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Cronache Rosa da Clerici a Boem, delle fughe e degli eroi

Fabio Disingrini

Aggiornato 20/05/2015 alle 12:34 GMT+2

L'impresa all'italiana sigillata ieri da Nicola Boem ci ha fatto tornare in mente la fuga bidone più famosa del Giro, quella che nel 1954 permise a Carlo Clerici di vincere la più incredibile delle Corse Rosa, e l'attacco che nel 2010 fece tremare Basso e tutti i leader nell'anno di nascita (in sella) di Vincenzo Nibali. Scoprendo intanto due "strani" motivi conduttori: L'Aquila e Richie Porte

Giro d'Italia 2015, Tappa 10, Nicola Boem (LaPresse)

Credit Foto LaPresse

L’impresa di ieri di Nicola Boem, in fuga dal chilometro 7 dei 200 della decima tappa e vincitore a Forlì, è fatta della materia dei sogni. All’attacco con altri 4 italiani che dovremo almeno citare per il loro concorso di merito – sono Alan Marangoni, Matteo Busato, Alessandro Malaguti, il Gnola che piangerà sul traguardo natio, e Oscar Gatto, quest’ultimo di un’eroicità inversamente proporzionale forando ai meno dieci – Boem ha completato un capolavoro all’italiana di materia aneddotica. E stamattina, distinguibile da lontano in maglia rossa alla partenza di Forlì, stringerà tante mani e riceverà i complimenti di molti, anche dei velocisti cui ha sottratto la vittoria… Che in fondo in gruppo saran tutti orgogliosi di un’opera così.
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Giro d'Italia 2015, Tappa 10, Nicola Boem (LaPresse)

Credit Foto LaPresse

Nicola Boem ci ha ricordato per certi aspetti la fuga del nostro immaginario collettivo, una foto in bianco e nero, il “bidone” più famoso nella storia del Giro d’Italia, quello che nel 1954 permise allo svizzero Carlo Clerici di vincere la Corsa Rosa. Abbiamo pensato a Clerici per il fascino dell’impresa di Boem e per la punizione di Richie Porte, ieri decurtato di 2 minuti per aver completato la frazione con la ruota di Simon Clarke dopo una foratura. Connazionali (australiani) ma non compagni di squadra, Clarke e Porte hanno infranto un regolamento come gli svizzeri Clerici e Hugo Koblet quando, al Giro del 1953, il primo fu sospeso dalla sua squadra, la Welter, per aver aiutato L’Angelo Biondo della Guerra a rientrare in gruppo dopo una caduta. Koblet era stato, nel 1950, il primo straniero a vincere il Giro d’Italia e quell’anno chiuse secondo battuto con giallo da Fausto Coppi che a Cadore, in cambio del successo di tappa, gli aveva promesso di non attaccarlo il giorno dopo (Bolzano-Bormio), ma poi gli tese l’imboscata sullo Stelvio (passata alla storia come “Lo sgarbo del Campionissimo”) con la perfetta complicità del Cit Defilippis.
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Giro d'Italia 1954, Carlo Clerici (LaPresse)

Credit Foto LaPresse

Povero Koblet e povero Clerici, che dopo il licenziamento dalla Welter chiede la naturalizzazione svizzera (nato a Zurigo da padre italiano confinato per antifascismo) e va a fare il gregario del concittadino Koblet tornando al Giro l’anno dopo. Avvelenato sullo Stelvio nella precedente edizione, L’Angelo Biondo vuole fare corsa dura, ma cede subito più di 4 minuti a Coppi nella cronoprologo di Palermo vinta dalla Bianchi. Il Giorno dopo Coppi va in crisi a Taormina e Koblet glie ne rende 5’, in maglia rosa ci va Minardi e il Giro è già rovente. Diventerà leggendario alla sesta tappa, ma il suo protagonista sarà sarà il gregario Carlo Clerici, destinato dietro le quinte a un lavoro sporco di buche e borracce, di cadute e tirate. Si parte da Napoli per 252 chilometri e la fuga inizia da lontano: Clerici fa parte di un quintetto di attaccanti che faranno la rivoluzione, arrivando all’Aquila con 34 minuti di distacco sugli Assi. Incredibile: tappa e maglia rosa per Clerici, che certo non s’è dimenticato del suo capitano, ma ha avuto il via libera di Learco Guerra, il direttore sportivo della Condor che per primo fiuta l’impresa.
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Giro d'Italia 1954, Carlo Clerici (Official Site)

