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Djordjevic uomo chiave per la Virtus Bologna in Champions League

Marco Arcari

Aggiornato 06/05/2019 alle 18:09 GMT+2

Al netto delle grandi prove dei singoli, il successo della Virtus in Basketball Champions League passa soprattutto dalla filosofia e dal pragmatismo di coach Djordjevic. Il tecnico serbo prosegue nel suo particolare feeling con le coppe (da giocatore 1 Coppa dei Campioni e 3 Korac), ma questa è la prima a livello continentale alla guida di un club.

Sasha Djordjevic posa con la Fiba Champions League Cup, Imago

Credit Foto Imago

Virtus Bologna, 10 anni dopo. A distanza di un decennio le V-Nere si sono aggiudicate un'altra coppa europea: nel 2009 fu l'EuroChallenge vinta ai danni dello Cholet, con il marchio impresso a fuoco da Keith Langford, allora MVP delle Final Four; quest'anno è invece la Basketball Champions League, con Punter a calarsi nelle vesti di assoluto protagonista (23.5 punti e 7.5 rimbalzi di media nelle Final Four di Anversa). Negli ultimi 18 anni nessun club italiano ha vinto più di un trofeo al di fuori dei confini nostrani; la Virtus è invece a quota 3, dimostrando di avere un feeling particolare con le competizioni europee o internazionali, senza dimenticare che questo trionfo permetterà alla squadra di coach Djordjevic di disputare anche la prossima edizione della Coppa Intercontinentale, sfidando, se il regolamento rimarrà invariato, anche i Rio Grande Valley Vipers, campioni in carica della G-League, la lega di sviluppo della NBA.

I fondamenti della pallacanestro di Djordjevic

Nella cavalcata trionfale della Virtus ad Anversa, un ruolo importante è stato svolto soprattutto dalla gestione tecnica di Djordjevic. Da giocatore playmaker sopraffino, con uno spirito competitivo innato, da allenatore un ruolo più posato, capace però di infondere ai suoi giocatori quella stessa tranquillità che, il 16 aprile 1992, gli consentì di segnare la tripla decisiva per permettere al Partizan Belgrado di laurearsi campione d'Europa ai danni della Joventut Badalona. Quel Partizan era allenato da un certo Zeljko Obradovic (9 volte vincitore della Coppa dei Campioni o EuroLeague), e dal santone serbo Djordjevic sembra aver appreso molto, confermando peraltro come grandi registi sappiano anche reinventarsi abilmente una volta passati dal parquet alla panchina. Anzitutto la fase difensiva, vera chiave del successo europeo. 50 punti concessi al Brose Bamberg in semifinale, 61 all'Iberostar Tenerife nell'atto conclusivo della manifestazione: dati impressionanti, specie se rapportati alle medie offensive tenute dalle due squadre avversarie nel corso di tutta la coppa (79.3 di media per Tenerife, 78.3 per il Bamberg). 80 minuti complessivi di clinic difensivo da parte dei bianconeri, capaci di limitare gli avversari ben più di quanto non potrebbero testimoniare le pessime percentuali al tiro da 3 (5/23 il Brose, 5/37 per Tenerife). Nella fase di non possesso a spiccare particolarmente è stato Cournooh, autodefinitosi come il "ministro della difesa" di questa Virtus ed elogiato più volte dal proprio allenatore per l'abnegazione e la qualità nella difesa.
Coach Djordjevic è stato poi abilissimo nel raccogliere l'eredità lasciata da Pino Sacripanti e nel plasmare la squadra soprattutto in termini di rotazioni. Piena fiducia nella colonia statunitense, con Martin a fare da collante tra le due fasi e M'Baye lasciato libero di tornare a essere quel gran realizzatore ammirato a Brindisi già qualche anno fa, ma anche rapporto complicato con Aradori. Il capitano ha però risposto con canestri fondamentali, soprattutto nella finale, nel momento in cui Djordjevic ne ha riconosciuto lo status di grande giocatore, concedendogli di giocatore le fasi più calde della sfida con Tenerife pur non avendolo prima inserito nel quintetto iniziale. Nelle rotazioni non sono stati però nemmeno sacrificati giocatori importanti, per caratteristiche e rendimento, quali Baldi Rossi, Kravic, Moreira, nel solco di quella finta libertà cestistica che è concessa ai singoli unicamente dalla volontà di un tecnico autoritario, preparato, competente e, al netto di tutto, vincente.
L'identità difensiva e la chiarezza nelle gerarchie sono aspetti che fanno la differenza anche quando Djordjevic è chiamato ad allenare la Serbia, nazionale infarcita di talento a 360 gradi, ma che, con lui alla guida tecnica, ha probabilmente trovato una coesione prima sconosciuta, utile a giocare una pallacanestro a tratti sublime. Alla Serbia manca solamente l'acuto decisivo dopo le 3 medaglie d'argento conquistate (Mondiali 2014, Giochi Olimpici 2016 ed Europei 2017), ma nel volgere di pochi mesi potrebbe presentarsi l'occasione più propizia, proprio iniziando dal Gruppo D del prossimo Mondiale, in cui una delle avversarie sarà peraltro la Nazionale azzurra di coach Sacchetti (oltre ad Angola e Filippine).

Kevin Punter, l'uomo della Champions League

Protagonista assoluto delle Final Four di Anversa, Punter è stato ulteriormente valorizzato dalla gestione di Djordjevic, quasi indicato come go-to-guy designato di una squadra comunque talentuosa e composta di altri ottimi realizzatori. La guardia nata nel Bronx ha risposto sfoderando 2 delle sue migliori prove stagionali e venendo eletto MVP della fase conclusiva. Impressionante il 9/12 da 3 messo insieme (4/7 contro Bamberg, 5/5 contro Tenerife), ma devastante soprattutto la capacità di leggere con qualche decimo di secondo d'anticipo gli adattamenti difensivi e punirli in qualsiasi modo, su azione o guadagnando viaggi in lunetta. Per Punter arriva così il 2° successo nella Basketball Champions League, vinta anche l'anno scorso quando vestiva la maglia dell'AEK Atene, ma questa affermazione ha un sapore decisamente diverso. Se l'anno scorso Punter aveva lasciato spazio ad altri compagni nell'atto conclusivo, ad Anversa si è invece preso la scena, giocando 2 partite da vera stella di un collettivo capace di assecondarlo ed esaltarlo al tempo stesso.

Le tempistiche del successo

Un trofeo è sempre un trofeo e va custodito gelosamente in bacheca. Non ha quindi senso privare di valore l'affermazione della Virtus ma, al contempo, non si può nemmeno usare il trofeo conquistato dalle V-Nere come parafulmine per quella che è la situazione attuale della pallacanestro italiana. A riprova di ciò, Bologna non disputerà i Playoff di Serie A, sebbene manchi ancora una giornata al termine della Stagione Regolare. L'affermazione europea avrebbe potuto forse costituire un precedente incoraggiante con cui affrontare la Post-Season di LBA, ma la formazione bianconera ha vissuto fin troppi alti e bassi e allora non le resta che guardare, con enorme ottimismo, al futuro più prossimo. Il patron, Massimo Zanetti, ha confermato di voler restare alla guida della società, rinforzandola ulteriormente per arrivare, passo dopo passo, a quello che è il suo obiettivo dichiarato: una finale scudetto contro l'AX Armani Exchange Milano. Ripartire da questo gruppo e da questo tecnico, inserendovi qualche aggiustamento, potrebbe rappresentare una scelta già vincente nel breve periodo.
Con la collaborazione del nostro inviato ad Anversa, Marco Barzizza.
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