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Tra presunzione e troppe aspettative, "l'Under 21 più forte di sempre" è vicina ad un altro flop

Alberto Coriele

Aggiornato 22/06/2017 alle 09:30 GMT+2

La sconfitta meritatissima contro la Repubblica Ceca ha fatto riaffiorare vecchi fantasmi su una nazionale ricca di talento ma che non si è ancora dimostrata veramente una squadra. L'eliminazione ora è ad un passo, e la cause di questo possibile flop sono diverse, a partire dalle etichette dedicate a questo gruppo.

Federico Bernardeschi, Italia Under 21

Credit Foto LaPresse

La tarantella della “nazionale più forte di sempre” aveva fatto più danni della grandine già nel mondo della pallacanestro negli anni scorsi quando, a fronte di un gruppo con un talento diffuso in quasi tutti i suoi interpreti, non sono mai giunti dei risultati soddisfacenti, con Simone Pianigiani prima e con Ettore Messina poi. Si veda: eliminazione ai quarti di finale ad Eurobasket 2015 e ad Eurobasket 2013 sempre per mano della Lituania, e sconfitta in finale al pre-olimpico contro la Croazia l’estate scorsa. L’etichetta della “nazionale più forte di sempre” è tornata a mietere vittime e ha preso di mira la nazionale Under 21 di Luigi Di Biagio.
La sconfitta – netta e meritata – contro la Repubblica Ceca di ieri ha alzato tutti gli interrogativi possibili e legittimi su una nazionale davvero ricca di talento – e questo è indiscutibile - ma povera di intensità, di coesione, di idee e soprattutto di una guida tecnica adeguata. Non ce ne voglia Di Biagio, ma le perplessità sul suo conto si trascinano ormai dall’Europeo 2015 e in queste due partite d’apertura sono state oltremodo confermate. Due anni fa decise di andare fino in fondo insistendo su Cristian Battocchio (che ora gioca in Ligue 2 al Brest), su Bardi e su Bianchetti, a scapito di gente come Sportiello (all’epoca nel momento migliore della sua pur giovane carriera), Romagnoli, lo stesso Bernardeschi. Gli andò male perché anche in quel caso l’Italia fece le valigie al primo turno. Il suo turnover contro la Repubblica Ceca - così come quello di Sacchi ad Euro 1996 - rischia di essere fatale. Contro chi dovrà giocarsi la qualificazione l'Italia? Contro la Germania, proprio come nel 1996.

Turnover discutibile

Dopo la vittoria d’esordio per 2-0 sulla Danimarca – giusta ma per nulla convincente (no, non ci eravamo esaltati in quell'occasione quindi evitiamo anche questa tarantella) – Di Biagio è caduto nell’errore di rivoluzionare la formazione titolare in nome di un turnover poco giustificato se non dai possibili incontri ravvicinati: l’esito è stato nefasto e si è specchiato inevitabilmente sul risultato finale negativo. Calabria a sinistra al posto di Barreca, mediana rivoluzionata con Grassi e Cataldi al posto di Benassi e Gagliardini, oltre alla scelta obbligara di inserire Ferrari in luogo di Caldara. Defenestrato Claudio Gentile nel 2006 per fare spazio a Pierluigi Casiraghi – chissà perché poi - solo Devis Mangia è riuscito a portare risultati soddisfacenti perdendo la finale nel 2013 contro la Spagna imbattibile (che quell’anno poteva schierare Morata, Thiago Alcantara, Isco, Illarramendi). Segnale inequivocabile che non è necessario ogni volta andare a pescare freschi ex calciatori da mettere in panchina per fare bene, perché di buoni allenatori che sappiano lavorare sui giovani è piena l’Italia.

"L'umiltà degli ultimi e la determinazione dei primi"

Ora in questa analisi non vogliamo riversare ogni colpa sul commissario tecnico, però è anche giusto individuare in Di Biagio uno dei probemi. L’altro, forse ben più grande delle responsabilità del ct, è l’umiltà di un gruppo che si è sentito già arrivato ancor prima di mettere piede in campo. Stefano Bettinelli, ex allenatore della Primavera del Varese, ha lasciato ai posteri una frase che andrebbe scolpita in ogni spogliatoio: “Si va sempre in campo con l’umiltà degli ultimi e con la determinazione dei primi”. Perché nessun risultato è scritto nelle righe di una lista dei convocati perché ti chiami Italia, o perché hai Berardi piuttosto che Bernardeschi, o Gagliardini, Donnarumma e Conti. Speriamo che le tante critiche, giuste, forti, legittime e a fin di bene, scuotano una nazionale intorpidita in vista dell'ultima partita. E che magari per qualche giorno si spengano, oppure non si tenda l'orecchio alle voci di mercato, perlomeno in ritiro.
Lo spirito e l’umiltà di giocarsi una partita con il coltello tra i denti vanno imparati fin da giovani, quello spirito che finora tra gli azzurrini si è visto solo in Federico Chiesa, capace di fare i buchi per terra nelle due volte in cui è subentrato. L’occasione di questo Europeo Under 21 era quella giusta per molti di questi ragazzi, reduci da una stagione straordinaria: la possibilità era quella di confermare una crescita fisica, tecnica, mentale e soprattutto generazionale. A meno di miracoli, sarà l’ennesima occasione gettata alle ortiche e questo come naturale conseguenza non farà altro che gettare qualche ombra legittima sul reale valore di questo gruppo – “la nazionale fallimentare più forte di sempre” - e di tante individualità all’interno dello stesso.

Lo spirito dell'Under 20

Un cammino che finora stride - e molto - con quello della Nazionale Under 20 di Chicco Evani, capace di spingersi fino alle semifinali mondiali partendo a fari spenti, senza grosse aspettative e senza grosse pretese. Chiaro che, senza il peso delle attese, tutto può rivelarsi più facile e gli elogi arrivano prima delle critiche quando si arriva fino in fondo. Ma in quella nazionale, soprattutto in quel quarto di finale con lo Zambia ripreso per i capelli e vinto in inferiorità numerica per 75 minuti, c'è la grinta, la volontà e la faccia tosta che vorremmo vedere presto anche nella nazionale di Di Biagio. Sempre che non sia troppo tardi.
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