Sport popolari
Tutti gli sport
Mostra tutto

Da bomber a un futuro sulla panchina del Livorno, la nuova vita di Marco Nappi

Stefano Dolci

Aggiornato 21/06/2017 alle 16:57 GMT+2

Attaccante giramondo da oltre 600 partite in carriera e 128 gol tra i professionisti, Marco Nappi poche settimane fa ha guidato la Berretti del Livorno alla vittoria dello scudetto Lega Pro. Questo exploit sta convincendo il patron Spinelli ad affidargli la panchina della prima squadra: "Mi sento prontissimo per il Livorno. Il caso Donnarumma? I giovani non dovrebbero più baciare la maglia".

2017, Marco Nappi, Livorno, Facebook

Credit Foto Eurosport

Se posso dare un consiglio ai giovani calciatori è quello di smetterla di baciare la maglia. Non se ne può più di vedere certe scene, si rischia solo di fare brutte figure al giorno d’oggi come è successo a Donnarumma. La maglia è l’unica cosa rimasta sacra in questo calcio che, giorno dopo giorno, ha smarrito i veri valori in favore dei soldi. Quando si bacia la maglia è perché si sente un vero legame d’appartenenza, qualcosa che non si può comprare e nemmeno descrivere a parole. Nella mia carriera io ho vestito e onorato la casacca di 17 squadre ma ho baciato solamente una maglia, quella del Genoa: la squadra che mi ha rapito il cuore e con cui ogni volta scendevo in campo e provavo sensazioni che non avevo mai provato con nessun altro club prima. Se questo tipo di sentimento non lo provi meglio evitare di fare certi gesti, perché se no è sacrosanto che i tifosi ci restino male o finiscano per fischiarti
L’accorato messaggio lo lancia Marco Nappi, 51enne ex attaccante di Fiorentina, Genoa, Atalanta e decine di altre squadre a cavallo fra gli anni ’80 e ’90 ed oggi allenatore della Berretti del Livorno, squadra con la quale si è tolto la soddisfazione un paio di settimane fa di laurearsi campione d’Italia nel torneo Berretti di Lega Pro regalando agli amaranto un successo, in ambito giovanile, che mancava da ben 53 anni. Nappi, che ha iniziato ad allenare oltre 10 anni fa maturando prevalentemente esperienze nel settore giovanile (Figenpa e Savona), prima di questa stagione non aveva mai avuto l’occasione di sedersi sulla panchina di una squadra blasonata e si è dimostrato all’altezza mostrando di avere tutte le carte in regola per fare bene anche con la prima squadra: “Appena il responsabile del settore giovanile Alessandro Doga e il presidente Spinelli mi hanno offerto questo incarico, la scorsa estate, ho subito pensato che questa doveva essere la grande occasione per dare una svolta alla mia carriera. Per questo con i ragazzi sono stato chiaro, gli ho detto che non ero venuto a svernare ma a provare a costruire qualcosa di importante. Dal primo giorno ho detto che giocavamo con un obiettivo: vincere lo scudetto Berretti. La squadra dopo questo discorso ha iniziato a credere sempre più in sé stessa e non ha mai mollato. Siamo partiti con un gruppo di 27 ragazzi ad agosto, siamo arrivati a giugno con una rosa di 17-18 elementi, lanciando anche qualche 2001 e consegnando almeno 3-4 elementi alla prima squadra. Quando ho capito che avremmo vinto? Dopo il quarto di finale d’andata perso in casa contro la Juve Stabia. Non meritavamo di uscire sconfitti e sapevo che avevamo tutte le carte in regola per andare a Castellamare e ribaltare il risultato strappando il biglietto per le Final Four. Abbiamo alzato ulteriormente il livello d’intensità degli allenamenti nei giorni successivi, facendoci beffe del caldo o della stanchezza e grazie a quel lavoro e a quei sacrifici che ci siamo preparati il terreno per vincere 2-1 e ribaltare il verdetto. Lì ho capito che alle Final Four saremmo stati la squadra da battere ed avevamo le carte in regola per realizzare qualcosa di storico”.

