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Basket, Eurolega: Milano cerca un leader ed emozioni: quanto manca Sergio Rodriguez

Daniele Fantini

Aggiornato 15/10/2022 alle 18:40 GMT+2

BASKET, EUROLEGA - La partita persa contro l'Alba Berlino ha mostrato un'Olimpia scarica a livello emotivo e incapace di trovare un grande leader in campo. La squadra, molto rinnovata, deve ancora trovare amalgama e chimica, ma il vuoto lasciato dall'addio di Sergio Rodriguez, trascinatore tecnico e sentimentale, sarà impossibile da colmare.

Sergio Rodriguez, AX Armani Exchange Milano, Serie A 2021-22

Credit Foto Getty Images

"Sembriamo un po’ contratti, non capisco il motivo, dobbiamo avere più cattiveria agonistica, giocare senza pensare che si possa sbagliare. Oggi abbiamo scelto un quintetto con Kevin Pangos e quattro giocatori dell’anno scorso, ma in attacco siamo stati asfittici" - coach Ettore Messina nel post-partita di Olimpia Milano-Alba Berlino.
Messina non sceglie parole a caso. "Contratti" è quella che ritrae al meglio la Milano doppiata e precipitata a -17 (16-33) dopo una dozzina di minuti di gioco. Ed è anche quella che definisce alla perfezione l'atteggiamento generale di una squadra che non ha mai dato la vera impressione di poter realmente rimontare e vincere la partita. Anche con quel parzialone infilato nel quarto periodo e il tiro del possibile successo sbagliato da Nicolò Melli sulla sirena.
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I giocatori dell'Alba Berlino festeggiano durante la partita vinta contro l'EA7 Emporio Armani Milano, Eurolega 2022-23

Credit Foto Getty Images

Le prime uscite di campionato e il debutto di Lione, seppur vincenti, hanno sempre lasciato in eredità un retrogusto strano. La squadra, molto cambiata dalla scorsa stagione in tanti ruoli-chiave, ancora squadra non è. E l'Europeo, che ha sostanzialmente separato il gruppo azzurro dal resto, ha inciso in maniera negativa sulle tempistiche di costruzione e amalgama. In questo momento, mancano leadership, coralità e struttura. Detto in altre parole, manca una figura di esperienza, qualità e peso assoluto in regia.
Che l'addio di Sergio Rodriguez fosse una ferita durissima da rimarginare era già scritto da mesi. Il Chacho, nella sua versione milanese, non è stato soltanto uno dei giocatori più decisivi, determinanti e spettacolari visti nell'era recente. Ma, anche e soprattutto, l'anima pulsante della squadra. Un leader tecnico in campo. Un leader vocale e caratteriale in spogliatoio. Un trascinatore emotivo di compagni e pubblico, anche nei mesi bui della pandemia, quando l'Olimpia si poteva vedere soltanto in TV o da una manciata di spettatori dispersi nel vuoto delle gradinate del Forum. Rodriguez esprimeva desiderio nobile di competere e vincere. Ma sprizzava anche pura gioia per il gioco. Si divertiva. Faceva divertire i compagni. Li metteva in ritmo. Sapeva come prendersi cura di ognuno di loro.
Trovare una figura di questo tipo per colmare il vuoto era un'impresa impossibile. Il Chacho è giocatore e persona unica nel suo genere. Inimitabile. Insostituibile. E l'impatto avuto sulla squadra in questi tre anni, conclusi con uno scudetto e il ritorno alle Final Four nel 2021, è ancora più evidente oggi. Davanti al vuoto doloroso della sua assenza. Contro l'Alba, si è vista la Milano orfana del Chacho. Alla disperata ma impossibile ricerca di qualcuno che potesse accenderla d'improvviso, come faceva lui. Che se la caricasse sulle spalle, che si prendesse il palcoscenico con il pallone in mano e gli occhi guizzanti in ogni direzione, affamati di una direttrice di penetrazione a canestro o di una linea di passaggio per un assist visionario. Giocate da highlight e da riflesso emotivo enorme.
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Kevin Pangos, Shavon Shields, Brandon Davies, Kyle Hines, EA7 Emporio Armani Milano, Eurolega 2022-23

Credit Foto Getty Images

Kevin Pangos è un giocatore con pedigree di razza, intendiamoci. Ma non ha l'aspetto viscerale del Chacho. Non ha il suo stesso carisma. Non ha le sue stesse illuminazioni. E servirà tempo perché si ritagli, anche a Milano, lo stesso ruolo di grande stratega che aveva allo Zenit San Pietroburgo. Letale sì, ma in un contesto di basket estremamente compassato. Oggi è un giocatore di enorme talento. Lo dimostra la tripla vincente segnata contro l'Asvel dopo una lunga serie di errori. Così come la mitragliata che ha permesso all'Olimpia di artigliare un overtime che sembrava ormai un miraggio. Ma che gioca ancora su un piano differente rispetto a squadra e compagni. Tanti palleggi, poca costruzione, poco ritmo. E allora, ecco che quella Milano "contratta e asfittica", come definita da Messina, torna d'attualità.
Billy Baron, eroe di Lione, può agire alla bisogna. Ma non è un playmaker, un creatore di gioco. È sempre stato un terminale. E Naz Mitrou-Long, ancora fermo ai box per l'infortunio sofferto in Supercoppa, è lontano dalla figura di ragionatore e costruttore. È attaccante d'istinto, di flusso e talento, più propenso nel creare dal palleggio che nel gestire squadra, compagni e situazioni. Attenzione, però. Ben vengano giocatori con questo tipo di caratteristiche, mancate alla Milano degli scorsi anni, tendente alla prevedibilità perimetrale. E tra qualche settimana, quando ogni pezzo avrà trovato la sua giusta collocazione, i miglioramenti a livello tecnico e tattico saranno evidenti. Ma quella spruzzata di intangibles puramente emotivi che Rodriguez sapeva dare, quella no. È destinata a essere una splendida pagina del grande libro dei ricordi.
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