Helene Mayer, la fiorettista ebrea che gareggiava per Hitler a Berlino 1936 e aprì la strada a Owens

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Aggiornato 16/05/2017 alle 23:45 GMT+2

Jesse Owens non fu l'unico protagonista dell'Olimpiade del 1936, ma di fatto fu presente ai Giochi grazie a lei. Tra le file della Germania nazista gareggiava infatti un'atleta ebrea, Helene Mayer. Medaglia d'oro ad Amsterdam 1928, evitò il boicottaggio americano accettando la convocazione olimpica

Jesse Owens ed Helene Mayer

Credit Foto Eurosport

Esce ora nelle sale cinematografiche “Race”, film che racconta la vita di Jesse Owens, vincitore di quattro medaglie d’oro ai Giochi di Berlino 1936. Lui, atleta di colore, trionfò nelle Olimpiadi della Germania nazista e trasformò una vittoria sportiva in una questione ideologica; con le sue vittorie Jesse Owens rispondeva coi fatti ai teorici della superiorità della razza ariana e questo era abbastanza per renderlo una leggenda vivente. La sua non fu, però, l’unica storia degna di nota dell’Olimpiade e nel nostro viaggio nel tempo nella storia olimpica di questa settimana vi raccontiamo di Helene Mayer, fiorettista tedesca, medaglia d’oro a soli 17 anni ai Giochi di Amsterdam 1928, unica atleta di origine ebrea tra le file della Germania.

La giovane campionessa

Helene Mayer nasce a Offenbach sul Meno nel dicembre 1910 e fin da giovanissima dimostra eccellenti doti sportive. Entra a far parte del prestigioso Offenbach Fencing Club e a 14 anni vince il suo primo titolo nazionale; nel 1928 arriva la vittoria olimpica, seguita a solo un anno di distanza dall’oro mondiale bissato nel 1931. Nel 1932 Helene si reca a Los Angeles in occasione dei Giochi Olimpici, conclude quinta, ma decide di fermarsi per un periodo in California per allenarsi e studiare alla Southern California University.
La sua sembra una vita destinata al successo, ma tutto cambia quando, nel 1933, Hitler sale al potere in Germania e Helene Mayer, figlia di un medico ebreo, viene espulsa dall’Offenbach Fencing Club. Senza un posto in cui allenarsi una volta tornata a casa, Helene decide di rimanere negli Stati Uniti, dove continua gli studi e si mantiene insegnando tedesco e facendo l’istruttrice di scherma. La situazione peggiora ulteriormente nel 1935, quando a seguito della promulgazione delle “Leggi di Norimberga” la medaglia d’oro di Amsterdam, che nell’albero genealogico ha due nonni ebrei, viene catalogata come tedesca di “sangue misto” e si vede togliere parte dei diritti di cittadinanza.
Le Leggi di Norimberga mostrano chiaramente al mondo il vero volto del nazismo e di fronte a una politica tanto inaccettabile parte dell’opinione pubblica americana chiede al proprio comitato olimpico di boicottare le Olimpiadi del 1936. Berlino ha speso molto per i Giochi e intende ottenere il massimo risultato possibile dalla manifestazione, sia in termini economici che, soprattutto, di propaganda, e il governo nazista cerca delle contromisure per evitare l’assenza statunitense. In occasione della visita dei rappresentanti del comitato olimpico americano dai muri della città vengono fatti sparire i manifesti di stampo antisemita e, allo stesso tempo, Helena Mayer viene convocata per i Giochi di Berlino, così da dimostrare che la Germania dava spazio anche agli atleti di origine ebrea nella propria rappresentanza.

I Giochi di Berlino

A sorpresa, e nonostante le tante lettere ricevute che le chiedevano di boicottare i Giochi, la Mayer decide di accettare la convocazione e scendere in pedana sotto le insegne della Germania nazista. È quanto basta agli americani per convincersi (o far finta di essere convinti) delle buone intenzioni tedesche e mettere la propria delegazione su una nave diretta in Europa, cosa che forse non avrebbero fatto se Helene fosse rimasta in California invece che recarsi a Berlino.
Iniziano i Giochi e le vicende di Jesse Owens mettono subito in secondo piano tutto il resto, anche l’argento che la Mayer aggiunge al medagliere tedesco e che, da “vera tedesca” come lei si è sempre definita, la fiorettista celebra con il saluto romano, così come avevano fatto tutti gli altri suoi connazionali andati a medaglia fino a quel momento.
Conclusa l’esperienza olimpica, non trovando più spazio in Germania, Helene Mayer torna definitivamente negli Stati Uniti e prende la cittadinanza americana. Rientra in patria solo nel 1952, a guerra ampiamente finita, e muore un anno dopo a causa di un tumore, portando via con sé la risposta a una domanda che, ai tempi, molti si erano fatti. Per quale motivo aveva accettato la convocazione olimpica?

Perché andò ai Giochi?

Chi si concentra sul lato sportivo sostiene che la fiorettista, almeno in parte incurante delle vicende politiche, cercasse un riscatto dopo il deludente quinto posto di Los Angeles 1932, mentre l’ipotesi più accreditata è quella che vuole la Mayer accettare l’invito del comitato olimpico tedesco per poter rivedere la madre, rimasta in Germania dopo la sua partenza. Rimane poi la teoria secondo cui Helene avesse chiesto al governo tedesco di riacquistare la piena cittadinanza in cambio della sua partecipazione ai Giochi e la sua formale adesione agli ideali del partito nazista (nel caso, il governo tedesco non avrebbe poi mantenuto la parola visto che la Mayer fu costretta a tornare negli USA).
Le testimonianze rimaste in proposito sono troppe poche per poterci permettere di avere delle risposte certe; quel che ci resta è solo il fatto che avrebbe potuto rinunciare alla convocazione e così facendo avrebbe forse cambiato la storia, ma questo lei ai tempi non lo sapeva e la nostalgia di casa poté più della diffidenza verso un regime che lei, forse, non consoceva ancora bene. Non fu la protagonista dei Giochi, ma a conti fatti fu l’atleta più importante di Berlino 1936; senza di lei non ci sarebbe stato Jesse Owens, senza di lei i Giochi tedeschi forse sarebbero stati un fiasco, senza di lei, semplicemente, la storia sarebbe stata diversa.
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