Juventus-Lazio: lotteria contro infermeria, da spareggio-Scudetto a terzo match point per Sarri
Aggiornato 20/07/2020 alle 20:26 GMT+2
Quando venne varato il calendario post virus, tutti avevano cerchiato sul calendario il 20 luglio credendo che Juventus-Lazio, avrebbe avuto i crismi della sfida Scudetto, invece può essere la gara che può definitivamente chiudere i giochi per la Signora. Anche se fidarsi di Madama ad oggi diventa un atto di fede.
Quando venne varato il calendario post virus, tutti coccolavano Juventus-Lazio di lunedì 20 luglio come lo spareggio-scudetto. Molta acqua è passata sotto i ponti e l’Aquila è scivolata addirittura al quarto posto. Ecco allora che in ballo ci sarà sempre il titolo, sì, ma non più o non proprio alle condizioni di marzo. I pareggi dell’Inter a Roma e dell’Atalanta a Verona offrono a Maurizio Sarri il terzo match point dopo quelli sprecati, sul 2-0, con Milan e Sassuolo.
Antonio Conte è a meno cinque, Gian Piero Gasperini a meno sei; e nella migliore delle ipotesi Simone Inzaghi risalirebbe, pure lui, a meno cinque. Lo scudetto ha un indirizzo, non ancora un padrone. Con l’aria che tira e le montagne russe che spopolano, fidarsi di Madama diventa un atto di fede. E’ un tennista impazzito che vince a zero i suoi servizi e, sempre a zero o quasi, perde i turni di battuta altrui. Non fa il pieno dal derby. Comunque si concluda il campionato del Covid, e resi gli onori al centrocampo che fu, si può e si deve parlare di fine ciclo. Del ciclo, almeno, che coinvolge la celeberrima Bbbc. Andrea Barzagli se n’è "ito"; Gigi Buffon, a 42 anni, fa la riserva; Leonardo Bonucci, di anni 33, è un libero che le mansioni di stopper talvolta imbarazzano; il dottor Giorgio Chiellini, che ne compirà 36 ad agosto, paga un costo salatissimo alle cicatrici.
Nei panni di Andrea Agnelli avrei confermato, pubblicamente e ufficialmente, Maurizio Sarri. Per dare una scossa. Per indicare il sostegno all’Idea. Non si può sempre vincere e, soprattutto, non si può traslocare dal pratico al bello pensando che basti la mano di un nuovo burattinaio per trasfigurare burattini vecchi, incluso un extra-terrestre come Cristiano. Un’autorità senza potere o un potere senza autorità è la scelta peggiore. Il precedente di Gigi Maifredi non può non aver insegnato qualcosa.
L’ossessione era e rimane la Champions, in bilico tra il ritorno con il Lione e la forche di Manchester City o Real. Neppure un eventuale flop dovrebbe determinare il destino di "C’era Guevara". Il silenzio della famiglia - in questo caso, almeno - è più preoccupante degli alti e bassi che stanno crivellando la Signora.
Fino al 9 marzo la Lazio, capace di liquidare la Juventus già all’andata e a Riad, era la squadra più brillante. E dopo la grigia coppa di Madama, memore proprio di quella striscia, le avevo dedicato la vetta del mio borsino di giugno. Mal me ne incolse. Un gran primo tempo a Bergamo e poi - strutturale, verticale - il crollo: due vittorie in sette partite.
La rosa, certo; gli infortuni; e una gara ogni tre giorni. Non c’è un "titolarissimo" che non sia precipitato dal massimo al minimo: Ciro Immobile, Sergej Milinkovic-Savic (specialmente), Luis Alberto, nemmeno convocato per Torino come Lucas Leiva, Senad Lulic, Stefan Radu, Joaquin Correa. L’unico che non ha cambiato passo è Manuel Lazzari, terzino a tutta fascia.
La pancia piena del collegio ha spinto Sarri ad accendere candele all’altare del Singolo. Le marce indietro non sono incoerenza, anche se è imploso l’equilibrio, termine che l’italiano medio considera un prezzo. Quando, viceversa, resta un valore.
Immobile 29, Cristiano 28: lo scettro di capocannoniere è la locandina del film. La trama, in compenso, gira attorno a una fabbrica convertita in lotteria e a un ospedale che sbuffa orgoglio. Un po’ David Lynch, un po’ Milos Forman.
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