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Tottenham e Ajax: le deliziose anomalie del calcio contemporaneo

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DaEurosport

Pubblicato 29/04/2019 alle 16:36 GMT+2

Una contro l'altra in semifinale di Champions League, Tottenham e Ajax sono le due sorprese di questa edizione non solo per i risultati sul campo, ma anche per l'anomalia che le accomuna: l'essere riuscite ad arrivare così avanti spendendo così poco. Seppur per necessità diverse, Spurs e Lancieri sono un unicum. La cui però ricetta di fondo ritorna a un dibattito vivissimo anche in Italia...

Son Heung-min, Dusan Tadic, Tottenham-Ajax, Getty Images

Credit Foto Getty Images

Se in Italia, con i battibecchi televisivi del weekend, è tornato prepotentemente di moda l’eterno dilemma gioco o risultato, l’Europa pare correrci in aiuto con la semifinale di Champions League meno nobile, ma probabilmente più ricca di contenuti: Tottenham-Ajax. All'eterno dilemma 'gioco o risultati?', la formazione di Pochettino e quella di Ten Hag sembrano essere una versione calcistica riadattata della teoria del Mark Renton di Irvine Welsh: hanno scelto di non scegliere. Perché scegliere quando si possono avere entrambi?
Già, Tottenham e Ajax rappresentano una versione clamorosamente alternativa – e per questa ragione affascinante – del calcio contemporaneo. E questo non certo per le loro filosofie sul campo. Quelle sono sicuramente modernissime e senza dubbio legate a qualità delle giocate, pressing, impostazione dal basso e automatismi offensivi di squadra; che sono poi la ragione per cui entrambe sono arrivate in semifinale a discapito di ben altre corazzate legate a un’idea più arcaica...
L'anomalia, dicevamo, è più che altro nella costruzione di due rose che rappresentano al momento una specie di unicum nel panorama recente della Champions League. Da un lato il Tottenham, che nelle ultime due sessioni di mercato non ha speso una singola sterlina; dall’altro l’Ajax, che i giocatori se li è costruiti in casa.
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Ajax-Vitesse - Eredivisie 2018/2019 - Getty Images

Credit Foto Getty Images

Tottenham-Ajax si palesa dunque come un’eccezione del calcio moderno, dove la fantasia e i sogni dei tifosi paiono essere stimolati più dalle sessioni di calciomercato che dalle giocate sul campo dei propri campioni. E da questo punto di vista è senza dubbio la semifinale più ‘low-cost’ della storia recente di questa competizione. Diverse, però, sono le ragioni di fondo che hanno portato i due club a intraprendere questa strategia del fare di necessità, virtù.
TOTTENHAMAJAX
Età media rosa2723,9
Nazionali2013
Acquisti (2018/19)0 €50,65 milioni €
Cessioni (2018/19)0 €17,5 milioni €
Valore rosa835,5 milioni €420,1 milioni €
* Dati Transfermarkt

Tottenham, la spending-review è un obbligo

Quello del Tottenham è chiaro a tutti; e sarà comprensibile ancora una volta nello spettacolo in cui assisteremo martedì sera dentro il nuovo impianto. Gli Spurs sono di fatto bloccati sul mercato ormai da due sessioni per un semplice motivo: i 600 milioni circa di debito da dover ripagare alle banche nei prossimi anni. Il nuovo impianto era una necessità del club per poter cambiare definitivamente il proprio blasone, e si sono dovuti fare dei sacrifici. Il Tottenham ha infatti il privilegio di poter giocare nel campionato più ricco del mondo e nel passato aveva più volte dimostrato di poter attingere senza problemi al portafogli. Il particolare momento ha imposto però di adottare temporaneamente un’altra filosofia – quella della spending review – possibile però grazie anche a una rosa giovane e già di estrema qualità.
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Christian Eriksen e Dele Alli, due delle stelle a basso prezzo che è stato in grado di pescare e poi far crescere il Tottenham di Pochettino

Credit Foto Getty Images

Colpi come Dele Alli, Son, Eriksen, sono arrivati negli anni precedenti e a cifre contenute. Pochettino ha potuto così costruire il suo lavoro proprio su quelli, permettendo al Tottenham di intraprendere l’utopia di ogni imprenditore calcistico: ottenere grandi risultati spendendo poco. Una strategia che gli Spurs, chiaramente, non potranno permettersi ancora a lungo se vorranno rimanere in alto in una lega così competitiva, ma che in questo determinato periodo storico del club si è palesata come il più calzante degli abiti di sartoria.

