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Antonio Raimondi: "Fermarsi, decisione coraggiosa e giusta. Ora la parte difficile: come ripartire"

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Aggiornato 27/03/2020 alle 15:57 GMT+1

La voce del rugby del gruppo Discovery dice la sua sulla decisione da parte della Federazione rugby di fermare definitivamente tutti i campionati, come già auspicato qualche giorno fa. Ora arriva la parte più complicata, capire come si riparte per non lasciare a terra 400 club italiani.

Rugby

Credit Foto Eurosport

Avevo espresso la mia opinione qualche giorno fa. Meglio prendere atto della situazione, cancellare la stagione 2019-2020 e iniziare a pensare al futuro. La Federazione Italiana Rugby ha preso ieri questa decisione. Ci voleva coraggio per una scelta che era stata suggerita da tanti a livello individuale e di club. E’ un sacrificio necessario ma soprattutto non deve essere un atto di arresa ma una presa di coscienza rapida per poter pensare fin da oggi al futuro e mettere in sicurezza l’intero movimento.
Ora viene la parte più difficile. Chi pensa ai traguardi che non potranno essere più raggiunti per quest’anno, niente scudetti, niente promozioni (neppure retrocessioni) presto si renderà conto che c’è un bene comune da proteggere. La situazione non è per nulla facile, ma siamo in un’emergenza ben più grande. Finirà, prima o poi, e si potrà ricominciare, ma serve un piano capace di portare risorse al movimento, ad ogni livello. Quindi aspettiamo il piano della FIR che ha già annunciato misure di sostegno straordinarie e ha aggiornato al primo di aprile il consiglio federale.
Naturalmente attendono risposte club, giocatori, allenatori, arbitri e dirigenti. Il primo ministro Conte ha detto fin dall’inizio che nessuno dovrà perdere il posto di lavoro a causa dell’epidemia di Covid-19. Pensiamo quindi a quanti hanno il rugby come lavoro. Per loro servono risposte immediate garantendo che la chiusura della stagione non significhi fine della linea di contribuzione federale, importante per tanti club. In aggiunta servono risorse supplementari per la gestione della crisi e quindi garantire i contratti in essere. Poi bisognerà pensare a come modificare l’inquadramento di queste figure professionali, che uscendo dall’equivoco tra dilettanti e professionisti, possa essere realmente sostenibile dai club e al tempo stesso dia garanzie a chi di fatto lavora con il rugby. Questo nell’immediato, nel futuro prossimo c’è la ripresa, come garantire che ognuno degli oltre 400 club italiani potrà ripartire.
Servono risorse straordinarie non solo per il rugby, lo sport deve veder riconosciuto il proprio ruolo sociale anche nelle decisioni del Governo. Il ministro Spadafora per il momento l’ho sentito esprimersi principalmente sulla questione della limitazione dell’attività fisica e sulla possibile ripresa del campionato di calcio. Sono sicuro che nei prossimi giorni, ma servirà anche la sensibilizzazione da parte di tutti noi che in qualche modo partecipiamo al movimento sportivo italiano, si inizierà a pensare anche alla protezione di un’attività socialmente fondamentale nel nostro paese.
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