Sport popolari
Tutti gli sport
Mostra tutto

Un anno dopo il Mondiale: Ruiz chi? E non solo

Roberto Beccantini

Aggiornato 29/02/2016 alle 22:06 GMT+1

Sono passati 365 giorni dal campionato del mondo giocato in Brasile: l'eliminazione dell'Italia fa ancora parlare. Ma non è questo l'unico argomento...

Bryan Ruiz - Gigi Buffon - Italy vs Costa Rica - World Cup 2014 (AFP)

Credit Foto AFP

 Il Mondiale un anno dopo. Che aria tira fra i reduci: fra chi si impose e chi lo subì. La parabola di Totò Schillaci, che nelle notti magiche di Italia ‘90 fu tutto e poi, piano piano, sfiorì e finì, ci aiuta a fissare il territorio dell’analisi.
Do you remember Bryan Ruiz? Giocava nella Costa Rica, segnò un gol che cambiò la nostra storia, il nostro destino. Fedeli alla sindrome di Stoccolma, ce ne innamorammo pazzamente. Bene: dai botti di Recife tornò al Fulham, nella serie B inglese, e lì sbarcò il lunario, senza infamia e senza lode, come ben riassume il diciassettesimo posto in classifica.
E Guillermo Ochoa? Appartiene alla stirpe dei portieri acrobati, capaci di troppo: o tutto o niente. Tutto, con il suo Messico: capriole, colpi di reni, avvitamenti. Niente, a Malaga: come se qualcuno gli avesse imposto il pagamento degli arretrati.
In materia, l’Italia di Cesare Prandelli ha offerto molto materiale. Ciro Immobile sbarcò in Brasile da capo-cannoniere. Non riuscì a sedurre il ct - o il ct era distratto - e ceduto dal Toro al Borussia Dortmund non seppe ripetersi. Mario Balotelli è fermo al gol che decapitò l’Inghilterra. Titolare del Milan, alla partenza; riserva del Liverpool, all’arrivo. E se persino Mino Raiola non lo difende più, possiamo metterci il cuore in pace: non è un complotto. Precettato in extremis, come scorta di fantasia, Antonio Cassano è stato fra i primi ad abbandonare la nave del Parma fallito. Sul filo dei 33 anni, resta uno di quei «monumenti» allo spreco di cui le piazze domestiche sono piene.
Per tacere di Alessio Cerci. Con i riccioli del suo dribbling aveva confuso e sabotato le tradizionali bilance. Anche per questo, il ritorno sulla terra è stato bestiale. Dal Mondiale appena sfiorato al ping pong Atletico-Milan. Classe 1987, sarebbe ora che Cerci ci spiegasse quello che intende fare «di» grande.
Edin Dzeko deve alla Bosnia il ruolo di titolare fisso che il Manchester City, anche per «colpa» di Sergio Aguero, gli nega. La sua stazza e i suoi movimenti continuano ad affascinare i mercati e, soprattutto, coloro che ne scrivono.
Luis Suarez non aveva bisogno di un Mondiale per «mordere» il podio sul quale, grazie a un raffinato mix di fiuto e tecnica, si era legittimamente arrampicato. Viceversa, mi ha sorpreso l’ascesa di James Rodriguez. Nel Monaco, aveva poca concorrenza. Nel Real, almeno fino alla frattura del piede destro, ha seminato rivali ed equilibri tattici. Sinistro canta.
Del Portogallo si diceva: ah, quando troverà un altro Eusebio. L’ha trovato: Cristiano Ronaldo. Oggi sarebbe più corretto dire: ah, quando troverà un altro Coluna. L’ha trovato, forse: Joao Moutinho. Il paragone, di per sé impegnativo, va adeguato al  passaggio dal football ricamato al fast-foot.
E addirittura nell’orchestra della Germania, per concludere, c’è qualcosa che non va. Da un mancino come Mesut Ozil, primo violino dell’Arsenal, mi aspettavo di più, di meglio. Adesso tocca voi: dal Mondiale a oggi, chi vi ha stupito, e perché? 
Più di 3 milioni di utenti stanno già utilizzando l'app
Resta sempre aggiornato con le ultime notizie, risultati ed eventi live
Scaricala
Condividi questo articolo
Pubblicità
Pubblicità