Sport popolari
Tutti gli sport
Mostra tutto

Jurgen Klopp, la bella rivalsa del 'perdente di successo'

Simone Eterno

Aggiornato 02/06/2019 alle 10:51 GMT+2

Nella notte di Madrid il tecnico del Liverpool vince la prima grande finale della sua carriera dopo 6 sconfitte. Da oggi il tedesco mette a tacere ogni ragionevole dubbio: oltre a essere bravo, sa anche vincere.

Obenauf: Jürgen Klopp nach dem Finale

Credit Foto SID

dall'inviato a MADRID - “Ho finito più calmo di quanto pensassi”. La cronaca è questa. Stretta di mano, ancora prima del triplice fischio, a Mauricio Pochettino. Poi, quella al quarto uomo UEFA. Un attimo dopo, l’ufficialità degli eventi. La gioia, le lacrime, i giocatori del Liverpool a terra nella loro estasi sportiva; quelli del Tottenham, altrettanto, per il sentimento opposto. Jurgen Klopp si gira, si tocca il cuore, manda un bacio a qualcuno in tribuna e poi cammina, quasi spaesato, per il campo. Lo fa per uno spazio temporale di 5 secondi, non di più. Ma è un tempo che appare infinito, dilatato, come in una dimensione distorta in cui Klopp si spoglia dell’etichetta di perdente, rivive le 6 precedenti finali sfuggite, si fa una risata, e si consegna alla festa.
Già, perché da stasera, oltre a essere bravo, Jurgen Klopp diventa anche uno che ha vinto. E come ha vinto. Non tanto con lo sfoggio di superiorità nell’ultimo atto, decisamente in tono minore rispetto alle precedenti recite, quanto nel corso di una stagione che tra Premier League e Champions League è stata semplicemente straordinaria. Degli storici 97 punti, si è già discusso. Klopp se li portava appresso come una medaglia d’argento prestigiosa sì, ma pesante da dover indossare. Secondo, ancora una volta, con la pacca sulle spalle del bel gioco. Eppure, il destino – perché questa è stata la finale dei destini, da una parte e dall’altra – aveva in mente per lui qualcosa di differente. La redenzione, ad esempio, con quel curioso dio del calcio che la penna di Brera definì Eupalla. Uno in grado, per intenderci, di metterti in porta l’anno prima la peggior disgrazia di sempre nella storia delle finali europee – Loris Karius – e di regalarti, l’anno dopo, nella città della squadra a cui Karius aveva gentilmente omaggiato l’ultimo atto di Kiev, un calcio di rigore per un braccio largo dopo 23 secondi. Ventitré.
picture

Moussa Sissoko a terra dopo il fallo di mano da rigore commesso dopo solo 23 secondi di partita!

Credit Foto Getty Images

Un tizio curioso, insomma, quello che dall’alto muove le redini del pallone. Uno che per una vita ha lasciato incollata su due degli attuali migliori allenatori del mondo del calcio l’etichetta di ‘perdenti’, e poi ha deciso di levarla a entrambi in meno di una settimana. Dopo Sarri, anche Klopp. Che per una notte senza il gioco brillante che l’ha sempre contraddistinto, si ricorderà anziché del palleggio – sempre in mano, di fatto, agli avversari – della propria fase difensiva, impeccabile come mai in questa lunghissima stagione dei Reds. Già perché anche se questa volta non ha fatto brillare le pupille degli esteti, il tedesco non doveva dimostrare più nulla. Dalla vittoria a Monaco di Baviera, nel ritorno degli ottavi di finale dopo il delicato 0-0 di Anfield, a un 4-0 al Barcellona già storia di questa competizione. Il suo Liverpool aveva già trionfato lì, in una settimana in cui i suoi erano stati chiamati a vincere tutto per rimanere attaccati a qualcosa... E che tutto hanno vinto, mettendo il City sotto pressione e conquistandosi l’insperato volo per Madrid.
picture

Jurgen Klopp e Momo Salah dopo il 4-0 del suo Liverpool che ribalta il 3-0 del Barcellona nella semifinale d'andata. 'Mai mollare', recita la maglia

Credit Foto PA Sport

E così, al termine di questo straordinario cammino, in un ultima tappa sofferta ma paradossalmente alla fine mai in discussione – pochi, se non un paio, gli interventi degni di nota di Alisson – Klopp è rimasto davvero più calmo di quanto pensasse, come dichiarato a fine partita in conferenza stampa. Non ha nemmeno caricato la sua gente con la consueta esultanza a pugno-ritmato che fa impazzire la Kop. O meglio, non l’ha fatto finché i suoi ragazzi non sono andati a prenderlo di peso – mentre mesto-mesto se ne stava quasi in disparte – e l’hanno portato sotto il settore rosso del Metropolitano per il lancio di gloria che più di ogni altra esultanza ha esalato la folla del Liverpool.
picture

Jürgen Klopp portato in trionfo dai suoi ragazzi nella notte di Madrid: finale Champions League 2019: Tottenham 0, Liverpool 2.

Credit Foto Getty Images

Se l’è goduta così Jurgen Klopp: genuina, schietta, sincera. Come la sua persona del resto, che dalla versione privata a quella pubblica non scinde quasi mai. Fedele alla regola non scritta dei migliori allenatori: se si vince è merito dei ragazzi, se si perde è colpa del tecnico. Qualcuno gliel’ha anche ricordata in sala stampa; lui si è fatto uno dei suoi fotogenici sorrisi e ha risposto:
La responsabilità mi sta bene, conosco questa cosa, è parte del gioco e mi piace. Sono sollevato però. Soprattutto per la mia famiglia, a cui sono molto legato, e che dopo 6 volte finalmente potrà venire in vacanza senza quella sensazione sgradevole della medaglia d’argento.
Già perché adesso è proprio ufficiale: Jurgen Klopp è Campione d’Europa. E da stasera, anche per gli ultimi ritardatari che ancora non se n’erano accorti, entra in un’altra dimensione.
Più di 3 milioni di utenti stanno già utilizzando l'app
Resta sempre aggiornato con le ultime notizie, risultati ed eventi live
Scaricala
Condividi questo articolo
Match collegati
Pubblicità
Pubblicità