Eurosport
Brasile-Germania 1-7 un anno dopo, la perdita dell’aura verdeoro
Di
Pubblicato 08/07/2015 alle 08:28 GMT+2
Esattamente dodici mesi fa si consumava il "Mineirazo", la tragedia di un popolo che rischia di rappresentare una svolta negativa nella storia del movimento calcistico verdeoro (foto LaPresse)
David Luiz Brasile Germania 2014 AP/LaPresse
Credit Foto LaPresse
Affidarsi a una data per spiegare un evento, rischia spesso di tramutarsi in una semplificazione indebita. Eppure, certe volte, non si può fare a meno di riferirsi a un momento specifico per trovare una rottura definitiva tra tutto ciò che è stato prima e tutto ciò che sarebbe venuto dopo. La scoperta dell’America, la caduta del muro di Berlino e, per rientrare nel nostro seminato, Brasile-Germania 1-7. La partita disputata esattamente un anno fa (8 luglio 2014), una sfida che rischia di essere già divenuta uno spartiacque nella storia del calcio verdeoro.
Come andarono le cose
La storia è arcinota. Il Brasile torna a ospitare il Mondiale a 64 anni di distanza dall’ultima volta, si presenta in pompa magna dopo una Confederations Cup vinta sulle ali dell’entusiasmo e, passo dopo passo, si accorge delle proprie debolezze. Un gioco eccessivamente incentrato sull’unica vera stella (Neymar), l’assenza di una prima punta di valore (Fred titolare…) e una difesa che fa affidamento sull’esperienza di Thiago Silva per mascherare un disequilibrio generale. Di riffa o di raffa (qualche aiutino al debutto con la Croazia, la rocambolesca vittoria ai rigori sul Cile negli ottavi e il tiratissimo successo sulla Colombia nei quarti), la Seleçao di Felipe Scolari arriva in semifinale. Ma, giunti al momento del dunque, restano fuori Neymar per l’infortunio causato dall’incredibile ginocchiata di Zuniga e Thiago Silva per la squalifica causata da un giallo sciocco nei quarti. Dall’altra parte, poi, c’è una Germania che scalpita. Se l’è vista brutta negli ottavi contro l’Algeria, ma ha acceso i fari battendo la Francia nei quarti. E, con una certa normalizzazione tattica data dal ritorno di Lahm sulla fascia, aspetta al varco i padroni di casa al Mineirao. Da un lato la squadra di un popolo, che si emoziona fino alle lacrime cantando l’inno nazionale. Dall’altro la squadra, la Mannschaft della maturità di Joachim Loew. Come va a finire lo sappiamo tutti. 5-0 per la Germania dopo 29’, 7-0 al 79’ e gol della bandiera concesso a Oscar allo scadere. La sconfitta interna più larga di sempre per il Brasile, il primo ko entro i confini nazionali dopo 38 anni e 64 partite. Se il Mondiale 1950 aveva lasciato in dote il “Maracanazo”, il 2014 ha portato con sé il “Mineirazo”. Una debacle che non poteva non avere conseguenze.
/origin-imgresizer.eurosport.com/2015/07/07/1633944-34676703-2560-1440.jpg)
Lahm su Brasile-Germania 1-7
Credit Foto Eurosport
Cosa è accaduto dopo
Lo scossone si fa sentire. Scolari ci pensa su e alla fine si dimette, in panchina torna Carlos Dunga, epurato per un calcio troppo difensivista e per l’eliminazione ai quarti rimediata quattro anni prima in Sudafrica. Si fa da parte qualche senatore, Neymar diviene sempre più la stella e tutto sembra ripartire con 11 vittorie di fila. Già, peccato che poi tutto crolli nuovamente in Cile, lì dove pochi giorni fa si è conclusa la Copa America. Prima sconfitta della nuova gestione nel secondo match contro la Colombia, Neymar squalificato per il resto del torneo ed eliminazione nei quarti, ai rigori contro il Paraguay esattamente come quattro anni prima. Il gigante non si è ancora svegliato, continua a dormire in sonni per nulla beati.
/origin-imgresizer.eurosport.com/2015/06/18/1617081-34339267-2560-1440.jpg)
Neymar contro la Colombia, Copa America 2015
Credit Foto AFP
L’astinenza continua
Come detto, alcune date finiscono per divenire storiche loro malgrado. Sono innanzitutto l’eruzione epidermica di un lavorio durato anni in profondità. Anche per il Brasile il “Mineirazo” non è altro. Basta ripercorrere l’albo d’oro degli ultimi 15 anni di Seleçao – escludendo dal conteggio le Confederations Cup - per capirlo. L’ultima vittoria è la Copa America del 2007, con Dunga in panchina. L’ultimo Mondiale quello del 2002, con Scolari ct. Per il resto, soltanto la Copa America del 2004, un’eliminazione in semifinale (Mondiali 2014) e tre ai quarti (Mondiali 2006 e 2010, Copa America 2011 e 2015). Otto anni senza vittorie di rilievo non costituiscono un record, basta pensare che nel dopoguerra vi furono 19 anni di astinenza tra il Mondiale del 1970 e la Copa America del 1989. Ma danno comunque la dimensione di un movimento che se non è entrato in crisi, di certo vive una fase di transizione. Sul fronte interno, la competizione è aumentata esponenzialmente e ha sfavorito le maxi-potenze (l’Argentina, tra Mondiali e Copa America, non vince nulla dal 1993). Però c’è altro.
I piazzamenti del Brasile negli ultimi 15 anni (esclusa la Confederations Cup):
| ANNO | COMPETIZIONE | PIAZZAMENTO |
| 2002 | Mondiali | 1° |
| 2004 | Copa America | 1° |
| 2006 | Mondiali | Eliminato nei quarti |
| 2007 | Copa America | 1° |
| 2010 | Mondiali | Eliminato nei quarti |
| 2011 | Copa America | Eliminato nei quarti |
| 2010 | Mondiali | Eliminato in semifinale |
| 2015 | Copa America | Eliminato nei quarti |
La crisi tecnica e ideologica
I problemi del Brasile, gli stessi che hanno portato al Mineirazo e stanno minando la “ripartenza” verdeoro, sono fondamentalmente due. Da un lato c’è la questione di fondo, il mancato ricambio generazionale dopo l’era dei Cafu, Roberto Carlos, Ronaldo, Rivaldo e Ronaldinho. Talenti dal valore stratosferico che non sono stati rimpiazzati degnamente, come testimonia l’involuzione del centravanti della “canarinha”. Come si sia passati da Ronaldo a Diego Tardelli passando per Fred è difficile da spiegare. Il secondo problema, invece, è ancora più inquietante. Si tratta della questione ideologica. Perché il Brasile di una volta poteva anche non vincere (è accaduto a due Seleçao eccelse come quella del 1982 e quella del 2006), ma riusciva comunque ad affascinare. Ora, invece, non solo non trionfa. Non riesce nemmeno ad accendere la scintilla nei cuori dei tifosi neutrali. E fu così che il Brasile perse molto più di un Mondiale, di una Copa America e di un’incredibile semifinale contro la Germania. Se ne è andato il tocco magico, l’aura è perduta. Tornerà mai?
Contenuti correlati
Pubblicità
Pubblicità