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Filosofie, interpreti e credenze: il mondo capovolto di Inter e Juventus

Simone Eterno

Pubblicato 06/10/2019 alle 10:43 GMT+2

Dall'Inter a trazione italiana di Conte alla Juventus che del 'blocco nazionale' conserva solo i ricordi. Dal pragmatismo del risultato alla filosofia delle asimmetrie e non solo. L'approdo di Maurizio Sarri alla Juventus e Antonio Conte all'Inter ha ribaltato le certezze del calcio italiano regalandoci il primo derby d'Italia, da tanto tempo a questa parte, davvero imprevedibile.

Maurizio Sarri e Antonio Conte

Credit Foto Getty Images

Non bastava il più juventino degli allenatori sulla panchina meno incline a uno juventino del mondo. Per il ribaltamento totale di ogni logica fin qui conosciuta serviva anche la meno juventina delle filosofie – il bello – a discapito, almeno inizialmente, del più bianconero dei concetti: vincere. Che non sia un Inter-Juventus come tutti gli altri è piuttosto semplice a dirsi. Le rivoluzioni estive hanno cambiato percezioni e sensazioni, riconsegnandoci dopo 6 giornate di campionato e due di coppa un mondo già capovolto.
Prendete l’Inter, ad esempio. Una squadra uscita da Barcellona senza punti ma tra i consensi generali di stampa e pubblico. Applausi, complimenti, persino rivendicazioni di un ritrovato orgoglio italiano che alla Pinetina non si vedeva dalla notte dei tempi. Inter come Internazionale; internazionale come erano stati gli ultimi nerazzurri in grado di vincere tutto con José Mourinho. Adesso, invece, guidati dalla mano sapiente di Conte in panchina, a strappare gli applausi in quel che è stato il tempio dei registi per eccellenza degli ultimi 10 anni – Iniesta e Xavi – sono stati due ragazzotti come Sensi e Barella. Qualcosa a cui francamente non eravamo preparati.
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Barella e Sensi impegnati con l'Inter al Camp Nou contro il Barcellona

Credit Foto Getty Images

Così come non eravamo abituati a vedere una Juventus senza ‘blocco nazionale’. Qualche settimana fa a Madrid scendeva in campo la Juve meno italiana di sempre nella storia della Champions, dove faceva capolino il solo Bonucci nel mare di stranieri a disposizione di Sarri. Una scelta figlia dei tempi e degli attuali valori, in una Juventus tra l’altro in cui per la prima volta si è sentito parlare di “asimmetrie in campo” anziché del risultato finale. E se non è una rivoluzione questa, diteci voi cosa possa esserlo.
Qui dentro, la verità, è che si arriva al derby d’Italia senza indicazioni certe e senza un vero favorito. E anche questa è una novità sconvolgente. L’Inter di Conte si è costruita un filotto di 6 su 6 e una credibilità che la notte di Barcellona avrà sicuramente fatto rizzare le antenne anche in casa Juventus; i bianconeri di Sarri di contro stanno iniziando a far vedere passi del processo rivoluzionario messo in atto: lavoro degli attaccanti sui portatori di palla, difesa alta, principi di gioco legati al palleggio di un regista e i conseguenti movimenti nel rombo degli altri. Certo, per parlare di ‘sarrismo’ manca tutta la parte più importante del movimento senza palla. Ma per quello servirà più tempo.
Ed è proprio per questa ragione che non è un’eresia affermare che l’Inter sia più ‘contiana’ di quanto la Juventus non sia ‘sarrista’. E questo non è un concetto da poco. I nerazzurri prendono pochi gol – a proposito di mondi sotto sopra, questo, principio nel passato sempre molto caro alla Juventus – e si muovono telecomandati da bordocampo dal loro tecnico. La Juventus ha abbozzato alcuni principi di gioco di Sarri, ma qui siamo solo agli inizi: l’obbligato turnover di una rosa così ampia e così forte limita inevitabilmente la velocità di apprendimento del processo; lasciando un ibrido ancora non del tutto ben definito: la Juventus infatti non difende più come una squadra di Allegri ma non attacca ancora come una di Sarri.
Nel mentre i due mondi hanno però compiuto – chi più e chi meno – i primi passi evidenti della nuova rivoluzione. Un processo che ha ridato linfa a un campionato stantio e che per la prima volta dopo tanto tempo regala un Inter-Juventus dal pronostico incerto. Vista così a prenderci sembra essere stata la Juve, fino all’altro giorno in posizione dominante. Occhio però: senza grandi avversari si cade nella routine; che sfocia poi in monotonia, mediocrità fino a diventare noia e vulnerabilità. Esattamente quanto mostrato – almeno in Europa – dall’ultima creatura di Allegri. Ecco perché, il mondo ribaltato di Inter e Juventus, in fondo, fa bene a entrambe.
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