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Ibrahimovic: "Io vengo dal pianeta Zlatan, Capello? Un incubo ma mi ha fatto diventare un bomber"

Stefano Dolci

Aggiornato 22/11/2018 alle 18:26 GMT+1

In un'intervista alla BBC, lo svedese, che a gennaio potrebbe tornare al Milan, ha ricordato gli allenamenti con Capello alla Juventus e che lo hanno reso un attaccante miglior: "Dal primo giorno alla Juve ho sentito Capello gridare 'Ibra'. Il mister prendeva i ragazzi delle giovanili e li faceva crossare per me. Io volevo andare a casa ma quel lavoro mi hanno reso una macchina da gol".

Una delle tante spiegazioni di Capello a Ibrahimovic

Credit Foto Imago

Mentre il futuro di Zlatan Ibrahimovic resta in costante bilico e i tifosi rossoneri spero in un ritorno a gennaio, lo svedese – conclusa la sua parentesi in MLS coi Los Angeles Galaxy, nemmeno qualificatisi per i playoff – non smette di rilasciare dichiarazioni ad effetto e in un’intervista alla BBC torna a parlare della sua esperienza in Premier League, del rapportocon Paul Pogba, del paragone con Benjamin Button e soprattutto a spiegare quanto nella sua crescita gli anni alla Juventus e gli insegnamenti di Fabio Capello sia stato determinanti nella sua crescita e nel suo consolidamento ad alti livelli...

Capello gridava sempre e solo 'Ibra'

Dal primo giorno di allenamento alla Juve ho sentito Capello gridare 'Ibra'. Prendeva i ragazzi delle giovanili e li faceva allenare con me: loro crossavano, io dovevo fare gol. Ogni giorno per 30 minuti. Io volevo solo andare a casa perché ero stanco e non volevo più tirare, né vedere la porta e i portieri. Sentivo sempre quell'urlo 'Ibra' e sapevo cosa significasse. Tiravo, tiravo. Alla Juve mi hanno fatto capire 'qui siamo ad alti livelli, sei un attaccante, quindi devi darci gol. Se non li fai, non abbiamo bisogno di te'. Tutto era nuovo per me: grande squadra, grandi giocatori, grande allenatore, grande storia. Alla fine grazie a quegli insegnamenti sono diventato una macchina da gol, in una Serie A in cui era veramente complicato segnare. Ricordo una partita contro Nesta e Maldini, con due difensori così hai solo una mezza possibilità di poter calciare in porta ma per fortuna io tutti i giorni avevo la fortuna e il privilegio di allenarmi con Buffon, Cannavaro e Thuram: ti rendevano la vita complicatissimo e anche fare gol a Buffon non era semplice. E’ stato stimolante ed importante per passare ad un livello successivo e trasformarmi in un attaccante implacabile sottorete.

In Premier siano contenti che non ci sono andato 10 anni prima

"Quando ho deciso di andare in Inghilterra ho parlato prima con diversi giocatori che conoscevo. Tutti mi dicevano di non andare. Mi dicevano che non sarebbe stato un bene per la mia carriera perché in Inghilterra si viene giudicati dopo appena una stagione. Se non fai bene la prima diranno tutti che non servi a nulla. Queste parole hanno innescato in me la sfida: era quello che volevo sentirmi dire. Pensavano fossi vecchio; poi io, a 35 anni, ho fatto sembrare la Premier vecchia. Era una sfida e io non le ho mai rifiutate. La Premier dovrebbe esser felice del fatto che io non sia andato in Inghilterra 10 anni prima, altrimenti la sua storia sarebbe stata ben diversa. Lo United era la squadra giusta per me. Il club e la maglia che dovevo far brillare e io l'ho fatto. Lì mi sono sentito come `Benjamin Button´, stavo diventando ogni giorno più giovane. Poi, purtroppo, mi sono infortunato. Quando è successo non ho capito a cosa sarei andato incontro, perché non avevo mai avuto un infortunio serio. Ero come Superman, indistruttibile. Nessuno poteva rompermi. Allora mi sono detto `questo non è modo di smettere di giocare a calcio, voglio tornare e giocare come facevo prima'".

Pogba? Un professionista esemplare

Prima di sbarcare a Manchester non conoscevo Pogba, sapevo solo che aveva il mio stesso agente (Mino Raiola). Sin dal primo impatto mi sono trovato davanti un professionista esemplare e un ragazzo che voleva imparare ed essere guidato. Paul non salta un allenamento e lavora durissimo, questo la gente non lo vede... Fra noi si era creato subito un feeling speciale, in quella stagione trascorsa insieme allo United ci siamo aiutati tanto perché la realtà è che l’uno aveva bisogno dell’altro.

Io vengo da un pianeta tutto mio, il Pianeta Zlatan

Io vengo da un altro pianeta. Il mio pianeta si chiama Zlatan Planet: qualche cosa che nessuno ha mai visto. Sono un ragazzo di quella zona che tutti chiamano ghetto: mi vedevano diverso, non mi facevano sentire il benvenuto, ma ho mostrato loro qualcosa di diverso e ora gli altri mi seguono.
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