I voti al campionato: i capolavori di Spalletti e Sarri, gli stenti di Milano, il tormento Juve
Pubblicato 05/06/2023 alle 10:36 GMT+2
SERIE A - Dare i voti alle squadre scindendo il campionato dalle Coppe è difficile, ma intanto ripartiamo dalla griglia ipotizzata ad agosto; poi, nel frattempo, i Mondiali, la volata Champions e le penalizzazioni con l'elastico per la Juventus. Il migliore ovviamente è il Napoli, seguito da Lazio e Monza. La peggiore è inevitabilmente la Sampdoria.
I voti al campionato. «Tempo», come dicono nel tennis. Partendo, naturalmente, dalla griglia del 12 agosto, a mercato ancora apertissimo: 1) Inter; 2) Milan; 3) Roma; 4) Juventus; 5) Napoli; 6) Lazio; 7) Fiorentina; 8) Atalanta; 9) Sassuolo; 10) Monza; 11) Torino; 12) Udinese; 13) Bologna; 14) Sampdoria; 15) Verona; 16) Empoli; 17) Lecce; 18) Salernitana; 19) Spezia; 20) Cremonese.
Avviso ai lettori: è molto difficile separare le pagelle del torneo da quelle delle coppe, visto le stridenti contraddizioni che qua e là emergono: tra Inter e Lazio, per esempio. Ma dovete riuscirci. Se no salta tutto. Senza trascurare la cesura del Mondiale e le penalizzazioni ballerine di Madama, le cui rate hanno di sicuro falsato la volata Champions.
1) NAPOLI 9. Non mi fidavo e, per questo, lo avevo «nascosto». Ben mi sta. Uno scudetto storico e, per mesi, il calcio più bello d’Europa. Una montagna di Oscar: miglior presidente (De Laurentiis), miglior allenatore (Spalletti), miglior cannoniere (Osimhen), miglior acquisto (Kvaratskhelia). Più un premio speciale a Lobotka-Robotka, l’intelligenza artificiale.
2) LAZIO 8. Così imparo a snobbarla. Chapeau a Sarri, l’esonero del quale marchiò il triennio terminale dell’Agnellino. Manifesto del 4-3-3, l’equilibrio difensivo. Il podio? Luis Alberto, Milinkovic-Savic, Zaccagni. Non Immobile: a conferma di un collettivo scolpito con il martello delle idee.
3) INTER 5. Dodici sconfitte, uno sproposito. Ripeto: qui si giudica il rodeo domestico, non il resto, da Riad a Istanbul. Riserve abbandonate, Lukaku scomparso. Improvvisa, a primavera, la scossa di Inzaghi. E la rinascita. Era la mia favorita. Però che Lau-toro, dal Qatar in poi.
4) MILAN 5. Pioli ha pagato l’eclissi fisiologica di Ibra, le lune di Leao e un mercato strategicamente scorretto (anche se su De Ketelaere ci avrei scommesso). Fatale la crisi di gennaio-febbraio. E quel rifugio nella difesa a tre, segno rosso dello sbandamento. Occhio: senza l’handicap della Vecchia, sarebbe fuori dalla Champions.
5) ATALANTA 7. Gasp, l’ego di Bergamo l’ha riportata in Europa, con una pernacchia alle mie gufate. Quando si cambia così spesso e così in profondità, i lavori in corso rischiano di non chiudere mai. C’erano una volta il Papu e Ilicic, c’era una volta la Dea che prendeva a pallate gli avversari. Lookman ho fornito reti preziose, ma il futuro si chiama Hojlund.
6) ROMA 5. Obiezione: non è colpa di Mourinho se la pronostichi terza e arriva sesta come un anno fa. D’accordo, un sacco di infortuni, uno slot esclusivo per Dybala, gli arbitri, tutto quello che volete: ma Abraham? ma Belotti? ma Wijnaldum? Un Mou in versione Maria Antonietta: se il popolo non ha più pane (i risultati, la fuga di Zaniolo), che mangi brioche (la nidiata dei Bove).
