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Disastro Italia: ci manca un fuoriclasse, ma che delusione il Mondiale di Richmond

Andrea Tabacco

Aggiornato 28/09/2015 alle 14:52 GMT+2

La Nazionale di Cassani torna dagli Stati Uniti con un 18esimo posto che equivale a un fallimento: la corsa degli Azzurri è finita a 5 km dall’arrivo, lì dove è iniziata quella di chi il Mondiale ha provato a vincerlo per davvero.

2015 Mondiali Richmond Nibali (35) in mezzo al gruppo nello strappo di Libby Hill (Afp)

Credit Foto AFP

E dire che 29 anni fa, a Colorado Springs, nella prima e fino alla scorsa settimana unica edizione del Mondiale di ciclismo negli Stati Uniti, c’era andata molto bene. Era il 1986: vinse Moreno Argentin, che battè Mottet allo sprint. Ma per l’Italia non finì lì, perché la volata per il 3° posto fu stra-vinta da Beppe Saronni. Oro e bronzo, primi e terzi. Trionfo azzurro a stelle e strisce.
Non avevamo la squadra migliore, a Richmond, in Virginia, e nemmeno una punta ben definita alla pari dei grandi specialisti delle Classiche. L’obiettivo era giocare di squadra e sperare che i nostri leader designati (Nibali, Trentin, Viviani e Nizzolo) avessero buone gambe nel momento decisivo della corsa. Fino ai 4500 metri dal traguardo c’eravamo. Purtroppo, già a 100 dall’arrivo, avevamo perso Daniel Oss, uno che con la sua stazza sul pavé avrebbe sicuramente fatto comodo. L’assenza del corridore della BMC è pesata tantissimo, soprattutto a livello mentale. Viviani si era speso in un attacco con Kwiatkowski e Boonen a 3 giri dal termine, e nel finale non ne aveva più: il veronese della Sky ha fatto bene a provarci (“non poteva non esserci un italiano in quell’azione”), ma forse non era lui l’uomo che avrebbe dovuto entrare in quell’azione. Lì ci sarebbero dovuto essere Nibali o Ulissi, entrambi non pervenuti a Richmond e per questo tra i principali bocciati della spedizione azzurra negli States.
La regia di Quinziato e Bennati ha funzionato poco e male, ma il problema con cui dovrà fare i conti il ct Cassani non è sicuramente la tattica di gara – fino a 5 km dall’arrivo eravamo lì a giocarci una medaglia – bensì la mancanza di gambe nell’atto conclusivo della corsa. Trentin, la nostra risposta agli specialisti del Nord, ha deluso. Ripensando agli ultimi chilometri, e consapevole della cattiva condizione dei suoi uomini, probabilmente Cassani avrebbe dovuto cambiare in corsa, spingendo i suoi all’attacco qualche giro prima, senza aspettare gli ultimi tre strappi. Ma a posteriori è tutto troppo facile. La realtà ci consegna un Mondiale bellissimo, con un’azione – quella di Sagan – che rimarrà per sempre nella memoria degli appassionati.
All’Italia resta davvero poco. Il migliore tra gli Azzurri al traguardo è Giacomo Nizzolo, il cui 18esimo posto finale è un ottimo risultato a livello personale (difficile competere contro gli specialisti delle Classiche, che sono poi gli unici a essergli finiti davanti), ma un pessimo risultato per la nostra Nazionale. Escluse le 4 volte in cui l’Italia ha chiuso un Mondiale senza corridori al traguardo, il 18esimo posto di Nizzolo è il peggiore di sempre della nostra Nazionale. Un risultato che dovrà fare riflettere tutto il nostro movimento. Perché se è vero che nelle corse a tappe siamo in cima al mondo con Nibali e Aru, all’Italia manca ormai da troppo tempo un fuoriclasse nelle corse di un giorno. Uno alla Paolo Bettini, tanto per intenderci. L’ultimo hurrà di un italiano in una Classica monumento è del 2008, con il Giro di Lombardia griffato Damiano Cunego. Era quasi una decade fa.
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