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La 'nuova Coppa Davis' segue il trend: il futuro lo detta solo il denaro

Simone Eterno

Aggiornato 17/08/2018 alle 12:13 GMT+2

La riforma della Coppa Davis, che dalla formula attuale durata 118 anni passa a un singolo torneo giocato in una settimana, nient'altro è che l'ennesimo adeguamento a un futuro dove a dominare sono le logiche del marketing e del denaro. Come i Mondiali in Qatar, come la Liga negli Stati Uniti, la 'nuova Davis' non fa nient'altro che seguire il trend: i soldi.

Copa Davis

Credit Foto Eurosport

Alla fine hanno vinto i soldi. Come sempre, del resto. Nell’epoca dei mondiali di calcio che verranno traslati in inverno pur di emigrare dai petroldollari del Qatar; in quella dove un campionato professionistico come la Liga farà tappa con qualche partita negli Stati Uniti per riempirsi le tasche; non sorprende la scelta di azzerare senza troppi pensieri 118 anni di storia.
E’ vero, in tanti sostenevano che la Coppa Davis avesse in qualche modo bisogno di essere riformata. Boicottata dai big – che seppur legittimamente, facendo il loro interesse personale, con i loro forfait ne hanno in qualche modo decretato la morte anziché aumentarne l’epica –; trattata da buona parte delle televisioni come evento secondario; snobbata, per ampi tratti, Murray escluso, dai grandi dell’epoca contemporanea, a Orlando ha conosciuto la morte della sua storica formula.
La riforma Haggerty, spinta decisivamente anche da un gruppo guidato da Pique e con l’endorsement di un altro miliardario come Larry Ellison, è passata sul filo di lana. Decisivi, secondo le ultime indiscrezioni, proprio alcuni cambi di rotta dell’ultimo momento… E l’inevitabile alone che si portano appresso, come sottolineato dal collega Riccardo Bisti sul Tennis Italiano.
L’unica realtà è che ormai il dado è tratto e ciò che nasce ora, di fatto, sarà qualcos’altro. Qualcuno l’ha subito definito “il mondiale del tennis”, per la presenza contemporanea di 18 nazioni pronte a darsi battaglia in un’unica settimana. Semplicemente, la Davis, diventa un torneo. Un altro torneo. Una manifestazione secca che si aggiunge ai 67 eventi ufficiali del calendario ATP/ITF del 2019.
Ma no, ecco, non sarà 'Coppa Davis'. Non c’è il percorso, con la sua storia e la sua epica, fatto di città, arene, superfici, pubblico e alternanze che lo avevano reso unico e per questo mitico; fatto di battaglie capaci di tirare fuori exploit impronosticabili, con sconosciuti in grado di issarsi a eroi e big sorpresi da performance mai più ripetute; oppure da fenomeni capaci di trascinare nazioni al successo da soli, come la Gran Bretagna di Murray tre anni fa o l’argentina dell’eroico Del Potro a Zagabria, giusto per citare i due esempi più recenti.
Ci sarà dell’altro. Qualcosa di potenzialmente interessante; sotto certo punti di vista sicuramente attraente e curioso; ma, appunto, ‘altro’. Qualcosa di nuovo. Un anno zero che si prende l’onore – e l’onere – di dare continuità a 118 anni di gloriosa storia. Se lo farà con questo successo, noi non possiamo che augurarcelo.
E’ il “progresso”, come ama definirlo qualcuno. O molto più semplicemente è il marketing. Sono gli interessi. Sono, appunto, i soldi. E’ il pensiero unico contemporaneo che guida ogni scelta; quell’idea che amano definire ‘progressista’ dove il tifoso non è più solo un tifoso, ma è un cliente. Anzi, a dirla tutta, è solo un cliente.
Non vi sta bene? Non ve lo potete permettere? Avete dubbi o obiezioni? “Accomodatevi altrove” è generalmente la risposta. La ‘nuova Coppa Davis’ è solo il più recente degli esempi. E, ne siamo certi, non sarà certo l'ultimo.
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