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Chelsea-Brighton, Pochettino vs De Zerbi: il club peggio gestito al mondo contro il più virtuoso

Simone Eterno

Aggiornato 27/09/2023 alle 17:04 GMT+2

CARABAO CUP - Chelsea e Brighton si affrontano in Coppa di Lega, il terzo trofeo per importanza sul suolo inglese, trovandosi in questo momento agli estremi opposti di un mondo che solo qualche anno fa sarebbe stato semplicemente impossibile anche da immaginare. Non bisogna poi andare indietro di molto...

Chelsea-Brighton: il club peggio gestito al mondo contro il più virtuoso

Credit Foto Eurosport

Non è certo la competizione più importante. Non è certo uno dei passaggi della stagione. Casomai, l'occasione per uno spunto di riflessione. Chelsea e Brighton si affrontano in Coppa di Lega, il terzo trofeo per importanza sul suolo inglese, trovandosi in questo momento agli estremi opposti di un mondo che solo qualche anno fa sarebbe stato semplicemente impossibile anche da immaginare. Non bisogna poi andare indietro di molto. Nel giugno del 2021, un paio di anni fa, i Blues diventavano campioni d'Europa per la seconda volta nella loro storia mentre il Brighton chiudeva la sua quarta stagione consecutiva in Premier League al 16° posto. Quello del Chelsea fu il secondo apice di quella gestione Abramovich che qualche mese dopo avrebbe portato i Blues sul tetto del mondo; e che a inizio 2022 avrebbe messo in mano alla politica le sorti del club. Da quel momento, il 'caso Chelsea', è stata una delle più rapide decadenze che la storia del calcio abbia mai registrato. Sì perché l'escalation bellica tra Russia e Ucraina ha fatto piazza pulita degli investimenti russi nella sfera anglosassone.
Abramovich, in sostanza, persona non più gradita. Dirigenza rasa al suolo, club ceduto al miglior offerente - Todd Boehly - e l'inizio, appunto, di quella che dati odierni alla mano pare più una barzelletta che una storia reale. E invece è tutto vero: un miliardo e 200 milioni di euro - cifre aggiornate - solo in acquisto di cartellini. In tre campagne acquisti. Della nuova proprietà del Chelsea avevamo già scritto ed è anche tanto inutile ripetersi. Casomai si può aggiornare il conteggio del disastro, perché questo termine bisogna usare oggi quando si parla di Chelsea. Cinque punti in sei partite, tre gare consecutive senza andare in gol e la peggior partenza della storia del club dal 1978 a oggi. Si torna insomma a quando il Chelsea era una "piccola", una modesta squadra di un ricco quartiere dell'alta borghesia londinese. Non la potenza diventata dai primi anni 2000 con i petroldollari dell'oligarca oggi rinnegato. Dei problemi che in questo inizio stagione sta gestendo il nuovo tecnico dei Blues Mauricio Pochettino si potrebbe scrivere per pagine. Il minimo comune denominatore però è lo stesso: il Chelsea ha comprato a caso o quasi. Una squadra mal assortita; in cui c'è abbondanza di difensori centrali ma non ci sono laterali, in cui non ci sono bomber - due sulla carta, di cui uno rotto - e un'infinità di esterni offensivi. L'opera insomma di chi sembra aver speso per il gusto di farlo, credendo che la ricetta di una squadra vincente fosse la somma matematica degli investimenti. Presunzione, oltre che miopia e scarsa conoscenza della storia recente della materia.
E il dio del calcio, che ha sempre un sense of humor abbastanza spiccato, sembra opporre al club a oggi peggio diretto del mondo, appunto, l'estremo opposto: il Brighton. Perché se da un lato c'è oltre il miliardo scialacquato in cartellini da parte del Chelsea, dall'altro c'è un club che tanti di quei bonifici a sei zeri ha incassato dai Blues. L'ultimo per Moises Caicedo. Prima ancora ne aveva ricevuto uno persino per vendergli il proprio allenatore, nella speranza che Graham Potter potesse portare a Stamford Bridge la stessa ricetta che con gioco e brillantezza aveva trasformato il Brighton in una squadra capace di passare dal 16° al 9° posto del campionato inglese. Speranza ovviamente mal riposta e Potter bruciato. Perché non è sul singolo che si basa il 'miracolo Brighton', casomai sui valori di una funzionalità all'idea di fondo. Roberto De Zerbi, scelto in fretta e furia dopo essersi ritrovati con un bonifico ma senza allenatore a ottobre 2022, fu ad esempio il suggerimento di un algoritmo. Perché da tempo nella nota località balneare del sud dell'Inghilterra si lavora così: nulla è lasciato al caso, ma scelte frutto di studi di funzione.
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De Zerbi (Brighton)

Credit Foto Eurosport

A rivelare l'aneddotto è il Daily Mail, che racconta come De Zerbi venne fuori da una rosa di tre allenatori indicati dall’algoritmo prodotto da StarLizard. Modernità al servizio del prodotto, una delle ricette principali di questo Brighton. Poi però, anche qui, ci vuole il materiale umano, perché un computer può indicare... Ma fare è tutt'altra storia. E del 'fare' Roberto De Zerbi sta costruendosi un nome anche Oltremanica. Il suo Brighton si basa su un'idea di calcio in cui il bresciano è riuscito a produrre un ulteriore salto in avanti rispetto alla già vincente ricetta Potter, portando il Brighton da un campionato finito al nono posto alla storica qualificazione in Europa con la sesta piazza raggiunta in Premier League nella passata stagione. Un allenatore e un progetto funzionali alla direzione che dall'alto è stata impostata; un club che non solo "sa comprare", che non solo "sa capire", ma che sa soprattutto "produrre valore". L'ultimo dato sorprendente del Brighton ad esempio è in quegli 84 milioni di euro incassati dalla vendita dei giocatori precedentemente in prestito nelle squadre di Championship, la "Serie B" inglese. Il club non ha perso nessuno a parametro zero, diventando l'unica società insieme ad altre due squadre negli ultimi 5 anni di Premier League a riuscire in una gestione così oculata di quello che alla fine è l'asset principale di un club di calcio: i suoi giocatori.
Insomma, contro si schierano ciò che a oggi sembrano essere i due estremi opposti presenti nella realtà del massimo calcio inglese: il club che utilizza peggio i suoi denari contro quello che lo fa meglio. A dimostrazione che i soldi sono sì importanti, ma saperli usare è tutto un altro paio di maniche. E che passare dall'Olimpo al disastro, quando si fa tutto tutto male, è un processo più rapido di quanto si possa pensare.
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