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Del Potro, l'ultimo tango: cosa ci lascia il "poeta" del tennis

Matteo Zorzoli

Aggiornato 27/10/2022 alle 13:02 GMT+2

TENNIS - Dopo quattro operazioni al ginocchio in tre anni, il gigante argentino si ritira dal tennis, creando un vuoto incolmabile per gli appassionati. Dalla maratona epica con Federer a Londra 2012 all'abbraccio commovente con Almagro al Roland Garros 2017: Del Potro è stato il simbolo della resilienza nello sport con lezioni fuori e dentro il campo

Del Potro esulta dopo la vittoria su Federer agli US Open 2017

Credit Foto Getty Images

L'ultimo tango a Buenos Aires. Dopo 22 titoli Atp (tra cui gli US Open 2009) e 16 anni nel circuito, Juan Martin del Potro ha deciso di dire basta. In una conferenza stampa organizzata ad hoc, la Torre di Tandil ha annunciato il suo ritiro dal tennis: le quattro operazioni al ginocchio negli ultimi tre anni e il calvario per i ripetuti infortuni al polso questa volta hanno vinto anche il commovente ottimismo e lo sconfinato amore per lo sport del gigante buono. Il 33enne argentino giocherà il suo ultimo torneo in patria, debuttando all'Atp 250 di Buenos Aires proprio contro il suo connazionale Delbonis, in un match imperdibile per tutti gli appassionati. Poi, forse, l'addio definitivo a Rio de Janeiro.
"Non avrei accettato di ritirarmi senza giocare almeno un'altra volta. Amo questo sport, ho dedicato la mia vita al tennis, ma non è facile giocare con tutto questo dolore. Il messaggio che voglio far passare è che non mi sono mai arreso, ancora oggi faccio fatica a muovermi. La prossima partita potrebbe essere l'ultima, non so se ce ne saranno altre. Ma è bello sentirmi un tennista ancora per un po'".
Oggi Del Potro è al 757° gradino del ranking. La sua ultima apparizione in campo risale al 19 giugno 2019 al Queen's: vittoria con Shapovalov, ma una scivolata a rete, con interessamento del ginocchio (frattura della rotula già rotta in ottobre a Shanghai) lo obbliga al forfait nel match successivo. E' l'inizio della fine: ospedale-riabilitazione-ospedale-riabilitazione-ospedale. Un loop che avrebbe distrutto chiunque, ma Delpo stringe i denti, prova di tutto per tornare a respirare l'odore della pallina, anche solo in allenamento. Non demorde: vuole tornare a liberare il suo diritto fulmineo, leggendario. Un colpo che con la potenza del servizio gli ha permesso di scalare la classifica, far innamorare milioni di persne, avvicinarsi e battere (come nella finale di Flushing Meadows contro Federer) i Big Three. Come sarebbe stata la sua carriera senza infortuni? Oggi si parlerebbe di Big Four? Nessuno può saperlo.
Tutte le operazioni di Juan Martin del Potro
Quello che è certo che di Del Potro oltre alle vittorie (nel palmares anche un bronzo a Londra 2012 dopo una semifinale epica con Federer 19-17 al terzo set, un argento a Rio 2016 e la prima, e unica, Davis albiceleste da protagonista assoluto) rimarrà l'instancabile ricerca della bellezza. Non solo tecnica. Del Potro è stato sofferenza e felicità, malinconia e incoscienza allo stesso tempo. Un "poeta" umile del tennis che con gli sguardi e i silenzi ha riempito il cuore anche di chi non mastica la disciplina. Un simbolo di resilienza e di fairplay che nel corso degli anni ha dato più di una lezione a colleghi e spettatori. Come quando nel 2017 ha rincuorato un altro atleta sfortunato come Nicolas Almagro: nel secondo turno del Roland Garros lo spagnolo crolla sulla terra di Parigi in un pianto a dirotto, inconsolabile. Il ginocchio nel terzo set non reggeva più. L'abbraccio di Del Potro e le parole sussurrate in panchina hanno fatto il giro del mondo ("Ho cercato di trovare le parole giuste. Gli ho detto di stare calmo, di pensare alla sua famiglia e al suo bambino. Se c'è qualcuno che capisce le ferite sono io").
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Del Potro consola Almagro al Roland Garros 2017

Credit Foto Getty Images

Campione fuori e dentro il campo, rispettato da tutti, giocatori e addetti ai lavori. Mai un parola fuori posto. Capace di commuoversi e di commuovere, senza freni inibitori: come nel 2016, un lungo pianto post-vittoria con Thiem a Madrid dopo l'interminabile stop di due anni, quando sembrava che il peggio fosse alle spalle. Non era così. Il destino aveva in serbo altra sofferenza. Il tennis dà, il tennis toglie. E' ingiusto, ma è dannatamente bello provare a sfidarlo. L'argentino ha lottato come un leone, mostrando al mondo che se ami una cosa la insegui fino allo sfinimento. Te ne saremo per sempre grati, Juan Martin. Buena suerte.
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Il dramma sportivo di Del Potro: "Sto vivendo un incubo"

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