Caso Milan: felice per Pioli, ma sulla rosa mi sorge un dubbio
Pubblicato 24/07/2020 alle 18:00 GMT+2
Proprio nei giorni in cui "France Football" decideva di non assegnare il Pallone d’oro perché considerava "falsa" la fetta di stagione post Covid, il Milan, al contrario, decideva di considerarla così "vera" da rinunciare a Ralf Rangnick e confermare Stefano Pioli.
Proprio nei giorni in cui "France Football" decideva di non assegnare il Pallone d’oro perché considerava "falsa" la fetta di stagione post Covid, il Milan, al contrario, decideva di considerarla così "vera" da rinunciare a Ralf Rangnick e confermare Stefano Pioli. Chi scrive, ammesso che interessi, ha sempre tifato per Pioli: come, in passato, per Rino Gattuso.
Non deve essere stato semplice, per Ivan Gazidis, rimangiarsi le parole date, visto che, a suo tempo, la soffiata dell’operazione era costata addirittura lo strappo di Zvone Boban. Rangnick era stato avvicinato, nell’immaginario popolare, alla figura iconoclasta di Arrigo Sacchi. Colleghi tedeschi lo dipingono un po’ più accentratore e un po’ meno rivoluzionario di quanto non si millanti in edicola. Il cambio di rotta avrebbe rappresentato una cesura pericolosa ma affascinante; il compromesso Rangnick dt e Pioli spalla sarebbe stato, viceversa, un "pareggio" potenzialmente esplosivo.
La media punti post lockdown: Pioli e Gasperini mai sconfitti
SQUADRA | MEDIA PUNTI |
Milan | 2,5 |
Atalanta | 2,5 |
Inter | 2,1 |
Napoli | 2 |
Juventus | 2 |
Roma | 1,7 |
Lazio | 1 |
Pioli, dunque. Perfino Arrigo l’ha promosso a "moderno". Evviva. Stefano ha 54 anni, portò la Lazio al terzo posto e ai preliminari di Champions, fu il carro attrezzi che recuperò l’Inter dal tamponamento travagliato con Frank de Boer. Si parli pure di normalizzazione. La storia dirà se fu vera gloria o la solita attrazione per le capriole che, sul più bello, bloccano noi italiani e i manager che "italiani" diventano.
Adesso, però, punto e a capo. Le mie perplessità di fondo e sul fondo (Elliott) riguardano, naturalmente, l’entità degli investimenti. Non solo. Se è vero che Marco Giampaolo, spacciato per scienziato e prigioniero, per questo, "a sua insaputa", non afferrò subito dove era atterrato, è vero altresì che Zlatan Ibrahimovic, Simon Kjaer e Alexis Saelemaekers sono arrivati a gennaio. Il mercato è una tappa che ci porta alla madre di tutte le domande: senza toccare gli eccessi negazionisti di "France Football", in che misura Pioli, Paolo Maldini e il club dovranno prendere per oro colato la classifica e il rendimento dei giocatori usciti dal lockdown? A leggere i risultati e a tradurre le prestazioni, non dovrebbero sussistere dubbi: oggi, Franck Kessié e Ismael Bennacer non sono due fra i centrocampisti più pimpanti del campionato; sono, per distacco, i migliori.
L’esempio racconta il trasloco dal caos frustrante d’autunno alla riscossa estiva; fotografa il cambio di passo attorno all’innesto di Ibra; spiega, o almeno ci prova, l’idea di calcio che ha spinto i vertici a salvare l’allenatore Ryan. Nella mia griglia il Milan figurava al sesto posto. Da Europa League: missione compiuta, quindi, al di là delle scosse e delle mosse che ne hanno scandito la trama. Il Diavolo è giovane, e se mai i Bennacer e i Kessié confermassero la perizia tecnica di questo scorcio, sarebbe a cavallo. E se, invece, il netto del loro valore fosse la media fra i tornei di apertura e di clausura?
La sfida odierna con l’Atalanta cade a fagiolo. Penso al lavoro che aspetta Pioli, al suo pulpito invaso e blandito da coloro che già studiavano il tedesco. Occhio, gli avrebbe sussurrato Leo Longanesi: "Gli italiani sono buoni a nulla ma capaci di tutto".
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