Il futuro è la prima squadra del Livorno

L’exploit della Berretti del Livorno è stato l’unico raggio di sole nella stagione sportiva della formazione amaranto, partita con l’ambizione di tornare subito in Serie B: la prima squadra non è riuscita nemmeno a centrare il traguardo della qualificazione alla final four della Lega Pro. Per la prossima stagione le chance di una riconferma di Claudio Foscarini sulla panchina sono pari a zero e il patron Aldo Spinelli - che da tempo ha messo in vendita la società senza però trovare cordate di investitori (locali e non) realmente interessate a prendersi il club – starebbe pensando di affidare proprio a Nappi la panchina. L’ex attaccante romano lavorerebbe a stretto contatto con Doga (che lascerebbe l’incarico di responsabile del settore giovanile in favore di quello di direttore sportivo) e avrebbe l’onere di guidare in Lega Pro una squadra molto giovane e con un budget decisamente low cost:
L’accordo non è ancora ufficiale ma spero si concretizzi in tempi brevi. Io mi sento prontissimo per la prima squadra e penso che quest’anno abbia dei meriti nel lavoro che abbiamo fatto. Quando ho consegnato il trofeo dello scudetto al presidente Spinelli, aveva gli occhi che gli brillavano di gioia. E’ stato emozionante vederlo così felice, io gli devo tutto è stato l’unico a credere in me. Sono sicuro che al presidente con questa vittoria sia venuta voglia di andare avanti. So che tanti non sono contenti del suo operato e auspicherebbero una sua uscita di scena, ma siamo sicuri che chi verrà al suo posto avrà le forze per mantenere questa squadra in Lega Pro?.
Se davvero a Nappi verrà affidata la guida tecnica del Livorno per l’ex idolo della curva genoana sarà la seconda esperienza di una prima squadra dopo quella decisamente complicata vissuta in Calabria in Serie D nel 2013-2014 col Comprensorio Montalto, una parentesi in cui Nappi fu prima esonerato poi richiamato qualche mese dopo quando i risultati precipitarono e la società era pressoché irrecuperabile: “E’ stata una parentesi non felice sul piano dei risultati ma che mi ha aiutato a crescere molto e a capire come ci si rapporta con i giocatori di 34-35 anni. Mi sono trovato a fare di necessità virtù, con una squadra con un budget risicatissimo, talvolta 10 volte inferiori rispetto a quello di altre squadre che partecipavano al campionato. Io ho sempre voluto farcela da solo con le mie forze, sono dovuto andare a 2000 km dalla mia famiglia per avere una chance in D e sono orgoglioso di averlo fatto. Se oggi sono un allenatore migliore è anche perché queste esperienze mi hanno temprato”.

Da Scoglio a Di Francesco, i modelli del mister 'Nippo'

Ma che allenatore è ‘Nippo’ Nappi? “Sono un martello, uno che mette al primo posto i comportamenti e che pretende sempre si dia tutto in allenamento. Mi piace pensare che i ragazzi che mi hanno avuto abbiano imparato l’importanza di comportarsi come dei professionisti seri perché per arrivare in alto in qualunque ambito della vita servono innanzitutto i sacrifici e la convinzione. Ho avuto tanti allenatori nella mia carriera se devo dire però due ai quali mi ispiro maggiormente dico Scoglio e Vavassori. Col Professore spesso ebbi un rapporto di odio e amore ma era unico nel guadagnarsi il rispetto del gruppo ed era inoltre un grandissimo studioso degli schemi da palla inattiva, un aspetto che anch’io cerco di curare molto. Vavassori invece purtroppo l’ho incontrato tardi nella mia carriera, quando avevo ormai 35 anni: fu sempre una persona molto franca e corretta con me. Feci tanta panchina, specie all’inizio, ma poi capitava che con l’impegno in allenamento e la mia voglia mi guadagnassi la sua fiducia e riuscissi anche ad incidere e cambiare le partite. Questo è successo tante volte nel corso della mia carriera ad esempio alla Fiorentina quando facevo la riserva a Borgonovo ma riuscivo comunque a rendermi utile e a segnare… L’integrità e gli insegnamenti di Stefano e Gianluca (Signorini, ndr) sono altre cose che cerco sempre di tenere bene a mente. Per me entrambi sono stati molto più che semplici compagni di squadra, li considero soprattutto due guerrieri che hanno lottato in maniera indomita contro la SLA, una malattia tremenda contro cui purtroppo ultimamente si sono un po’ spenti i riflettori ma verso cui bisogna sempre restare molto vigili”.
Amante del 3-5-2 e del 4-3-3, fra gli allenatori moderni Nappi ammira molto Di Francesco: “Eusebio mi piace perché ha fatto la vera gavetta, fa giocare bene le sue squadre, sa valorizzare i giovani e soprattutto vuole che i suoi giocatori eseguano movimenti semplici a velocità altissima. Penso che si sia meritato la chiamata della Roma e mi auguro che i giocatori e l’ambiente lo seguno perché ha le qualità per portare i giallorossi in alto”. Prima di congedarsi, chiediamo a Nappi se nel calcio odierno vede un possibile erede e la risposta è immediata: “Federico Chiesa, un giovane veloce, scattante e che ogni volta che scende in campo ha quel furore e quella grinta che anch’io mettevo sempre in campo. Come ha dimostrato anche contro la Danimarca in Under 21 riesce ad essere incisivo giocando poco e decisivo subentrando a gara in corsa. Penso che abbia un futuro radioso davanti a sé e gli auguro veramente il meglio”.
Più di 3 milioni di utenti stanno già utilizzando l'app
Resta sempre aggiornato con le ultime notizie, risultati ed eventi live
Scaricala
Contenuti correlati
Condividi questo articolo
Pubblicità
Pubblicità