7) JUVENTUS 5. Terza sul campo, senza il meno 10, e allora perché un giudizio così drastico? Per il non-gioco dall’Allegri-bis; le paturnie di Pogba e Di Maria; le responsabilità del club al netto delle piroette della Giustizia sportiva (voto 3); l’azzeramento di Andrea (28 novembre); il patteggiamento. Tra aggravanti e attenuanti. Raggi di sole? Fagioli e Iling-Junior.
8) FIORENTINA 6. Settima nel mio listino, ottava al traguardo. Cambia poco. Italiano ha ritoccato l’assetto, stanco di aspettare i gol di Cabral e Jovic. I suoi Godot. Tardi, ma li ha avuti.
9) BOLOGNA 7. Il dramma di Mihajlovic, i restauri di Thiago Motta, in alcuni casi silenziosi e in altri no (le panchine di Arnautovic). Schouten, Ferguson, Posch, Orsolini: moschettieri e frombolieri.
10) TORINO 6. «Juric è un piromane, non un pompiere», scrissi. Detto fatto. Puntavo su Pellegri: chiedo umilmente scusa. Ricapitolando: il solito Toro, dal braccino corto come il suo padrone. Sprazzi e sieste. E più rimorsi che rimpianti. Là in cima, Sanabria.
11) MONZA 8. O implode o esplode: è esploso. Palladino l’ha ereditato da Stroppa, l’artefice della promozione, e l’ha come trasfigurato: nella manovra, nello spirito. Le figurine sparse diventate album. Un simbolo? Il pendolarismo di Ciurria.
12) UDINESE 6. Sembrava un esercito invasore, la squadra di Sottil. Per ritmo, muscoli, incisività. Poi è calata, rischiando addirittura di sfaldarsi. Determinante il k.o. di Deulofeu.
13) SASSUOLO 5. Il dieci di Berardi sapeva di incoronazione. Il Sassuolo di Dionisi è una bibita fresca: disseta, ma non sazia.
14) EMPOLI 7. In alto i calici per i Corsi (e ricorsi). Il gioco come bussola, nei secoli. Dalle visioni spallettiane e sarriane al laboratorio di Zanetti. E quel Baldanzi, classe 2003, che classe.
15) SALERNITANA 7. Non immaginavo un nuovo miracolo. Nicola aveva perso il filo, Paulo Sousa l’ha recuperato. Vi raccomando quell’ira di Dia (16 gol) e l’eterno Candreva.
16) LECCE 7. La ditta Corvino & Baroni ha compiuto una piccola, grande impresa. Onorando, finché ha retto Strefezza, persino il palato degli esteti. Alla base, il granito di Baschirotto.
17) SPEZIA 5. Da Gotti a Semplici, «via» Lorieri, aggrappati alle ante di Nzola, ai riflessi di Dragowski e ai guizzi di Daniel Maldini. Sofferenza, resilienza. E lo spareggio con l’Hellas quale estrema scialuppa.
18) VERONA 5. Persi i 40 gol di Simeone-Caprari-Barak. E pure fra i tecnici, gran confusione: silurato Cioffi, largo alla coppia Zaffaroni & Bocchetti. La rimonta è cominciata da loro, con loro. Una stagione di lunghi travagli, prigioniera del playoff con gli spezzini.
19) CREMONESE 5. Molto sarebbe cambiato, forse, se Ballardini, fior di artigiano, avesse avvicendato il pur generoso Alvini prima di gennaio. I numeri sono aridi, ma la scossa c’è stata e i tuoni di coppa (eliminati Napoli e Roma) hanno ribadito la dignità della resa.
20) SAMPDORIA 3. Senza parole. Non mi sembrava poi così male. Viceversa, un disastro. Senza proprietà, senza più il ventello garantito da Quagliarella (40 anni), con Giampaolo e Stankovic travolti dagli eventi. Il crollo di un’epoca.
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