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Quando non conta il titolo per diventare mito: Roberta Vinci e quella volta in cui batté la Williams

Simone Eterno

Aggiornato 15/05/2018 alle 08:55 GMT+2

Una finale tutta italiana e un tantino crudele, che regalò il titolo US Open 2015 a Flavia Pennetta... Dall'altra parte del campo c'era lei, Roberta Vinci, idolo delle folle per essere stata in grado di eliminare con una splendida semifinale l'allora imbattibile Serena Williams, che era lanciata a tutta la vittoria verso la conquista del Grande Slam. Grazie di tutto Robertina!

Roberta Vinci e Serena Williams, semifinale US Open 2015

Credit Foto Getty Images

Roberta Vinci saluta il tennis giocato: come annunciato, lo fa davanti al pubblico di Roma per un ultimo atto strappalacrime, quello di un ritiro romantico davanti alla gente che l'ha sempre amata, dopo una carriera incredibile in un periodo in cui il tennis italiano al femminile ha vissuto davvero un momento aureo e che ora rimarrà orfano di una giocatrice mai banale, capace di giocare un bel tennis e di accattivarsi le grazie del pubblico anche per un'innata simpatia.
Roberta ha vinto tanto, eppure il ricordo più vivo, quello che ha probabilmente ha segnato l'apice della sua carriera, è stato il momento in cui agli US Open 2015 ha battuto l'idolo di casa, Serena Williams, per andare a prendersi la finale tutta azzurra contro Flavia Pennetta.
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Roberta Vinci va ad abbracciare i giornalisti italiani dopo aver vinto contro Serena Williams

Credit Foto LaPresse

Il subbuglio creato da Roby a New York

A Flushing Meadows erano le 22. Roger Federer aveva appena finito la sua conferenza stampa, eppure la percezione che persino lo show dello svizzero fosse passato in secondo piano era chiaramente nell’aria. E non solo nei desk dedicati alla stampa italiana, completamenti presi d’assalto da colleghi alla caccia di informazioni, pronunce corrette, opinioni e aneddoti per i giornali da mandare in stampa. Nel Paese che più di ogni altro ha cavalcato lo stereotipo del sogno – The American Dream - Roberta Vinci aveva infranto quello della statunitense più attesa: dopo l’edizione con il minor appeal di sempre infatti, quello doveva essere il torneo di Serena Williams e del suo Grande Slam. Verrà ricordato invece, almeno dal punto di vista femminile, come il torneo del grande upset e della finale tutta italiana.

La generazione di fenomeni del tennis femminile

Più che una definizione quindi, la finale dell’Open degli Stati Uniti del 2015 portava con sé un concetto che si presenta palese nella sua forma finale: la sublimazione di una generazione di fenomeni. In un Paese schiacciato dal peso del calcio, uno sport-religione che fagocita masse e denari e restituisce fanatici e debiti, sotto gli occhi distratti degli italiani, in quegli anni si sono fatte conoscere quattro ragazze che hanno cambiato per sempre la storia di questa nobile disciplina nel Belpaese: Francesca Schiavone, Sara Errani, Roberta Vinci e Flavia Pennetta.
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2010 Fed Cup semifinali Italia Schiavone Pennetta Errani Vinci

Credit Foto Eurosport

Dal trionfo di Charleroi in casa della maestra Henin nel 2006 – primo vero colpo della racchetta rosa Made in Italy – fino alla finale di quel giorno, in 9 anni il tennis femminile italiano è arrivato a vette mai raggiunte prima. Quattro Fed Cup, tre finali consecutive al Roland Garros (Schiavone, Schiavone, Errani), due partecipanti ai WTA Champioship (Schiavone 2010, Errani 2012 e 2013, cui poi si aggiunse Pennetta proprio alla fine del 2015), un career slam in doppio (Errani-Vinci), una finale di un major tutta italiana (Pennetta-Vinci) e due titoli dello slam in singolare (Schiavone e Pennetta). Questi erano i numeri aggiornati alla finale di New York, numeri purtroppo destinati a non crescere più molto visto che la coppia di doppio Errani-Vinci è poi scoppiata, che dopo aver vinto gli US Open 2015 Flavia Pennetta si è ritirata e che le altre, in attesa di veder crescere senza grandi risultati Camila Giorgi sono poi fisiologicamente calate, com'era normale che fosse.
Ma se è vero che nello sport alla fine i conti tornano quasi sempre, non ci pare un caso che a chiudere questo ciclo siano dunque state proprio Flavia e Roberta. Due nate a 65 chilometri di distanza e che rispettivamente a 33 e 32 anni in quel momento si sono trovate di fronte all’appuntamento della vita. E che si sfidano costantemente – come ci ha ricordato la Vinci – da quando di anni ne avevano 12 e nei junior di Puglia e dintorni si battagliavano nelle finali (“che Flavia perdeva quasi sempre perché all’epoca era nevrotica in campo” cit. Roberta Vinci, 11 set. 2015).

