Il calcio italiano piange Mario Corso: mancino della Grande Inter. Aveva 78 anni

Stefano Dolci

Aggiornato 20/06/2020 alle 16:47 GMT+2

Nel giorno della ripresa della Serie A, il calcio italiano perde Mario Corso uno dei centrocampisti più talentuosi della massima serie, pilastro della Grande Inter che vinse tutto negli anni '60 con Herrera. Aveva 78 anni.

Mario Corso, Inter, Getty Images

Credit Foto Getty Images

Nel giorno della ripartenza della Serie A 2019-2020 dopo il lockdown, il calcio italiano perde uno dei suoi interpreti più raffinati: Mario Corso, leggenda della Grande Inter capace di vincere tutto fra la metà e la fine degli anni ’60 e uno dei piedi sinistri più educati e magici che si siano mai visti su un calcio da calcio. Ricoverato da giorni in ospedale, Corso avrebbe compiuto 79 anni il prossimo 25 agosto.

Dalla foglia morta al piede sinistro di Dio: pilastro della Grande Inter

Ribattezzato “il piede sinistro di Dio” dal ct della Nazionale Israeliana Gyula Mándi dopo un Israele-Italia andato in scena il 15 ottobre 1961: Mario Corso ha dipinto calcio con il suo mancino, trascorrendo 16 anni con la maglia dell’Inter con cui vinse tutto e reinventò anche il modo di calciare le punizioni. Trequartista ancora prima che il ruolo fosse ribattezzato così da appassionati ed addetti ai lavori, Corso era lo specialista del tiro a foglia morta, quel modo di calciare carico d’effetto che provocava un improvviso mutamento di traiettoria al pallone e particolarmente indigesto per ogni portiere che finiva spesso per capitolare.
Dotato di qualità, estro e fantasia era il classico centrocampista offensivo più abituato a far viaggiare la palla piuttosto che macinare chilometri dietro agli avversari. Per questo motivo Gianni Brera malignamente lo definì con un gioco di parole "il participio passato del verbo correre" e spesso capitava che tanti storcessero il naso per la sua discontinuità: i compagni di squadra però lo adoravano perché, come disse l’ex compagno Carlo Tagnin, sapevano che quando lui era in forma, la vittoria sarebbe stata assicurata.
Nato a Verona nel 1941 con l’Inter giocò sedici stagioni consecutive, dal 1957 al 1973, collezionando 509 presenze segnando 95 reti e contribuendo a vincere quattro Scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. Meno fortunata la sua parentesi con la Nazionale, con cui non riuscì ad eguagliare i fasti e i successi ottenuti con l’Inter. In 10 anni con la maglia azzurra racimolò 23 presenze e 4 presenze, non riuscendo ad entrare nè nel gruppo che giocò il Mondiale 1966, nè della truppa che vinse il campionato Europeo nel 1968. Dopo la parentesi nerazzurra chiuse la carriera nel Genoa due anni dopo, ma anche nel post carriera mantenne un legame speciale con l’Inter, che allenò per una stagione nel 1985-86.
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