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Basket, Eurolega: Il Real Madrid riapre la ferita: c'è nostalgia del Chacho e della vecchia Olimpia Milano

Daniele Fantini

Aggiornato 04/11/2022 alle 13:03 GMT+1

BASKET, EUROLEGA - La vittoria del Real Madrid nella partita del ritorno da avversario di Sergio Rodriguez mette a nudo le difficoltà sistemiche di una Milano lontana dagli standard dei primi tre anni della gestione di coach Ettore Messina. La difesa non morde, e la regia fatica a costruire gioco coinvolgendo l'intero gruppo.

Sergio Rodriguez al tiro contro Brandon Davies e Naz Mitrou-Long, EA7 Emporio Armani Milano-Real Madrid, Eurolega 2022-23

Credit Foto Getty Images

"È soltanto novembre, ma non riesco a ragionare così. Sono preoccupato. C'è un problema di fondo, legato alla fisicità sul perimetro, che non abbiamo. Serve più accortezza e decisione. Abbiamo vinto gare in trasferta che ci tengono a galla, ma servono passi in avanti. E velocemente" - coach Ettore Messina nel dopo-partita di Milano-Real Madrid.
La "Chacho Night" si apre con l'applauso più lungo, commosso e sentito della storia recente del Forum. Nessuno ha saputo entrare nel cuore dei tifosi dell'Olimpia come ha fatto Sergio Rodriguez nei suoi tre anni in biancorosso. Sono trascorsi meno di cinque mesi dalla sua ultima partita con la canotta dell'Armani, quella gara-6 delle finali-scudetto che gli ha permesso di chiudere la sua esperienza milanese con un titolo. Eppure, a rivederlo lì, salutare il pubblico al centro del parquet del Forum, sembra che quell'addio non si sia mai consumato. Perché la nostalgia di quel Chacho e di quella squadra è qualcosa di inspiegabile con semplici parole.

Una Milano lontana dagli standard del passato recente

La seconda sconfitta consecutiva ha livellato il record dell'Olimpia a 3-3, facendola scivolare fuori dalla zona playoff. È la peggior partenza nell'epoca di coach Ettore Messina, già segnata da due ko casalinghi. L'anno scorso, dopo 6 giornate, Milano era 5-1. Stesso record del 2019-20, coronato da una vittoria epica sul Barcellona. Due anni fa, nella stagione delle Final Four, era 4-2. Certo, è un campione di partite relativamente piccolo, quasi ininfluente su una regular-season lunghissima da 34 gare. Ma Milano, scollinato il primo mese di stagione, aveva sempre mostrato un volto differente. Quello di una squadra pronta, affamata, aggressiva. Quello che non si è visto nelle ultime due sconfitte contro Barcellona e Real Madrid, due potenziali rivali di livello F4.
Il Forum è stracolmo. Sono venuti in 12.500 per vedere il Real Madrid. Per rivedere il Chacho. Anche la curva si è riorganizzata, proponendo cori e coreografie. Ma la partecipazione generale è scarsa. Lontanissima parente dell'inferno delle finali-scudetto di giugno. La squadra non emoziona. Non scalda i cuori come quelle del passato. È forte, profonda, ha qualità. Ma in questo momento non ha un'anima. Non ha carattere. Non ha la capacità di coinvolgere e trascinare. I momenti del Chacho, quelli in cui guizzava sul parquet illuminando gli sguardi dei presenti, sono lontani, finiti, archiviati nel libro dei ricordi.

Difesa e regia, due lacune dolorose

Il Real Madrid segna 83 punti, 47 nel solo primo tempo. Nell'altra partita del Forum, l'Alba Berlino ne aveva realizzati 80. Sono numeri inusuali per una squadra di Ettore Messina, abituata a soffocare gli avversari a quota 60. Questa Olimpia è lontana dagli standard difensivi degli scorsi anni. Ha scarsa tenuta sul perimetro, dove pesa la mancanza di Shavon Shields. E ha meno collante generale, lontana da quel sistema semi-perfetto di rotazioni e aiuti che coinvolgeva gli interi quintetti. All'intervallo tira 12/16 da tre, per 50 punti complessivi. Ma il tabellone dice soltanto +3. Ed è evidente che, per quanto ritmi e punteggi alti siano sempre apprezzabili alla vista, c'è qualcosa di fondo che non funziona.
La mitragliata di triple del primo tempo maschera lacune strutturali, di gioco e sistema. Il cervello della squadra è ancora annebbiato. Kevin Pangos firma il suo season-high in maglia Olimpia con 21 punti e 5/9 da tre. Ma gioca un basket a sé stante, fatto di individualismi, senza dettare ritmo e coinvolgere i compagni. Dalla panchina, Naz Mitrou-Long firma uno dei debutti in Eurolega più cinematografici della storia. Sbaglia tutto, poi segna tutto, poi torna a sbagliare. Consuma possessi a ripetizione, tra canestri segnati, tiri errati, palle perse e assist serviti. Il suo usage (possessi gestiti e conclusi in prima persona) è stellare. Ma il concetto di sistema resta sul fondo, quasi sbiadito. Finché quelle triple entrano, Milano resta avanti. Ma poi si accorge di non avere altro da mettere sul piatto. L'epoca del Chacho che coinvolgeva tutto e tutti è lontana.
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