Credit Foto Free

E così Hugo Koblet, dopo aver staccato di 2 minuti il suo ormai ex-gregario sull’Abetone e vinto la crono di Riva del Garda, si mette al completo servizio di Clerici sulle Alpi per servire a Coppi, che vincerà con “poco” margine la tappa di Bolzano, una tremenda vendetta in veste di pretoriano. Koblet protegge Clerici dalle insidie della penultima tappa e Coppi non lo può attaccare, come tutti ma proprio tutti si s’aspettano da giorni, perché il gruppo è in briga con la direzione di corsa per ragioni monetarie e scala il Bernina come giù dalla bici. Ancora più incredibile: Carlo Clerici vince il Giro d’Italia più lungo della storia (4337 chilometri!) e c’è ancora gloria per l’inseparabile Hugo Koblet, che dopo lo “sciopero del Bernina” trionfa sull’ultimo arrivo in salita di Sankt Moritz precedendo Bartali. Il giorno dopo a Milano, entrando in maglia rosa nel velodromo Vigorelli, Clerici ha un vantaggio di 24 minuti sul suo Angelo Biondo sepolto dai fischi (insieme a Coppi per uno strano scherzo del destino…) mentre qualche quotidiano titolerà, a proposito di Clerici, “È nata una stella”. Sì, la meteora più brillante nella storia del ciclismo.
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Giro d'Italia 1954, Carlo Clerici (LaPresse)

Credit Foto LaPresse

Tutto iniziò a L’Aquila che ci regala così un’altra concomitanza perché è ancora qui che, nel 2010, si conclude l’ultima bellissima fuga bidone del Giro d’Italia. É il maggio che svela all’Italia il talento di Vincenzo Nibali, convocato in extremis per correre il suo primo Giro d’Italia in Liquigas, al posto di Franco Pellizotti e al servizio di Ivan Basso: Vincenzo riceve la telefonata mentre mangia una granita sul lungomare di Messina, veste per 3 giorni la maglia rosa (una temperie che a molti ricordava la lesa maestà dell’affaire Cunego-Simoni 2004) e chiude sul podio finale alle spalle del suo capitano e di David Arroyo. Quello stesso anno, Nibali vincerà la Vuelta iniziando il suo magnifico progetto di Tripla Corona, ma intanto ricordiamo la fuga dell’undicesima tappa che consegna la maglia rosa a Richie Porte (si chiude il cerchio!) e rovescia la classifica generale con la straordinaria azione di 56 corridori dal chilometro 30.
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Giro 2010 L'Aquila Evgeni Petrov

Credit Foto AFP

É la frazione più lunga di quel Giro (262 chilometri su strade praticamente allagate) e la vince il russo Evgenij Petrov fra lo stupore generale e l’immobilismo di un plotone falcidiato dalle cadute e dai ritiri dei giorni a precedere. Tra i cavalieri che fecero l’impresa, arrivando sul traguardo con 12 minuti e 40” dal gruppo maglia rosa di Vinokourov, c’erano Dario Cataldo (secondo all’arrivo e oggi gregario di Aru), Carlos Sastre, Domenico Pozzovivo e Bradley Wiggins primo leader della Corsa Rosa. Un capolavoro tutto da dedicare all’Aquila, distrutta un anno prima da un teribile terremoto, prima di rivedere sui traguardi il volto nuovo di Vincenzo Nibali, primo ad Asolo, e l’antico grado di Ivan Basso, vincitore sul Monte Zoncolan e in maglia rosa dall’Aprica (terzultima tappa) fino al sipario di Verona.
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2010 Giro Liquigas Nibali Basso

Credit Foto AFP

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