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Francesco Totti: "Con Spalletti ho un legame profondo, il calcio senza numeri dieci non mi entusiasma"

Daniele Fantini

Aggiornato 02/11/2023 alle 12:42 GMT+1

SERIE A - Francesco Totti parla al Corriere della Sera a 360 gradi. Partendo dalla situazione del calcio moderno, più povero di fantasia e imprevedibilità per l'estinzione dei grandi numeri dieci, l'ex-fantasista della Roma ricorda il rapporto con Luciano Spalletti, quello con il papà scomparso e con Ilary Blasi.

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Il calcio moderno non è più ritagliato sui grandi fantasisti. Il numero 10, nella stretta accezione del termine, è un essere in via di estinzione. Se non già estinto. Francesco Totti apre così una lunghissima intervista concessa al Corriere della Sera, dove paragona il gioco di oggi a quello della sua epoca. E in cui spazia a 360 gradi tra vita professionale e privata.

Un calcio più organizzato ma meno divertente

"I numeri dieci sono spariti perché ora è un altro calcio. Ora prevale il fisico sulla tecnica. Nel tempo in cui giocavo io c’erano sempre, in ogni squadra in Italia o all’estero, uno o due giocatori di altissimo livello. Saremo stati fortunati, ma il calcio era più bello. Il dieci era un giocatore diverso dagli altri. Doveva correre meno ma sfruttare ogni occasione di talento. Doveva essere lucido, sempre fresco. Per questo il dieci tornava di meno. Sacchi portò tutti a rientrare in difesa. E questo fece sparire lo spazio tecnico per il dieci considerato come il fulcro della squadra, l’elemento di sorpresa. Il calcio si è fatto più organizzato, ma meno sorprendente. Oggi non vedo nessun numero dieci. Quel ruolo si è estinto. E infatti non trovo una squadra che mi entusiasmi. Ma ti ricordi il Real Madrid, il Barcellona, il Liverpool, l’Inter del triplete...".

Luciano Spalletti, una persona speciale

"Tra noi c'è un legame profondo. Anche perché quello che abbiamo passato insieme, quando arrivò da Udine, è per me, nella mia vita, qualcosa di irripetibile. Sia in campo che nel quotidiano. Io uscivo una o due volte a settimana con lui a cena. Luciano era una persona piacevole, divertente, sincera. Nella fase finale il nostro rapporto è stato condizionato dall’esterno, specie dai dirigenti o consulenti della società, e non ci siamo più capiti. Anche io ho fatto degli errori, ci mancherebbe. Credo che tutti e due, se tornassimo indietro, non entreremmo più in conflitto. Oggi è in Nazionale e, sapendo che è uno degli allenatori più bravi, se non il più bravo in Italia, ero sicuro che avrebbe impresso una svolta. La squadra sa stare in campo, gioca più libera, si diverte. I risultati verranno, è comunque una fase difficile per il calcio italiano. Spero solo che riusciremo a qualificarci per Europei e Mondiali. Otto anni senza partecipare ai campionati del mondo sono stati duri, per chi ama il calcio".
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Totti, Spalletti

Credit Foto Imago

La mancanza del papà

"Mi manca tanto, era il mio punto di riferimento, era il fulcro della mia vita. Mi mancano il suo sorriso, lo sguardo, la sicurezza che era capace di darmi. Anche oggi, se lo vedessi solo dieci secondi al giorno, mi basterebbe per stare meglio. Pure se non ci dicevamo una parola, ci capivamo. Lui parlava poco. Io peggio di lui. Ma quei silenzi erano pieni. Lui veniva la mattina a Trigoria, portava cornetti, pizza per tutti. Magari non ci incontravamo, ma sapere che c’era mi dava serenità".

Il rapporto con Ilary Blasi

"Noi due abbiamo passato venti anni insieme, con tanti momenti molto belli. Ora vorrei solo che trovassimo un equilibrio tra noi capace di proteggere i ragazzi che sono la più grande ragione, per ambedue, di amore. So che non è facile, ma quello che c’è stato tra noi, per tanti anni, è stato importante. Se troviamo questo equilibrio noi due, i ragazzi staranno bene e si sentiranno protetti".
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Roma-Legende Francesco Totti und Ehefrau Ilary Blasi

Credit Foto Getty Images

La fuga verso l'Arabia, il dominio dei petrodollari

"È un calcio senza sentimenti, con giocatori sempre con la valigia in mano. È tutto freddo, portano le cuffiette invece di parlarsi, nello spogliatoio. Noi, quando arrivavamo al derby, già quindici giorni prima pensavamo a quello che dovevamo fare: le magliette da mostrare se vincevi, il modo più elegante per incassare una sconfitta... E lo stesso facevano i laziali. Per me e per Nesta, che eravamo amici, era un’occasione per gli stessi sfottò che circolavano in città. Questo clima ti creava un’adrenalina dentro... Quando scendevi in campo, avevi voglia di spaccare il mondo. Ora cosa vuoi che gliene freghi del derby...".
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