Julio Cesar dice addio al calcio: "All'Inter 7 anni di gloria, ma i consigli di Mancini..."
DaEurosport
Aggiornato 21/04/2018 alle 14:28 GMT+2
In un'intervista alla Gazzetta dello Sport il portiere brasiliano ripercorre la sua carriera tra Flamengo, nerazzurri e Brasile: "Su Messi la parata più bella. L'Inter sarà sempre più importante di qualunque suo giocatore e spero di rivederla presto in Champions League. Ora finisce un pezzo della mia vita".
Julio Cesar è pronto a dire addio al mondo del calcio. Dopo oltre 20 anni il brasiliano si appresta ad abbandonare il suo habitat naturale: la porta da calcio. Stasera, sabato 21 aprile 2018, a Rio de Janeiro il Maracanã si alzerà in piedi e Julio Cesar si siederà un’altra volta sulle ginocchia, come ha sempre fatto per schiacciare un’emozione, prima di chiudere l’ultima porta di una carriera lunga e gloriosa.
L’ultima partita, sì: sarà meraviglioso, ma finisce un pezzo della mia vita. Bello come questi vent'anni: più di un sogno. Mai, neanche quando da ragazzino fantasticavo, avrei potuto immaginare una carriera così
La Gazzetta dello Sport, in una lunga intervista, ripercorre le tappe cruciali della storia calcistica del portiere e alcuni aneddoti molto curiosi.
Come immagino la festa? Un omaggio: non a me, ma a chi ha permesso che succedesse tutto questo. Il Flamengo, i suoi tifosi: mi hanno preso che ero un bambino e mi hanno accompagnato finché sono diventato un uomo, pronto per il calcio europeo. Sarò io che ringrazierò loro
Mi chiedete se piangerò? Come sanno bene i tifosi dell’Inter, me ne frego delle telecamere e non mi sono mai vergognato di farlo: se mi verrà voglia piangerò, quindi credo proprio di sì
La parata più bella della carriera
Dite tutti quella su Messi nella semifinale di Champions a Barcellona e forse avete ragione voi. In quella partita, in quel momento, contro quell’avversario: una delle prime cose che insegnano a noi portieri è che una parata è bella solo se è importante. Quella fu importantissima
L’attaccante più forte affrontato
Romario. Inventava e non c’era rimedio: non sapevi mai come si sarebbe mosso, come avrebbe tirato
Le emozioni più grandi
Non mi faccia sforzare: posso dirne tre? La prima, Campeonato Carioca 2001, Flamengo-Vasco: dovevamo vincere con due gol di scarto, Dejan Petkovic segnò il 3-1 su punizione a due minuti dalla fine. La seconda è ovviamente Madrid, la Champions: di sicuro il punto più alto della mia carriera. La terza, Mondiale 2014: i due rigori parati contro il Cile negli ottavi di finale
Il momento più difficile
Brasile-Germania. Ero in campo e pensavo: 'Dai Julio, è solo un incubo: adesso ti svegli'. E poi Thiago Silva nell’intervallo: era già 5-0, provava a scuoterci. Ma in quello spogliatoio c’era un silenzio irreale, in realtà non stava parlando nessuno. Il calcio è così, è come la vita: non ti abbraccia sempre e a volte ti fa affrontare, anzi ti impone, cose inimmaginabili. È lì che devi dimostrare di essere una persona forte dentro
Buffon
Quel rigore lo puoi dare o non dare, ma se sei l’arbitro ad un certo punto puoi anche girarti dall’altra parte e non espellere Buffon. Detto questo: è stato Gigi a riconoscere che poteva esprimere gli stessi concetti in un altro modo. Ma quando hai tanta adrenalina in circolo, dici cose di cui poi ti puoi pentire
Adriano e l'arrivo a Milano
Adriano mi ha chiamato e ha detto che l’allenatore era interessato a me. Avevo chiuso con un club in Portogallo e ho chiesto di annullare tutto. Ho detto ad Adriano che stavo andando in Italia. Tutto ha funzionato. Sono stati sette anni di gloria. Ciò che mi attrae di più di Milano è il rispetto con cui vengo trattato ogni volta che torno lì
L'Inter
Io non mi sono mai sentito l’erede di Toldo, con cui ho avuto un rapporto bellissimo, e Handanovic non è stato il mio erede: lui è un grande portiere, ma l’Inter sarà sempre più importante di qualunque suo giocatore. Quanto tornerò a Milano? Spero di tornare per una partita di Champions League. Dunque presto, spero
I consigli di Mancini...
Ero arrivato all’Inter da poco: seconda di campionato, Palermo-Inter. Mancini in settimana mi fa: 'Corini lo conosco bene, se sulle punizioni gli sistemi la barriera al contrario lo mettiamo in difficoltà'. Ero perplesso, ma gli dico: 'Tu sei il boss, faccio come mi dici'. Il sabato, punizione di Corini e palla all’incrocio. Tre settimane dopo andiamo a Torino a giocare con la Juve. Mancini: 'Con Nedved ho giocato, occhio che le punizioni le tira basse sul tuo palo'. Punizione di Nedved: sopra la barriera e 2-0. I giornalisti iniziano a martellare: che scarso Julio Cesar sulle punizioni. Alla ripresa prendo il Mancio da una parte: 'Boss, facciamo così: se sbaglio, sbaglio io, ma d’ora in poi scelgo io. Ok?'
All'Inter Julio Cesar è diventato l'Acchiappasogni e ha conquistato il Triplete dopo essere arrivato in punta di piedi, con la maglia numero 12. La 1 era di Toldo e per una questione di rispetto resto tutto così anche quando il brasiliano fu promosso a portiere titolare.
Il palmares di Julio Cesar in nerazzurro
- 300 presenze
- 128 partite senza gol subiti
- 1 Champions League
- 5 Scudetti
- 3 Coppe Italia
- 4 Supercoppe italiane
- 1 Coppa del Mondo per Club
Come vorrei essere ricordato? Con il mio sorriso, il sorriso di uno che ha cercato di essere amico di tutti. Un buon compagno di squadra. Anzi, ex compagno. Purtroppo. Susana (Werner, ndr) arriva assieme ai ragazzi: Cauet e Giulia. Mi dica lei come farò a non piangere
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