Del Potro dei miracoli! Murray cade al quinto in Coppa Davis: così si fa la storia

«Noi che sentiamo la bellezza di una poesia prima ancora di pensare al suo significato». Sono le Lezioni americane dello scrittore argentino Jorge Luis Borges. Noi che vediamo Juan Martin Del Porto fare cose straordinarie, riscrivere le leggi del tennis, col suo braccio di ferro e quel cuore implacabile. Delpo ha diviso con Federer la passione della vittoria e della sconfitta, e l’amore del suo vastissimo pubblico è di quelli che non sanno condizioni. Gigante cortese, prode romantico, statuto fondativo di una nobiltà di corda, Hombre de Milagros. La ragione di Palito si scrive in 5 set: dalla finale degli US Open 2009 a questa ultima storica impresa scozzese contro il campione di casa, piegando Murray nell’arena di Glasgow.

È la Coppa Davis e i pensieri tornano a 33 giorni fa, quando Del Potro perse la finale di Rio contro Murray. Pianse a Rio e ha pianto a Flushing Meadows, commosso dall’ovazione di uno stadio all’ultimo game di un match ormai vinto da Wawrinka. Piange sempre Palito, nella gioia e nel dolore, en salud y enfermedad, perdendo contro Federer una semifinale olimpica sul prato dell'All England Club (19-17!), cedendo a Nadal la più bella finale di Indian Wells (2013), sfiancato dal dolore al quinto set di una semifinale di Wimbledon che fu l’inizio del martirio e l’origine del mito. Vestito di bianco e stretto a Djokovic alla maniera dei caballeros, il polso vessato e la testa china sulla spalla di Nole.

Tre operazioni e due anni di assenza: Juan Martin Del Potro è tornato regolando i conti con Djokovic, Nadal (sconfitti a Rio) e Andy Murray, che in Coppa Davis non perdeva da Fognini a Napoli, primavera 2014. È la prima partita della semifinale tra Gran Bretagna-Argentina ed è già materia dI aneddotica: cinque set, 5 ore e 7 minuti, 6-4 5-7 6-7(5) 6-3 6-4 Del Potro. Il gigante di Tandil spezza il ritmo dei più rischiosi scambi con lo slice di rovescio e vince il primo set con 21 punti di fila in battuta (80% di prime in campo) da break Murray. Lo scozzese reagisce lungolinea di rovescio e si salva a fine secondo parziale con due bellissime volée in avanzamento, strappando il set a Del Potro impreciso in corridoio. Il terzo set è di quelli diabolici, dominato da Delpo su entrambe le diagonali fra gli errori e i falli di Murray… Che vince infine al tie-break un parziale durissimo di 81 minuti. Quarto set ed è subito break Del Potro, qui intrattabile combinando servizio e dritto per un’altra storia in 5 atti.

Certo che l’argentino non giocava un match al quinto da tre anni e non ne vinceva uno dagli Australian Open del 2010: 10-8 contro James Blake, 4-12 di bilancio carriera. Palito però è tornato come un orfeo per riscrivere la storia. Settimo game, un passante in corsa di specie bellissima e indefinita è la breccia del gigante dopo cinque ore di barricata britannica: la griffe è un ace che stende Murray dopo 14 vittorie consecutive in Coppa Davis. «Credi che la divinità possa creare un luogo che non è il Paradiso? Credi che la Caduta sia qualcosa di diverso dal non sapere che siamo in Paradiso?», scriveva Borges nel racconto La rosa di Pracelso. È la lezione di Juan Martin Del Potro del destino dei romantici e dei miracoli del tennis.