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Ciclismo

Viaggio al centro dell'Eroica, dove giace la passione del ciclismo

Fabio Disingrini

Aggiornato 09/10/2017 alle 00:15 GMT+2

È la ciclostorica più famosa del mondo: l'abbiamo corsa fra le strade bianche del Chianti Classico, con fatica e leggerezza, per riscoprire la forma più autentica di uno sport esistenziale, ferito nel suo glorioso passato da una difficile modernità.

L'Eroica 2016, Gaiole in Chianti, XX Edizione

Credit Foto Instagram

GAIOLE IN CHIANTI (SIENA) - La sveglia strilla che è ancora notte altrimenti Eroica non sarebbe. Si parte all'alba e si pedala sulle strade bianche del Chianti Classico, con la maglia in lanetta e una bici di quattro decenni: la stessa con cui Felice Gimondi, cerimoniere della ventesima edizione, vinse contro Merckx il Mondiale di Barcellona sul circuito del Montjuic. Correva l'anno 1973 e oggi, in sella a quest'affusto celeste, ne deriva una certa responsibilità.
Si chiama Eroica, è la ciclostorica più famosa del mondo e non ci sono regole nè classifiche, ma sì una maniera romantica dell'andare in bici: telai da corsa su strada precedenti l'87, leve del cambio sul tubo obliquo, gabbiette fermapiedi e cinghietti sui pedali, fili dei freni esterni al manubrio, cerchi a profilo basso e ruote di almeno trentadue raggi. Piove sulle viti e i nostri volti silvani. Le foglie morte svelano un nuovo autunno e i chilometri sono tanti. Il cuore si desta pronto le gambe no, ma è subito la durissima salita del Castello di Brolio a scuotere ogni funzione vitale.
Ai primi bivi s'incontrano gli iscritti alla "passeggiata" eroica di 46 chilometri: ci sono una coppia di giovani innamorati su un antico tandem, un baffuto bresciano con la bici da panettiere, un francese vestito da postino, un gioviale tedesco in maglia rosa, una ragazza olandese che sorride avvenente (eccome) pedalando in gonna a pois rossi. Poi c'è lui, il dorsale numero 1, Luciano Berruti, classe 1943, che s'allunga la vita scattando sui pedali di una bici anni Venti e di edizioni dell'Eroica ne ha finite altrettante. Sembra Petit-Breton. Semplicemente un mito che mentre dici amen ti ha già staccato in salita.
Già, le salite... Perché sulle strade senesi della Valdarbia e della Valdorcia non c'è un metro di piano e quando ti accorgi d'aver sbagliato rapporti, senza cambio indicizzato, sono già dolori di catene scese e giù dalla sella a sporcarsi le mani. Qui i muscoli gridano, qui giace e resiste la passione autentica: si scollina e mentre i più esperti avvisano che le sassose discese di fango sono critiche, si è già in picchiata per bere di quell'estasi organica prima d'aggrapparsi ai freni.
Passano le ore, il sole bacia l'impresa e le verdi meraviglie di una terra florida e stupenda. Ai ristori, la colazione è fatta di pane e companatico, la merenda è una fetta di finocchiona e un crostino di lardo di Cinta. Per pranzo, ad Asciano, si mangia la ribollita e si beve vino sangiovese. Da qui c'è ancora tanta strada ma i pensieri sono ormai leggeri: come le mani sul manubrio e le ruote volanti fino all'ultima discesa sterrata, quella che segna il ritorno a Gaiole e la fiamma rossa al tramonto di un giorno esagerato. A chi mi chiede in queste ore come sia stata questa avventura, rispondo con gli stessi aggettivi: intensa, faticosa, bellissima.
Chi scrive aveva il dorsale 4274 fissato, con le spille da balia, ai tasconi della divisa di papà che si chiama come Bartali. Colpa del tifo viscerale di un nonno per Ginettaccio e di un ciclismo che è stato passione popolare, materia epica, ragione civile, proprietà esistenziale, funzione identitaria. Con quell'umanità fatta di fatica e pazienza, dolore e leggerezza, qui dove le bici (storiche) sono dappertutto e si librano sulle strade sterrate, gli eroici puntano i piedi e cancellano a colpi di pedale la difficile modernità del ciclismo. Strappano le più tristi pagine di uno sport avvelenato dal doping, schiudono lo spettacolo puro delle dueruote, placano la nuova freddezza di un pubblico offeso dai fratelli maggiori dei campioni di oggi. Qui dove si svolge una "gara" abitata dalla bellezza e i corridori si replicano nelle imprese del glorioso passato. Tutti primi sul traguardo dell'Eroica.
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