel Mondiale. Quando "la pressione crea il diamante".
Totti è la cosa più vicina a Dio in una squadra di calcio. - John Arne Riise

9. Reinvenzione

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Lo show di Francesco Totti in Milan-Roma 1-2, 11 novembre 2006

Credit Foto LaPresse

C’è chi cambia per adattarsi agli eventi. C’è chi gli eventi li cambia. E, ancora, chi inizia adattandosi agli eventi e, alla fine del percorso, si accorge di essere stato proprio lui ad aver mutato il corso della storia. Il 2006 è la svolta. Non per il Mondiale vinto, per nuove prospettive individuali. Ma per necessità. La placca nel piede sinistro rallenta i movimenti, ogni colpo subito imprime un dolore superiore al precedente. Il tempo stesso, all’improvviso, si contorna di confini netti. Toccato il punto più alto con l’Italia, Totti decide di legarsi soltanto a una maglia. Consapevole dei nuovi limiti fisici, si sposta vicino alla porta. Inizia reinventando se stesso, finisce per porre le basi all’evoluzione del gioco. "Falso nueve" ante litteram, veste i nuovi panni con fare imperiale. Non ha bisogno di essere bomber per laurearsi Scarpa d’Oro, non gli serve guardare la porta per lanciare i compagni con il contagiri. Avvertire la fine del tutto lo porta a sfrondare un tempo di gioco. Ne nasce un giocatore nuovo e vecchio assieme. Che in una sera di novembre dirige una sinfonia mai udita in una Scala del calcio plaudente. Dalla rabona di Aquilani alla girata, dal tacco su Gattuso alla doppietta. La maturità si tinge d’incanto. Il limite, ancora una volta, si sposta qualche metro più in là.
Francesco Totti re di Roma! È e sarà il miglior giocatore che abbia visto in vita mia! #rispetto - Diego Armando Maradona
L’unicità di Totti è riflessa da una stagione unica come la 2006/07, quella in cui ha giocato ben 50 partite (primato personale) segnando 32 reti. Le 26 marcature in campionato non gli sono valse soltanto il titolo di capocannoniere, ma anche la Scarpa d’Oro. Il solo italiano a vincerla insieme a Luca Toni. Centravanti agli antipodi.

10. Longevità

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Il gol di Francesco Totti in Manchester City-Roma 1-1, 30 settembre 2014

Credit Foto LaPresse

Quante volte ci è concesso di stupire gli altri? Sentire il silenzio dello stadio nemico, il brusio dell’attesa, il boato dei cari. Se Madrid è stato luogo caro al Totti europeo, il vecchio castrum romano di Manchester ne diviene l’ideale chiosa. Trentotto anni e tre giorni celebrati con una corsa verso la difesa del City, una frenata improvvisa e il marchio di fabbrica. Cucchiaio d’esterno, il gol più vecchio nella storia della Champions League (primato migliorato due mesi dopo a Mosca, sempre da Totti) è servito. Ridefinito se stesso, ringiovanito dalla cura Zeman e nuovamente adattato da quella di Garcia. Totti scopre il dono della longevità. Un nuovo sogno, avvicinarsi ai 274 gol in Serie A di Silvio Piola e fermarsi a 24 marcature di distanza. Stupendo tutti, ancora una volta. E un’altra ancora. Chissà se anche a lui, di tanto in tanto, sarà capitato di stupire se stesso…
Totti è intramontabile, è come la luce sui tetti di Roma. La luce persiste, va avanti, dilaga. Lo avevano dipinto come stanco e claudicante, invece lui va in campo e sfianca gli avversari. - Walter Sabatini
I contorni della longevità sono delineati da numeri senza pari. Non è riuscito a stabilire il primato di presenze in massima divisione (618, dietro a Paolo Maldini e Gianluigi Buffon) ma ha eguagliato le 25 stagioni consecutive di Paolo Maldini in Serie A, passando alla storia come l’unico ad aver segnato in 23 annate di fila. E, a 39 anni, 6 mesi e 24 giorni, è divenuto il giocatore più anziano a realizzare una doppietta in A. Eterno.

11. Orgoglio

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Francesco Totti dopo la doppietta in Roma-Torino 3-2, 20 aprile 2016

Credit Foto LaPresse

Se anche questa storia fosse un film, sarebbe finita quel giorno evitandoci mesi degni di una telenovela di second’ordine. La rincorsa nella rincorsa. Roma sotto 2-1 contro il Torino, Totti entra a quattro minuti dal 90’ come mossa della disperazione. Ma l’orgoglio del capitano crea l’incredibile. Pareggio in spaccata dopo pochi secondi, rigore della vittoria a un minuto dallo scadere. Niente maglia celebrativa, nessuna esultanza smodata. Soltanto un dito alzato al cielo, la riaffermazione di una sovranità, consegnarsi ai tributi. Classe e freddezza, istinto e costanza. Un miracolo sorretto da un orgoglio sconfinato. Che poteva esistere soltanto lì. Con quella maglia e il battito di quel cuore. "Io ero qui", firmato Francesco Totti. Monumento tra i monumenti, già consegnato ai posteri ancora prima di dirci addio. 24 anni di classe, storia, eternità. Roma.
Grazie. È stata una bella emozione.
Francesco Totti "aeternum"
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