Parata di stelle

All'assalto dell'ottavo titolo continentale con una virtù che si chiama umiltà. Senza i suoi gioielli più preziosi il Brasile deve puntare su altre caratteristiche per poter pensare di battere l'Argentina. Molto più forte l'Albiceleste, lo dicono numeri e prestazioni di una squadra fuori categoria.Eppure i verdeoro non demordono."Per battere questa squadra ognuno dovrà dare il 100%. Se daremo il 100% allora non avremo rimpianti, qualunque sia il risultato" ha confermato Gilberto Silva. Gli ha fatto eco Robinho, che, andando contro la scaramanzia, ha voluto fare alla sua squadra un augurio speciale: "L'Argentina ha grandissimi giocatori e ha segnato grandi gol. Io però nella finale voglio segnarne uno. E magari laurearmi campione"

Il carattere, la grinta, il sacrificio, sono qualità che i brasiliani, dopo un inizio di Copa difficile, hanno dimostrato di avere. Le stesse qualità che tre anni fa, situazione pressoché identica a quella attuale, permise al Brasile di Carlos Alberto Parreira di laurearsi campione del Sudamerica. Lo ha confermato lo stesso portiere del Brasile Doni: "La nostra è una squadra che è migliorata giorno dopo giorno, partita dopo partita. Arriviamo a questa finale in una forma eccellente".

A Lima il Brasile vinse anche grazie alle prodezze di Julio Cesar. Oggi come in un dejà vù è il romanista a sognare di ripetere le imprese del connazionale. Partito per fare il secondo a Helton, titolare accolto con scetticismo soprattutto per i due gol subiti contro il Messico, si è riscattato con il passare delle partite. Chi ha fatto bene fin da subito è stato Robinho. Se Doni sogna di emulare Julio Cesar, Robinho guarda a tre anni fa, a quell'Adriano imprendibile, capace di trascinare l'Argentina ai rigori quando tutto sembrava perduto.