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Roger Federer lascia Stefan Edberg per Ivan Ljubicic, le ragioni di un addio a sorpresa

Mattia Fontana

Aggiornato 09/12/2015 alle 08:54 GMT+1

Dopo due anni molto soddisfacenti sul piano del gioco e dei risultati, lo svizzero ha annunciato l’addio al suo idolo d’infanzia per passare al 36enne croato senza però toccare il resto dello staff: proviamo a capirne di più

Roger Federer and his coach Stefan Edberg

Credit Foto Imago

Fino a qualche ora prima, i pensieri di Roger Federer parevano soprattutto diretti a Martina Hingis e al sogno di convincere la connazionale a prendere parte all’Olimpiade di Rio de Janeiro. Ma, evidentemente, il 34enne di Basilea aveva in mente anche altro. E, a testimoniarlo, è il messaggio pubblicato sulla propria bacheca Facebook nella serata di martedì. Poche parole che annunciano un cambiamento epocale. Federer cambia coach. Saluta Stefan Edberg e passa a Ivan Ljubicic. Già, ma perché?

La notizia: via Edberg, dentro Ljubicic

Partiamo dai fatti. Nella serata di martedì, Federer ha affidato alla propria pagina Facebook un messaggio che sa tanto di comunicato stampa. Edberg saluta dopo due anni di collaborazione e, al suo posto, entra Ivan Ljubicic. “Dopo due anni ricchi di successi, vorrei ringraziare Stefan Edberg, il mio idolo d’infanzia, per aver accettato di unirsi alla mia squadra – scrive Re Roger -. È stato un sogno ad occhi aperti. Anche se era previsto che rimanesse soltanto nel 2014, Stefan è stato eccezionale e ha accettato di estendere la partnership anche durante quest’ultimo anno, che ho molto apprezzato. Mi ha insegnato tanto e la sua influenza nel mio gioco resterà. Sarà sempre parte del mio team. Severin Luthi, con il quale lavoro dal 2008, continuerà a essere il main coach e con lui ci sarà anche Ivan Ljubicic. Sia Daniel Troxler, il mio fisioterapista, e Pierre Paganini, il mio fitness trainer da tempo, resteranno nella mia squadra tecnica”.
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Stefan Edberg e Roger Federer in allenamento

Credit Foto Imago

Toni distesi, ma la sorpresa resta

Dopo la notizia, resta soltanto spazio per le interpretazioni. Il dato di fatto è che, nonostante i toni distesi e affettuosi usati da Federer, la separazione sia sorprendente. Perché è vero: l’accordo tra i due era previsto per la durata di un anno ed era stato successivamente allungato in modo forse inatteso. Ma la situazione pareva piuttosto stabile, almeno quanto i benefici del lavoro con Edberg si erano delineati in modo nitido nel gioco dello svizzero lungo tutto l’arco del 2015. Dalla ricerca più insistente della rete alla geniale invenzione della SABR. E dunque? Non può trattarsi di una questione tecnica, pare piuttosto una decisione frutto delle esigenze di Edberg. Che, è bene ricordarlo, è fortemente impegnato nel settore imprenditoriale e non avrebbe mai accettato un incarico simile se non si fosse trattato di lavorare con Federer. Nessuna brusca rottura, soltanto questioni personali. Per quanto sia impossibile non restare sorpresi.
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Federer e Ljubicic a Indian Wells 2006

Credit Foto From Official Website

E, adesso, cosa può fare Ljubicic?

La prospettiva cambia in modo netto. Da un coach “idolo d’infanzia” come Edberg, Federer passa a un tecnico più vecchio di lui di soltanto due anni, uscito dal circuito da tre stagioni. Ljubicic, che ha da poco lasciato la guida di Milos Raonic a Riccardo Piatti, molto difficilmente potrà aggiungere nuovi tasselli al gioco dello svizzero. Semmai, può essere il coach dell’ultimo tratto di carriera per il trentaquatrenne Roger. Un tennista che ha vinto tutto, ma che vuole chiudere a testa alta. Passando dall’Olimpiade di Rio de Janeiro 2016 e, magari, guardando anche a un ultimo titolo dello Slam da mettere in bacheca in caso di distrazioni di Novak Djokovic. È come se Federer, dopo aver massimizzato il percorso di apprendimento con Peter Lundgren, Paul Annacone, Tony Roche e, appunto, Edberg, avesse ora bisogno di altro. Di un confermatissimo staff di amici che comprende il capitano di Davis, Luthi, e ora anche Ljubicic. Un coach emergente, da poco ex tennista. Ma soprattutto un confidente con il quale affinare non tanto gli aspetti tecnici (non perché Ljubicic non abbia nulla da insegnare, ma perché Federer ha ben poco da imparare), quanto quelli psicologici del gioco. E, magari, con cui mettere al fuoco il giorno migliore per spegnere le luci e salutare tutti. Un giorno che, comunque la si possa pensare, pare sempre più vicino.
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