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Champions League, nessuno ai quarti come nel 2016: i motivi del flop italiano

Carlo Filippo Vardelli

Aggiornato 18/03/2021 alle 13:01 GMT+1

CHAMPIONS LEAGUE - Come nell'anno dell'ultimo Europeo, la storia si ripete. L'Italia non porta nessuna rappresentante tra le migliori otto d'Europa. È l'ennesimo passo indietro del nostro calcio, che non può più nascondersi dietro i fasti del passato.

La disperazione di Federico Chiesa nella serata tremenda di Juventus-Porto, costata ai bianconeri il passaggio ai quarti di Champions per il secondo anno di fila

Credit Foto Getty Images

"Fate tre passi indietro con tanti auguri". Questa frase, che potete trovare sul cartoncino degli imprevisti durante una partita di Monopoli, è la perfetta sintesi della situazione del calcio italiano, che anche quest'annno non porterà le proprie rappresentanti nei quarti di finale della Champions League (quarta volta negli ultimi 15 anni). Dall'ultimo grande ciclo del Milan Ancelottiano - when we were kings -, l'industria pallonara è in fase di recesso. Certo, ci sono stati degli exploit (Inter 2010, Juventus 2015,2017), ma da quando abbiamo iniziato a vivere di ricordi, il presente è diventato insopportabile.
ANNOMIGLIOR RISULTATO
2007Milan-Vittoria
2008Roma-Quarti di finale
2009Nessuno ai Quarti
2010Inter-Vittoria
2011Inter-Quarti di finale
2012Milan-Quarti di finale
2013Juve-Quarti di finale
2014Nessuno ai Quarti
2015Juve-Finale
2016Nessuno ai Quarti
2017Juve-Finale
2018Roma-Semifinale
2019Juve-Quarti di finale
2020Atalanta-Quarti di finale
2021Nessuno ai Quarti
Come avete appurato nella tabellina, negli ultimi 15 anni c'è stato (e c'è tutt'ora) un chiarissimo problema di continuità nel rendimento europeo. È una fossa che ci siamo scavati con le nostre mani. Dal 2007 in avanti. Senza sosta. Talmente profonda che nemmeno la luce si vede più.
I problemi, sostanzialmente, risiedono in due ordini di lettura: quello filosofico e quello tecnico-tattico. Per tanti anni, l'Italia è stata come la nave scuola: se volevi affermarti come tecnico e come giocatore, dovevi venire da noi. Una sorta di regola non scritta - ma vera - che ha irrobustito la coscienza calciofila del nostro paese, creando dei veri e propri mostri filosofici. Quante volte nella discussione contemporanea sentite frasi come: "Eh, ma contro le difese italiane sarebbe tutta un'altra cosa", oppure: "A livello tattico siamo ancora i migliori". Come dite? Tante? Ecco, tutte blasfemie.
Il calcio di oggi non è più legato al concetto del "pensiamo a non prenderlo e poi qualcosa là davanti succede". Pensate a De Zerbi e Gasperini, due fra i tecnici più europei del nostro campionato, oppure a Fonseca, che in poco tempo ha trasformato la Roma in una contender per l'Europa League. Vi sarete chiesti come mai vanno così bene in Europa (De Zerbi non c'è, ma prima o poi ci arriverà). Sarà tutta fortuna? Ovviamente no.
Sono tre dei più grandi esponenti della modernità nel nostro paese. Hanno preso il meglio del calcio europeo e lo hanno mischiano alla loro filosofia progressista - che non vuol dire non difendere o rifiutare la praticità - per lavorare sull'identità ed estrarre il meglio dai propri giocatori. Se Romero è diventato uno dei migliori difensori del campionato, se Caputo è tra i papabili convocati per l'Europeo e se Spinazzola sta rendendo come mai prima d'ora, non credo si possa parlare di fortuna.
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La disperazione di Cristiano Ronaldo, Juventus-Porto, Getty Images