Il torneo della Pennetta

Da una parte c’era Flavia. Quella Flavia che giusto due settimane prima rispondeva al suo fisio: “Una finale slam? Io? E quando mai!”. E invece eccoti servito il torneo più bello di sempre. Tredici giorni di Flavia Pennetta e tutte le sfaccettature delle campionessa qual era. La giocatrice in grado di non uscire al primo turno in una giornata contro Jarmala Gajdosova dove c’è stato solo da “mettersi in testa che non funzionava niente e stare lì a combattere”, a quella capace di impallinare Stosur, Kvitova e Halep tutte di fila; con la numero 2 al mondo in particolare annichilita dalla miglior Pennetta di sempre. Un torneo da protagonista assoluta, specie nella seconda settimana, e che se venisse assegnato ai punti come un match di boxe, proprio per quanto raccontato, sarebbe già in direzione Brindisi. Nessuna giocatrice ha infatti sfoderato la qualità e la continuità di Flavia in quelloo US Open. Proprio lei, che dopo l’infortunio non sapeva se e come sarebbe tornata… E che ogni anno sul suo futuro diceva “vediamo come sto dopo New York” e invece quella volta decise, dichiaratato il Game, set and match in suo favore, di ritirarsi in gloria, appendere la racchetta al chiodo, sposare il suo Fabio Fognini e pianificare una vita da mamma che ora si sta godendo appieno.

Il torneo della Vinci

Dall’altra Roberta Vinci. Il cammino di Roby era stato completamente diverso. Ma non per questo meno epico. In un lato di tabellone che presentava l’occasione della vita – il ritiro della Sharapova, le cadute al primo turno di Pliskova, Suarez-Navarro, Jankovic e Ivanovic – Roberta, a 32 anni, l’aveva colta. Mica scontato. Mica semplice. King, Allertova, Duque-Marino, il ritiro della Bouchard e Kiki Mladenovic. “Non male!” affermerà qualcuno. Certo, ma il mostro finale era l’invincibile Serena Williams… E quella valeva, prima della gravidanza, come tutte le altre insieme e nello stesso lato di campo. Battute a parte Roberta ha dimostrato un tempismo tutt’altro che scontato in quel torneo a New York; specie se consideriamo che prima dell’estate americana aveva avuto a che fare con il periodo di carriera più complicato di sempre.

Finale crudele, ma il ricordo dell'impresa della Vinci resta

E’ stata una finale crudele. Una delle due doveva uscire infatti per forza dall’Arthur Ashe consapevole di aver mancato la possibilità della vita. Eppure, per un’intera nazione, non è stato così. Mentre l'intero mondo ricorderà lo US Open 2015 come quello del Grande Slam sfuggito a Serena, in mezzo al Mediterraneo questo resterà per sempre il torneo della finale “Pennetta-Vinci”. E anche se sappiamo tutti com'è finita, forse il ricordo più intenso è proprio quello della seconda semifinale, quella in cui Roberta Vinci ha emozionato anche il pubblico di Flusching Meadows con le sue giocate geniali e con la voglia di accaparrarsi a sua volta gli applausi facendo anche un po' di show con quella caciara tipica di noi italiani in giro per il mondo, che siamo spesso tanto divisi ma che quando vediamo il tricolore ci sentiamo tutti fratelli. Roberta ci ha uniti con un tifo da stadio mai visto per il tennis sotto quel tricolore, che ha surclassato il drappo stars and stripes con un'emozione che difficilmente si potrà ripetere. Grazie di tutto, Robertina!
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Roberta Vinci US Open 2015

Credit Foto Getty Images

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