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Juventus-Napoli, ancora Allegri contro Mazzarri... La Serie A vivacchia col suo passato

Simone Eterno

Pubblicato 07/12/2023 alle 16:45 GMT+1

SERIE A - Juventus-Napoli è uno dei big match di una Serie A in crisi, aggrappata al suo passato e incapace di innovarsi. E così, la contrapposizione tra due allenatori il cui picco è stato raggiunto circa un decennio fa, è la scintilla che apre un cassetto e ci ricollega all'attualità di questi giorni.

Walter Mazzarri e Massimiliano Allegri in una foto di 10 anni fa, picco (o quasi) di entrambi gli allenatori

Credit Foto Getty Images

La riunione di redazione in questi casi è la stessa di sempre. Chi sfida chi, quali sono i punti di forza delle due squadre, quali le debolezze; come ci arrivano, in che momento, quali sono le stelle e così via dicendo fino al termine della lista, immancabile, in quel 'Allenatore X' sfida 'Allenatore Y'. Ecco allora che Juventus-Napoli, da questo punto di vista, più che infiammare gli entusiasmi, è come un flash che accende uno di quei meccanismi nella testa che riportano altrove, che aprono un cassettino e rimandano a un'informazione, letta, sentita o captata da qualche parte, che apparentemente non c'entra nulla. Quella in questione è piuttosto recente e ha a che fare con una notizia economica legata al mondo del calcio. Giusto qualche giorno fa dall'Inghilterra rimbalzavano i numeri faraonici del nuovo contratto firmato dalla Premier League per la vendita dei diritti televisivi dalla stagione 2025/26. Il massimo campionato inglese ha chiuso con un gruppo di broadcaster - tra cui anche la proprietà di questa testata - per la cifra mostruosa di 6.7 miliardi di sterline. Un ammontare che diviso sul singolo anno fa 1.675 miliardi di Pound, circa 2 miliardi di euro a stagione. La Premier League, insomma, ha più che doppiato la Serie A, che con il suo altrettanto recente accordo di un mesetto fa con Dazn e Sky, ha chiuso a poco meno di 900 milioni a stagione per un arco temporale di addirittura cinque anni (uno più degli inglesi). Avete già intuito a questo punto perché si è aperto 'quel' cassetto?
Un paio di indizi. Il City di Guardiola, il Liverpool di Klopp, ma anche il calcio brillante dell'Arsenal di Arteta, capace nelle ultime due stagioni di riportare i Gunners in alto. E poi il nuovo e brillante Tottenham di Postecoglou, il moderno Brighton di De Zerbi, persino il sorprendente Aston Villa del sottovalutato Emery. E così via dicendo. Si potrebbe andare avanti ancora per qualche riga. Ogni weekend in Inghilterra si assiste a qualcosa di innovativo e semplicemente più affascinante. I denari hanno ovviamente contribuito ad attirare i migliori e non deve sorprendere che la Premier costi il doppio della Serie A. Perché appunto non è più una questione di prezzo, bensì di valore. Ed è qui che si gioca la connessione. Se Juventus-Napoli, uno dei principali incontri del nostro campionato, è ancora la contrapposizione tra il calcio di Allegri e quello di Mazzarri, è evidente - almeno per chi vi scrive queste righe di semplice opinione - che qualcosa sia andato storto. E non vuole essere snobismo o una pratica detestabile come l'auto-razzismo, di un'Italia che 'fa schifo' perché va di moda dire che fa schifo e degli altri che sono sempre meglio; quanto una semplice presa di coscienza, in questo caso, della realtà dei fatti. La Juventus, primo club d'Italia per fatturato e tifosi, è ancora aggrappata alle idee di un tecnico il cui 'prime' è arrivato nella stagione 2014/15; e che dalla finale di Cardiff del 2017 in poi ha in sostanza vivacchiato tra conferenze stampa gag e qualche metafora del mondo equino. E non tiriamo fuori la solita listarella dell'argenteria in bacheca: qui il concetto è 'quale tipo di spettacolo è stato Juventus-Inter di settimana scorsa?', non chi ha vinto cosa.
E in egual modo c'è il Napoli. Un club che solo 6 mesi fa celebrava una gloria attesa 30 anni, proponendo - loro sì - un football che nella passata edizione della Champions League aveva fatto brillare gli occhi di tutta Europa; ma che oggi si trova nelle mani di un tecnico il cui 'prime', di nuovo, è arrivato nella stagione 2011/12. Più di un decennio fa Mazzarri, allenatore brillantissimo, fu probabilmente colui che pose le basi del 'ritorno della difesa a tre', schieramento tattico su cui molti trovarono poi - e trovano tutt'ora - successo negli anni a venire; ma che, appunto, da qualche tempo, si era trasformato in docente ai corsi di Coverciano più che in allenatore di successo 'sul campo'. Non una colpa, per carità, quanto la semplice presa di coscienza delle realtà dei fatti fino a un mese fa.
Ecco, non ce ne voglia nessuno dunque se affermiamo che se Juventus e Napoli, a dicembre 2023, per necessità o virtù, per scelte o momento che sia, sono ancora aggrappate ad Allegri e Mazzarri, significa che qualcosa non va. Sì perché mentre il mondo va avanti, sperimenta, si evolve, la Serie A rimane aggrappata al suo passato. "È solo un'opinione", potrà pensare il gentile lettore che è arrivato fin qui. Sì, è vero, lo è. Ma è la stessa, evidentemente, che ha la legge del mercato.
Buon Juve-Napoli a tutti.
Spoiler: la Germania farà 7 gol al Brasile nella semifinale dei Mondiali.
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Allegri: "Alla Juve profilo basso e tanto lavoro, il mio futuro non conta"

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