Credit Foto Getty Images

Un problema tecnico

Dopo l'eliminazione contro il Real Madrid, Gasperini ha detto che la sua squadra ha sofferto dal punto di vista tecnico. La supremazia dei Blancos - seguendo anche le parole di Luis Muriel - per alcuni tratti è stata addirittura spaventosa. L'allenatore di Grugliasco ha detto: "I passaggi sono il linguaggio di una squadra, e se non trasmetti bene non parli bene. Il livello tecnico e la velocità di esecuzione che incontriamo in Europa sono superiori a quelle del campionato italiano". All'Atalanta non è mancata "la gamba" o la mentalità, ai nerazzurri è mancata la precisione nei passaggi, la qualità negli spazi stretti.
Il Real Madrid ha corso meno rispetto ai bergamaschi (108km vs 109km) - i Blancos sono addirittura andati sotto media stagionale - però, come gli succede spesso, hanno avuto il 56% di possesso palla con una precisione dell'88%. Hanno saputo dettare il contesto. Il modo in cui hanno depotenziato l'Atalanta è stato fin fastidioso, ma tremendamente pedagogico per capire la strada da cui ripartire. Continuare a parlare di costruzione dal basso, facendolo passare come un problema nazionale, è un tentativo di nascondere il vero elefante nella stanza. All'Italia mancano dei giocatori (e degli allenatori) che sappiano dettare un contesto tecnico. Che facciano cultura.
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Eliminazioni diverse

Quelle del calcio italiano sono state 4 eliminazioni diverse, ma (quasi) tutte accomunate da una sorta di arretramento calcistico. Come a dire che se usciamo sappiamo già il perché. Leaspettative più alte erano riposte nei mangia-prato bergamaschi, ma i nerazzurri si sono arresi davanti ad una squadra più forte. Fabio Capello ha detto che "si aspettava di più", e forse ha anche ragione, ma la scoppola di Valdebebas rientra in un gigantesco "ci sta". È stato un affare tecnico, di campo, e quindi possiamo accettarlo.
Lo stesso discorso si può fare per la Lazio, che nell'oceano dei pesci rossi ha pescato il piranha più cattivo. Anche in questo caso, la sconfitta dev'essere circoscritta solo al rettangolo di gioco. Il Bayern Monaco è forse la più feroce tra le avversarie che si possono affrontare, e la truppa biancoceleste ha recitato la parte dell'agnellino sacrificale sull'altare delle grandi orecchie. Lo ha detto anche Simone Inzaghi, nel post partita del 4-1 subito all'Olimpico: "Ci siamo spaventati". Un comportamento perfettamente riconducibile al mare magnum della più importante competizione al Mondo. Tra Bayern Monaco e Lazio c'è troppa differenza: il campo non ha fatto altro che renderla più rumorosa.
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Inzaghi: "Testa alta. Lazio unica italiana imbattuta ai gironi"

Ma se per le nostre outsider è stato il campo a parlare, denotando alcune lacune colmabili, per le due big il discorso è molto diverso. Tra Juventus e Inter, il fallimento è stato soprattutto ideologico, e poi pratico. Due tra le squadre che hanno speso di più negli ultimi 5 anni, dati CIES alla mano, sono riuscite a mettere insieme un misero ottavo di finale. I nerazzurri hanno sbattuto la testa contro un girone che ci ha messo pochissimo a capire come disinnescare un ordigno da 65 gol in 27 partite di Serie A, mentre i bianconeri sono stati vittime del loro stesso overthinking, dell'inesperienza e del voglio tutto e subito. Se pensiamo che questo - sulla carta - è il meglio del nostro paese, la pastasciutta da mangiare è ancora tanta. Non è una questione di parametrare l'efficienza dei campionati, e crucciarsi ore ed ore su com'eravamo forti un tempo, bisogna smetterla di nascondere la testa sotto la sabbia e ricominciare a lavorare.
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