Addio a Sinisa Mihajlovic: le frasi celebri ed indimenticabili di un'autentica leggenda del calcio
Aggiornato 16/12/2023 alle 15:31 GMT+1
SERIE A - Dalla guerra, al cuore e la fede calcistica, arrivando alla terribile malattia: Sinisa Mihajlovic ha sempre dispensato pillole di saggezza e colore dentro e fuori dal campo. Una persona vera, dall'inizio alla fine. Lo ricordiamo così, con alcune delle sue frasi più celebri registrate nel corso degli anni.
Il calcio italiano è in lutto: Sinisa Mihajlovicsi è spento all'età di 53 anni a seguito di una grave malattia. Da giocatore ha segnato la storia di nobili squadre come la Stella Rossa, la Sampdoria, la lazio e l'Inter. Da allenatore ha conquistato il cuore dell'italia intera, sedendo sulle panchine di diversi club di Serie A tra cui Bologna, Fiorentina, Sampdoria, Milan, Torino.
Il Sergente serbo verrà ricordato per la sua tenacia, sia nella dialettica impressa nelle conferenze stampa sia sul campo. Schiettezza, genuinità, spirito: Sinisa ha contribuito a dare un volto al campionato che tutti noi amiamo; ha segnato epoche d'oro nelle squadre per cui ha giocato, poi ha lanciato luminose carriere di giovani dalla panchina. Il mondo del calcio gli è grande debitore. Nato e cresciuto in guerra, morto battagliando la leucemia, Mihajlovic ha sempre saputo dispensare pillole di saggezza in qualsiasi circostanza. Abbiamo raccolto le migliori e le più significative.
L'infanzia in guerra
Io sono nato a Vukovar, i croati erano maggioranza, noi serbi minoranza lì. Nel 1991 c'era la caccia al serbo: gente che per anni aveva vissuto insieme da un giorno all'altro si sparava addosso. È come se oggi i bolognesi decidessero di far piazza pulita dei pugliesi che vivono nella loro città.
Prima della guerra per andare dai miei genitori dovevo fare 1,4 km, ma senza ponti eravamo costretti a un giro di 80 chilometri. Per mesi la gente ha sofferto ingiustamente. Bombe su ospedali, scuole, civili: tutto spazzato via, tanto non faceva differenza per gli americani. Sul Danubio giravano solo delle zattere vecchie. Come la giudico? Ho ricordi terribili, incancellabili, inaccettabili.
Nel mio Paese dovevi essere forte non per scelta ma per obbligo: sono cresciuto così.
Fede calcistica
Sampdoria
Non ho mai dimenticato che la Samp mi aiutò in un momento difficile della mia carriera di giovane calciatore. Quando in difficoltà c'è stato il club non ho potuto dire di no. Ora però la Samp sta bene e io credo di aver saldato il mio "debito" morale.
Lazio
Io sono biancoceleste. Per quello che ho vinto e per quello che mi hanno dato i tifosi della Lazio. Rispetto la Roma e i suoi sostenitori, ma io sono laziale.
Derby di Milano
Se uno non è motivato per giocare il derby deve cambiare mestiere, meglio che faccia il ragioniere.
Derby di Torino
Se puoi sognare qualcosa, è perché lo puoi fare, questo è lo scontro tra la passione e la ragione, tra i colori e il bianconero, tra il popolo e i padroni. È un derby unico nel suo genere.
In campo
Quando calcio imprimo molta forza: la palla si alza poi scende all'improvviso. Una volta ho segnato da 65 metri. Una volta, quando ero alla Stella Rossa, sono venuti quelli dell'Universita' di Belgrado, per studiare la potenza, la traiettoria e la velocita'. Sono stato alcuni giorni con questi signori. Avevano anche degli strumenti strani. Mi hanno interrogato a lungo, poi studiato e misurato. Risultato? Non sono riusciti a capirci niente.
A me non piaceva giocare a calcio, a me piaceva solo calciare e mi ricordo che andavo, facendomi due km a piedi, a un campo dove c'era una porta grande senza rete e mi mettevo là e per 4-5 ore mettevo il pallone da una parte, tiravo, la palla andava dall'altra parte andavo di là e tiravo da quella posizione. Così per 4-5 ore a tirare sempre.
Segnare tre gol su punizione diretta nella stessa partita credo sia un record che in pochi potranno pensare di battere. In porta in quel Lazio-Sampdoria 5-2 c'era Ferron, che conoscevo bene e nel tunnel prima di entrare gli dissi: "oggi è meglio se non ti muovi, perché tanto se lo fai calcio sul tuo palo, altrimenti sopra la barriera". Andò così perché io sulle punizioni guardavo sempre il portiere fino all'ultimo metro di rincorsa. Tanti questa cosa la usavano sui rigori, io ero l'unico che lo faceva sui calci di punizione.
Vita e malattia
Non rinnego nulla di ciò che ho vissuto, ma mi piace scoprire anche tutto ciò che non conosco. E se farsi amare da chi già ti ama è facile, trovo stimolante anche convincere chi magari è prevenuto o vuole metterti alla prova.
Ho scoperto una parte di me che non conoscevo: vivo tutto più intensamente. Mi godo ogni istante e ho imparato a contare fino a 6-7, prima di arrabbiarmi, so che posso arrivare a 8. A 10 non chiedetemelo, non è roba per un uomo come me.
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