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José Mourinho: "Ecco perché ho scelto la Roma. Arbitri? Non mi sento a mio agio. E sulla finale di Europa League..."

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Aggiornato 07/08/2023 alle 09:07 GMT+2

CALCIO, SERIE A - In esclusiva al Corriere dello Sport, José Mourinho ha rilasciato un'intervista lunghissima e su tanti diversi temi. Dalle motivazioni che lo hanno spinto a scegliere la Roma, al rapporto con i Friedkin e la sua visione del calciomercato, per arrivare a retroscena inediti relativi alla finale di Europa League persa pochi mesi fa contro il Siviglia.

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José Mourinho ha rilasciato un'esclusiva e lunghissima intervista al Corriere dello Sport, spaziando su temi molto diversi tra loro ma non risultando mai banale, del resto come suo solito. Il tecnico portoghese ha ribadito i motivi che lo spinsero ad accettare l'offerta della Roma, parlando anche del suo rapporto con la proprietà, ma senza negare un po' di frustrazione per il mancato decollo del calciomercato giallorosso, con l'assenza di un attaccante che ancora pesa nelle sue idee tecnico-tattiche.
Mourinho è poi andato a ruota libera sul tema degli arbitri, ravvisando profonde differenze tra Italia ed Europa e dichiarandosi "non più a mio agio" con la classe arbitrale italiana. Non sono mancate lunghissime risposte sulla finale di Europa League persa contro il Siviglia e, soprattutto, su quanto successo nel post-partita con l'arbitro Anthony Taylor: "Non ho mai messo in dubbio la sua onestà. Se lo riavremo, nessun problema, sono sincero". Ecco alcuni spunti da non perdere.

Sulla scelta di accettare la Roma

"Firmai per la Roma perché quando incontrai i Friedkin mi piacque molto il loro modo di parlare. Quelle parole mi toccarono nel profondo, di questo avevo bisogno. "Pensiamo che tu sia la persona giusta per aiutarci a rendere la Roma un club più grande", aggiunsero. Trasmisero il loro entusiasmo, mi piacque la prospettiva di un progetto diverso, tre anni di contratto, una crescita progressiva, qualcosa che in precedenza non avevo mai preso in considerazione".
"Sapevo che sul piano sociale la Roma era un dub assolutamente fantastico, ma anche che dal punto di vista della storia calcistica aveva vinto poco, nonostante tantissimi bravi allenatori e tantissimi giocatori di prima fascia, e investimenti anche. Quando conosci la realtà romanista ti chiedi perché si sia vinto così poco. Possibile che tu non possa fare qualcosa di diverso per aiutare il club, la nuova proprietà? Se adesso mi domandi se sono pentito della scelta, rispondo di no. Assolutamente no".
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Una visione del mercato giallorosso

"Non va tutto bene, ma mi diverto anche nelle difficoltà. Mi arrrabbio per un’ora e subito dopo torno positivo. Non mi deprimo, non minaccio, non dico che mi hanno promesso mari e monti e non vedo né i mari né i monti. Una cosa che non posso cambiare è la mia natura, non sono uno che racconta cazzate. Relativamente all’attaccante immaginario, posso dirti che anche se la settimana prossima arrivasse Mbappé sarebbe comunque in ritardo. Questo per dire che dopo 28 giorni di lavoro, 31 allenamenti e 6 partite, in tutto 37 sedute, più riunioni di analisi tattica e altro, non avere un attaccante è un problema. A proposito, non fate casino con Belotti, resta e farà una stagione molto più produttiva".

Sugli arbitri

"Se facciamo Uefa di qua e Italia di là, mi sento molto meglio quando parlo di Uefa e meno di Italia. In Italia mi sono sentito aggredito, hanno violato la mia libertà di uomo, la mia libertà di uomo di caldo, la mia libertà non di grande allenatore, perché in queste situazioni non ci sono grandi o piccoli allenatori, siamo tutti uomini. Qui non mi sento più a mio agio. Ho paura di ricevere altre squalifiche, ho paura di dover tornare a sentire tutto quello che ho ascoltato o letto in questi due anni".

Sulla finale di Europa League

"So di non essere stato elegante, ma non ho insultato nessuno. Sono andato da Rosetti e gli ho detto: "arbitro, io lo chiamo così, è rigore o non è rigore?". Rosetti ha fatto quello che di solito fanno gli arbitri, non mi ha risposto. Ho ripetuto la domanda a Webb, lui mi ha messo la mano sulla spalla e ha detto "José, sì, è rigore". Webb ha fatto quello che mi sarebbe piaciuto avesse fatto Taylor. Perché se Taylor, o qualcuno al posto suo, dopo la partita fosse venuto da noi, nello spogliatoio del pianto, e avesse detto "ho sbagliato, abbiamo sbagliato, mi dispiace", non solo sarebbe finita lì, ma lui avrebbe avuto il nostro rispetto e la nostra ammirazione. Sbagliamo tutti, forse durante quella partita ho sbagliato anch’io. Continuo a pensare una cosa: Taylor è bravo, per non dire molto bravo, positivo anche il rapporto che ho avuto in Inghilterra, mi sembra un uomo perbene, io non ho mai messo in dubbio la sua onestà. L’unica cosa che dico e dirò sempre è che era rigore e con quel rigore lì la Roma avrebbe potuto vincere. Prima di quel rigore la sua direzione non mi era piaciuta per niente, non mi erano piaciute le sue scelte tecniche, disciplinari, però continuo a pensare che sia un arbitro bravissimo e se la prossima stagione lo riavremo, nessun problema, sono sincero".

Il mancato appoggio della società sulla squalifica

"Sono andato al club e ho detto: "da oggi e fino all’uscita della sanzione, che è già pronta, sarò io il focus di un arbitraggio triste e di un comportamento triste dei tifosi in aeroporto, oltre che del mio atteggiamento nel garage. Però adesso ho bisogno del vostro sostegno e di una comunicazione forte" . Se mi chiedi quale sia stata in due anni e due mesi di Roma la cosa che mi ha fatto sentire più fragile, rispondo che non è stata la partenza di Mkhitaryan, aver perso un giocatore che mi piace tanto e aver giocato un anno e mezzo con solo 4 difensori centrali quando è normale averne 6. La cosa più triste è stata non essere appoggiato dalla società in una situazione del genere. Sconterò le 4 partite, non riesco a guardare l’Uefa in modo negativo, saranno quattro partite in cui mi sentirò un tifoso della Roma".
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