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Oggi Ayrton Senna compirebbe 59 anni. Ed è ancora nel cuore di tutti noi

Paolo Sala

Aggiornato 21/03/2019 alle 08:09 GMT+1

Il 21 marzo 1960 nasceva in Brasile una delle leggende più amate del Motorsport. Per la sua classe ed il suo talento, ma anche per una personalità ed un'aura quasi mistica mai più viste nel mondo delle corse.

Ayrton Senna, McLaren, 1989

Credit Foto Getty Images

Muore giovane chi agli dèi è caro; e Ayrton Senna, certamente giovane, era anche caro agli dèi. Quelli del motore, ma non solo loro, considerato lo spessore spirituale, a volte persino mistico, che le persone intorno a lui non hanno mai potuto fare a meno di riconoscergli. Perché Ayrton era molto di più che uomo e pilota amatissimo a tutte le latitudini. Era una presenza in grado di incutere soggezione e candore nello stesso tempo, una personalità forte eppure leggera, uno che vedeva spiritualità anche dove era oggettivamente difficile scovarne. Lucio Dalla, che aveva già perfettamente cantato Tazio Nuvolari, disse che in Ayrton c'era "qualcosa di limpido, di cristallino, che aveva a che fare con la rifrazione delle stelle".

Quel briefing in Giappone

Una forza mistica che lui per primo non ha mai nascosto - le urla ultraterrene del Gp Brasile '91 vinto col cambio rotto, la "visione di Dio" nell'ultimo giro del suo primo titolo Mondiale -, e con cui chi gli ha lavorato accanto ha fatto i conti in più di un'occasione. Un ingegnere Lotus, la seconda scuderia di Ayrton prima del grande salto in McLaren, descriveva estasiato il suo approccio tecnico: "Era capace come nessuno di separare completamente la mente dallo sforzo fisico. Era in grado di essere sempre lucido e ricordare ogni minimo particolare del giro fatto, fosse un giro di lancio o quello della pole position. Ciò che riportava agli ingegneri corrispondeva sempre totalmente con gli stampati. Qualcosa di eccezionale". E una personalità per cui, più di mille parole, valgono alcune immagini tratte dallo splendido documentario di Asif Kapadia del 2011, quelle relative al briefing successivo alla clamorosa squalifica in Giappone: lui parla e nella sala non vola una mosca, coi colleghi a testa bassa come scolaretti.
Ayrton Senna iniziò a correre nel 1984 con la Toleman e passò poi in Lotus. Visse i migliori anni in McLaren prima dell'incidente fatale in Williams.

Ayrton dopo Ronnie e Gilles

Nella storia recente della Formula 1 tre sono i giovani eroi morti anzitempo e rimasti cementati nel cuore degli appassionati: Ronnie Peterson, Gilles Villeneuve e Ayrton Senna. Ma se i primi due in qualche modo si sovrappongono, adorati e idolatrati per il loro lato spericolato, per lo spregio del rischio, per il rifiuto della prudenza e delle convenzioni, Ayrton no: Ayrton non era solo il cavaliere coraggioso, quello che esalta le folle a suon di traversi e staccate impossibili, quello di cui arriva prima il coraggio che il talento. Ayrton era e resta il campione a tutto tondo, con una personalità inarrivabile eppure gentile, con la classe e la testa del campione del mondo, con un'etica del lavoro sconosciuta ai più. Ayrton è uno che avrebbe potuto vincere ancora parecchi titoli mondiali, almeno quanti il mancato rivale Michael Schumacher. Il quale, fortissimo ma con quella quadratura teutonica all'esatto opposto del fatalismo brasileiro di Senna, aveva bisogno di tante vittorie per essere amato davvero. Ayrton no.
Ayrton Senna vinse tre titoli in carriera con la McLaren-Honda: il primo nel 1988, il secondo nel 1990 e l'ultimo nel 1991.

Il lascito di Ayrton

L'etica del lavoro, si diceva. Uno dei tratti più importanti, e forse anche uno dei lasciti più significativi di Ayrton Senna. Maniacale l'attenzione alla preparazione fisica, massima la cura dei particolari tecnici. Da ragazzino, quando se la cavava più che bene sui kart in Brasile, fu battuto nel momento in cui iniziò a piovere durante una gara. Ayrton decise che non sarebbe mai più dovuto accadere, e da qual giorno in poi uscì al volante del suo kart ogni volta che il cielo scaricava acqua. Da quell'etica del lavoro vengono le memorabili imprese da 'Re del bagnato' che ne hanno caratterizzato la carriera, dalla rimonta spezzata su Prost al volante di una Toleman (Monaco '84) alla prima vittoria sotto una pioggia torrenziale nel 1985 ad Estoril, fino al leggendario primo giro di Donington 1993. Un lascito molto più significativo di quanto possa sembrare, perché l'etica del lavoro significava in qualche modo restituire ciò che gli era stato dato in termini di talento e possibilità economiche. Uno dotato oltre la norma che non si accontenta ma spinge, lavora e si sacrifica. Perché il lavoro migliora ed è per forza trascinante.
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Ayrton Senna muore tragicamente il 1° maggio 1994 per le conseguenze di un terribile incidente sofferto a Imola al volante della Williams.

Credit Foto Getty Images

Forse anche per questo chi in quegli anni, da tifoso ferrarista, aveva in Senna il 'nemico', quel 1° maggio 1994 pianse. Perché come lo stesso Ayrton amava ripetere, "la vita è troppo breve per avere dei nemici".
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Suzuka '88, quando Senna vinse il mondiale con meno punti di Prost

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