Ajax, il credo è lo stesso di sempre: produzione propria

Quello dell’Ajax, invece, è un discorso che ormai ripetono anche i muri. Ad Amsterdam da sempre si crede a una sola filosofia: la propria. I giocatori vengono costruiti in casa o in alternativa pescati giovanissimi in varie parti dell’Olanda o delle sue economie satelliti. Il resto lo fa un sistema collaudato, che al tempo stesso però non ne garantisce la continuità di rendimento. Già si è sottolineato come i Lancieri mancassero da un quarto di finale di Champions da 16 anni; aggiorniamo il dato con una semifinale che non si vedeva dall’edizione 1996/97, quando si arresero proprio a quella Juventus da cui di recente si sono vendicati.
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de Ligt - Juventus-Ajax - Champions League 2018/2019 - Getty Images

Credit Foto Getty Images

Per arrivare a tutto ciò l’Ajax, ma soprattutto il suo pubblico, ha dovuto attendere e attendere. E ancora attendere. E poi inghiottire bocconi amari, con le partenze di talenti strappati via dalla casa madre quando non ancora definitivamente formati. L’Ajax infatti è stata una delle società che più ha dovuto convivere con le dure regole del calcio moderno, dove lo ‘sciacallaggio’ degli abili procuratori finisce spesso per fare danni soprattutto in una categoria: quella dei giovanissimi. Allettati dai primi denari, tanti ragazzi sono partiti alla volta soprattutto dell’Inghilterra convinti di poter essere le prossime stelle. Spesso, però, si sono ritrovati poi nelle serie inferiori o, quando è andata bene, nel fare percorso inverso a casa.
Un fenomeno a cui è riuscita a sopravvivere l’ultima infornata di talenti (fin qui trattenuta ad Amsterdam anche grazie e a figure dal peso specifico importante come Edwin van Der Sar), una generazione che ha poi finito per incantare l’Europa in questa edizione della Champions. Oltre a questo enorme merito, la rinnovata dirigenza dell’Ajax ha saputo abbinare intelligenti mosse di mercato per creare la chimica giusta tra la spavalderia della sua idea di calcio e l’esperienza poi da applicare dentro una partita: Blind e Tadic i due ingredienti chiave della ricetta da questo punto di vista.
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Edwin van der Sar, l'ex portiere di Juventus e Manchester United. Dal 2012 direttore marketing dell'Ajax. Dal 2016 promosso direttore generale del clu

Credit Foto Getty Images

Il minimo comun denominatore: le idee

Il resto, da una parte e dall’altra, l’hanno fatto le idee. Applicate su una base solida di talenti e ripetute allo strenuo – soprattutto quelle degli olandesi – i movimenti si sono trasformati in filosofie; e le filosofie in uno stile ben definito. Un amalgama di complicatissima creazione, dove tutti gli elementi necessari al successo si sono allineati al momento giusto: la lungimiranza delle società, la base di giocatori su cui lavorare, l’allenatore giusto, l’incontrollabile meccanica degli eventi. Una ricetta talmente complicata da apparire quasi irripetibile per il futuro. Tottenham-Ajax appare così come un’anomalia del calcio moderno. Nel cui comune denominatore, però, torna evidente un’indicazione: quello dello stile, della qualità, del coraggio e del collettivo sopra ai singoli e al pragmatismo. E questo, no. È tutt’altro che un fatto casuale.
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