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Serie A - Tra Milan e Juventus una parata e un rosso: ma il corto muso di Allegri non basta per lo scudetto

Roberto Beccantini

Aggiornato 23/10/2023 alle 19:25 GMT+2

SERIE A - Può essere che la squalifica di Theo Hernandez abbia condizionato la trama più del forfait di Danilo. Siamo alla nona: rimane un verdetto che confonde e rimescola le carte. Senza, però, esagerare.

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Avevo dato favorito il Milan. Naturalmente. Modestamente. In questi frangenti ci si rivolge alla clemenza della corte. E si invoca, a discarico, la pistola fumante. L’uomo in più. Che non è stato un allenatore, e nemmeno il gesto di un campione. Né le allegrate, né i 40 anni di Antonio Mirante, il terzo portiere, incolpevole sull’autogol e reattivo, agli sgoccioli, su Dusan Vlahovic, Andrea Cambiaso e ancora sul serbo.
Se mai, la sederata del destro di Locatelli deviato da Rade Krunic, appena entrato. Milan-Juventus 0-1, epilogo che riconsegna la vetta all’Inter e accorcia la classifica, gira attorno a un episodio, non a una di quelle mosse tattiche che a Coverciano pagherebbero perché la genesi zampillasse dai sacri testi e non da una pagina sfogliata a caso.
Stava dominando, il Milan. Non un calcio stellare, ma l’unico offerto agli oltre 150 Paesi collegati. Un miracolo di Wojciech Szczesny su Olivier Giroud, pressing feroce, difesa a metà campo. Madama? Catenaccione e palla lunga: Timothy Weah e Filip Kostic terzini su Rafael Leao e Christian Pulisic, oh yes. Moise Kean e Arkadiusz Milik a raccattar gli avanzi sotto il tavolo. Improvviso, al 40’, lo straccio di uno schema (?): lancio di Weah, fuga di Kean, placcaggio di Malick Thiaw. Rosso diretto e corretto. Era una chiara occasione da gol. In dieci contro undici, e con Pierre Kalulu al posto di Pulisic, l’ordalia s’impennava e Kean, fin lì croccante, se ne divorava uno su cross del capitano di turno, il generoso Adrien Rabiot.
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Massimiliano Allegri non aveva più alibi. La superiorità numerica lo costringeva ad abbandonare le fisime che ne stanno zavorrando il mandato-bis. Nello stesso tempo, ostaggio del trittico Juventus-Paris Saint Qatar-Napoli, Stefano Pioli si aggrappava alle sgommate di Leao, che Federico Gatti, dopo l’avanzamento «coatto» di Weah, seguiva persino al gabinetto, come scrivevano gli inviati d’antan.
La partita è stata sorda e grigia, lenta e brutta. Lo sparo nel buio (di Locatelli) ne smistava la polpa al possesso della Vecchia. Non che attaccasse ventre a terra. Concedeva briciole di cross, sfiorava il raddoppio con parsimonia. Allegri cacciava giacca e cravatta, come un domatore che butta via la frusta perché si accorge che le belve sbirciano più il pubblico che lui. Resta una cosa, una sola: il tabellino. Potete immaginare i dibattiti che risultatisti e prestazionisti agiteranno sullo scheletro di un verdetto che, nel rimodellare la testa del campionato, spinge Madama a un paio di lunghezze dalla cima.
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Va da sé che si tratta di una vittoria cruciale. Le grandi, in passato, erano un mezzo incubo. Non più: 3-1 alla Lazio, 0-0 a Bergamo, 1-0 al Diavolo. Continuo a pensare che, fra tecnico e rosa, la Juventus attuale non sia la principale candidata allo scudetto. Nonostante l’agenda libera dalle coppe europee. Certo, se gli avversari ne aspetteranno e rispetteranno il corto muso... Ma non credo. Di sicuro, ha ritrovato una solidità di base, anche se continua a tirare poco. E con Vlahovic è tornato Federico Chiesa. Mi ha colpito l’eclettismo di Weah: in prima battuta su Leao, non proprio un compitino. Se l’è cavata. E, nella ripresa, ha contribuito a portare avanti il gregge.
Il Milan. Non lo hanno aiutato gli ingressi di Krunic e Luka Jovic. E dal momento più incalzante, all’inizio, non ha ricavato che il ricamo Leao-Giroud, sventato da Szczesny. È il secondo ceffone, diverso dall’1-5 del derby ma non meno inquietante. Può essere che la squalifica di Theo Hernandez abbia condizionato la trama più del forfait di Danilo. Siamo alla nona: rimane un verdetto che confonde e rimescola le carte. Senza, però, esagerare.
Per commentare o fare domande potete inviare una mail a roberto.beccantini@fastwebnet.it o visitare il blog di Roberto Beccantini www.beckisback.it.
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