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I 6 giocatori che possono fare la differenza al Mondiale

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Aggiornato 03/08/2015 alle 18:35 GMT+2

Da Sergio Parisse a David Pocock, ecco le stelle dell'edizione ospitata nel prossimo mese di settembre dall'Inghilterra

Sergio Parisse, Italy, Six Nations 2015, Lapresse

Credit Foto LaPresse

Il Mondiale di Rugby è un appuntamento imperdibile e attrae tifosi provenienti da tutto il mondo. Secondo i dati del portale Ticketbis.it sono già stati realizzati acquisti di biglietti per assistere al Mondiale da moltissimi paesi, tra cui spiccano, per volume di vendite, la Gran Bretagna (30,5%), la Francia (13,5%), il Giappone (13,5%), l‘Italia (8,3%) e l’Argentina (5,0%). Ma non mancano transazioni provenienti anche da Nuova Zelanda, USA, Australia, Sudafrica, Germania, Spagna, Repubblica Ceca, Belgio, Portogallo, Russia, Uruguay, Irlanda, Austria, Canada, Svezia o Singapore, per dirne alcuni. Al momento, i cinque scontri più richiesti nella piattaforma sono Nuova Zelanda-Argentina, Sudafrica-Scozia, Sudafrica-Giappone, Francia-Italia e Francia-Irlanda.
Pur essendo lo sport di squadra per eccellenza, in tutti i Mondiali precedenti ci sono stati giocatori che hanno eccelso al di sopra di tutti i loro compagni e che, o perchè capaci di fare la differenza per la loro qualità, o per il carattere capace di coinvolgere tutta la squadra, sanno guidarli e sono la referenza nel terreno di gioco. Questi sono alcuni di coloro che possono essere chiamati a passare alla storia di questo Mondiale .

Sergio Parisse (Italia)

Un mito del rugby italiano, un vero leader in Italia e nella sua squadra, lo Stade Française, che ha saputo portare fino al titolo della Top 14 questa stagione. Di origine argentina, porta impresso nel suo DNA un carattere da vincitore molto marcato e l’impegno con il proprio paese di natale è totale. Molto simile al capitano del team inglese nel suo ruolo, il numero 8 ha un gioco aperto, arriva all’appoggio, recupera tutti i palloni ed è instancabile, suda e fa sudare la maglia ai suoi compagni. Il rugby Italiano non si può spiegare senza la sua presenza da almeno un decennio: con un record di presenze in nazionale di 112 incontri, questo sará il suo quarto Mondiale. In numerose occasioni è stato nominato al titolo come Miglior Giocatore del 6 Nazioni e Miglior Giocatore del Mondo, che non è mai riuscito a vincere vista la mancanza di titoli dell’Italia. Un giocatore che dà l’esempio con il duro lavoro.
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Sergio Parisse

Credit Foto LaPresse

Chris Robshaw (Inghilterra)

Ci sono solo sei uomini che conoscono l’enorme responsabilità che ha questo formidabile giocatore: si tratta dei sei capitani dell’Inghilterra dei precedenti Mondiali. Essere il capitano della squadra inglese significa essere d’esempio in tutto, darsi al proprio paese senza limiti ed essere l’appoggio dei compagni, la prima e l’ultima linea della nazione. Il flanker degli Harlequins, con 47 caps, risponde a questi requisiti, guida un’Inghilterra che da quattro anni prepara il “suo” Mondiale, da quando Mr. Lancaster ha preso in mano le redini ed ha concentrato tutte le sue risorse su questo appuntamento. Robshaw è il nuovo Ammiraglio Nelson, il suo motto è la mitica frase del gran navigante: ‘England expects to every man to do his duty’. Può essere che nella squadra ci siano giocatori migliori, peró Robshaw è tutto carattere e leadership, l’uomo che i compagni guarderanno quando verranno meno le forze o le idee, e lui non li deluderà, sicuro. “Oh Capitano, mio Capitano!”
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Chris Robshaw

Credit Foto Reuters

Julian Savea (Nuova Zelanda)

Un fuori serie, di quelli che marcano la differenza, erede delle grandissime ali neozelandesi come John Kirwan, Christian Cullen o il meraviglioso Jonah Lomu. Debutta nel giugno del 2012, 33 partite, solo 2 sconfitte e 30 tries, 150 punti: cifre incredibili per uno che genera pericolo costante per le difese, rapidissimo nello sprint corto, ed è solitamente più forte delle ali rivali con cui si misura. Giocatore spettacolare, in qualsiasi momento capace di sbloccare un match, sarà fondamentale perchè la Nuova Zelanda riesca a compiere i pronostici e a vincere il suo terzo Mondiale.
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Julian Savea

Credit Foto Reuters

Agustin Creevy (Argentina)

Solo con uno sguardo, quest’uomo dice tutto: senza bisogno di parlare, si è caricato in spalla Los Pumas, con tutta la pressione che questo comporta e ha fatto un passo in avanti. Un altro leader duro, molto duro. In un rugby molto passionale e marcato dal carattere patriottico, Creevy è la referenza in campo per i suoi, un tallonatore dei moderni, molto veloce per il suo ruolo. Iniziò come flanker, molto buono nella mischia e un grande compagno in una squadra molto rinnovata tanto nei suoi giocatori come nei suoi schemi di gioco, più aperto e con un maggior numero di varianti rispetto a prima.
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Agustin Creevy

Credit Foto Eurosport

Ruan Pienaar (Sudafrica)

L’attacco sudafricano è sempre stato tra i più forti, duri e potenti della storia, ma ha avuto bisogno di un buon direttore di gioco per guidarlo con testa. Quando ha avuto un gran mediano di mischia, il Sudafrica ha vinto due Mondiali: il primo nel 1995, quello di Mandela, con Joost Van Der Westhuizen, ora malato di ELA e con poche prospettive; il secondo nel 2007 con Fourie DuPreez, piccolo ma potente. Se Ruan Pienaar dirige bene gli elefanti nella loro fuga precipitosa, il Sudafrica è una chiara candidata alla vittoria. Buono con i piedi, lettura di gioco perfetta, fa punti con facilità, è chiave nel gioco collettivo, di ampia esperienza internazionale, 82 Caps, 135 punti con la sua nazionale, 67 partite di Super Rugby con 240 punti e gioca dal 2010 a Ulster, con 94 partite e 749 punti. Le possibilità di successo degli Springboks dipendono dalla sua forma fisica.
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Ruan Pienaar

Credit Foto PA Sport

David Pocock (Australia)

Ancora si ricorda la partita che ha segnato contro il Sudafrica ai quarti della RWC 2011, recuperando tutti i palloni, il re del ruck, un flanker segugio, imprescindibile in tutte le squadre di rugby, lottatore, lavoratore instancabile, durissimo e con quell’olfatto per i tries che lo rende così pericoloso. Si potrebbe paragonare con ragione al leggendario Wallaby George Smith, uno dei migliori della storia del rugby. Sará il capitano della sua nazionale, nonostante i suoi 27 anni e 48 Caps; è un giocatore eccellente nel gioco aperto, arriva a tutti gli appoggi e la sua prestazione sarà determinante per l’Australia.
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David Pocock

Credit Foto Reuters

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