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Elogio a Diego Pablo Simeone: l'uomo controcorrente fautore del miracolo Atletico Madrid

Simone Eterno

Aggiornato 17/05/2018 alle 19:14 GMT+2

Sei trofei in sei anni e mezzo, di cui 4 internazionali. Nei precedenti 103 anni di storia l'Atletico Madrid, fuori dalla Spagna, ne aveva vinti 3. C'è un Atleti pre-Simeone e un Atleti post-Simeone. La celebrazione di uno dei più grandi allenatori dell'epoca contemporanea: un uomo contro le mode e che al suo posto ha scelto la concretezza. Rendendo grande la squadra 'Calimero' di Spagna.

Diego Simeone

Credit Foto Getty Images

C’è un Atletico Madrid prima di Diego Pablo Simeone. E c’è un Atletico Madrid dopo Diego Pablo Simeone. Il primo, è un club da 20 titoli di prestigio (di cui solo 3 fuori dalla Spagna) in 107 anni di storia. Il secondo, una squadra da 6 titoli e due finali di Champions League in 7 anni.
Basterebbe questo per tirare una bella riga e scrivere due storie dal plot ben distinto. Basterà questo, alle generazioni che non hanno assistito a quanto accaduto negli ultimi anni, per chiedersi “hey, ma qui cos’è successo?”.
E’ arrivato, appunto, Diego Pablo Simeone. Allentore vincente. Personaggio carismatico. Uomo svolta del ‘Calimero’ Atletico Madrid, trasformatosi oggi in potenza in grado di insidiare – o certamente per lo meno preoccupare – i giganti Barcellona e Real Madrid.
Un rivoluzionario. Ma dalla tanto semplice quanto evidente ricetta: prima di tutto, non prenderle. Una filosofia estremamente italiana da questo punto di vista, dove l’organizzazione difensiva l’ha fatta e continua a farla da padrone. In un calcio che dal Barcellona di Guardiola in poi ha subito la più grande trasformazione ideologica dai tempi di Sacchi, l’integralismo di Simeone e la sua semplicità nel concetto d’origine sono una ventata d’aria fresca – e vincente – nel calderone delle imitazioni più o meno mal riuscite. Un simposio alla semplicità delle cose, una celebrazione dell’umiltà in un delirio contemporaneo dove qualcuno è in grado di esaltare, ad esempio, dentro i nostri confini, una squadra retrocessa con con 20 punti perché “ha provato a giocare a calcio”. Come se chi preferisse difendersi piuttosto che attaccare non sapesse fare la stessa cosa. Come se terminare 200 partite su 377 senza subire gol – il 53.1%! – fosse una cosa semplice.
E allora viva l’incredibile Liga vinta dall’Atleti davanti a Barcellona e Real Madrid a suon di ‘clean sheet’ nel 2014, quando nessuno pensava potesse essere fattibile arrivare davanti a due così sul lungo periodo. Viva i successi internazionali, seppur nella minore delle due competizioni, che hanno fatto dell’Atleti una squadra da evitare sempre a prescindere, se possibile. E viva anche le due finali di Champions League perse sul filo di lana, con la maledizione Real a palesarsi con un palo colpito ai rigori dal migliore in campo della notte di San Siro o peggio ancora una zuccata di testa all’ultimo secondo del recupero in quella di Lisbona.
E viva, soprattutto, Diego Simeone. Allenatore che ha deciso di nuotare controcorrente in un epoca in cui quasi tutti hanno preferito buttarsi giù a velocità massima – (spesso con scarsi successi) – lungo onde del torrente. E risalendo il percorso è tornato alle origini, mostrandoci la semplicità del gioco in un’epoca in cui va di moda ciò che è più complicato, e dunque più attraente. Tutto ciò l’ha fatto con una squadra mutata nel tempo e mai all’altezza, in termini di organico e di denari investiti, alle grandi big europee. Con cui però ha lottato, alla pari. E spesso vinto. Esiste un Atletico pre-Simeone. Esiste l’Altelico di Simeone e noi, egoisticamente, speriamo che si sia un Aletico post-Simeone. Vorrebbe dire che qualcuno sarebbe riuscito a portarlo via da lì per creare un altro miracolo; magari in Italia, dove esserselo fatto scappare dopo la salvezza a Catania del 2011 resta uno dei più grandi misteri recenti del nostro campionato.
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