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Nuovo metodo, antichi difetti: le prime impressioni sul Milan targato Pioli

Davide Bighiani

Aggiornato 22/10/2019 alle 17:29 GMT+2

Dentro la partita contro il Lecce, ecco alcuni spunti di riflessioni per identificare quali siano gli aspetti positivi e quali invece i punti ancora da migliorare nel nuovo Milan di Stefano Pioli. Dall'inizio molto incoraggiante alle difficoltà della ripresa.

Stefano Pioli - 2019

Credit Foto LaPresse

Nuovo metodo, antichi difetti. Così, in quattro parole (più una virgola) potremmo riassumere ciò che si è visto alla prima uscita del nuovo Milan targato Stefano Pioli. Che è partito bene, ha promesso tanto nei primi 60' contro il Lecce, ma alla fine si è ritrovato con un solo punto in saccoccia e il solito amaro in bocca: una sensazione che ormai accompagna staff, giocatori e tifosi da molto, troppo tempo. Ma andiamo con ordine.

Ottimo approccio

Non facciamo certo i disfattisti, di cose positive nell'uggiosa serata milanese se ne sono viste: a cominciare dall'approccio alla partita dei rossoneri, mai così inDiavolati seppure contro un avversario - questo dobbiamo dirlo - alquanto remissivo almeno nella prima parte di gara. Pronti, via e sembra che Leao debba divorarsi la difesa avversaria: sguscia via come il miglior Weah (ma solo per rimanere in ambito milanista), con forza e leggiadria nei movimenti, ma poi spreca come il peggior Calloni. Il gol arriverà, ma non da lui. Sarà Cahlanoglu a scardinare la porta di Gabriel, con un destro implacabile.

Un Cahlanoglu chi l'aveva mai visto

A proposito di Cahla. Erano in molti i tifosi del Milan e non solo a indicare nel turco (e in Suso) i principali artefici del declino rossonero nel periodo "giampaoliano": e lui, nel momento di maggior difficoltà a rialzato la testa. Anzi, la ha abbassata, correndo su ogni pallone, ricamando assist ed entrando nei gol in maniera prepotente. Controllo e destro da punta vera per l'1-0, magia e assist al bacio per Piatek per il 2-1; in mezzo anche un palo direttamente da calcio d'angolo. Non esattamente ciò che ti aspetti da uno che fino alla vigilia era dato per panchinaro. O forse sì? Uno dei primi meriti da indirizzare a Pioli è proprio quello di aver cominciato a lavorare sulla testa dei giocatori, soprattutto quelli che negli ultimi mesi erano stati additati quali i colpevoli maggiori delle disgrazie del Milan - ottimo anche l'approccio di Biglia - e quelli che il campo lo hanno solo assaggiato (Leao appunto).

Modulo variabile

Già in sede di presentazione Pioli lo aveva detto: il Milan non avrà un modulo fisso, ma dovrà adattarsi di partita in partita. Anche contro il Lecce si parte con il 4-3-3 ma poi la mutazione in un più fluido 3-2-2-3 quando i rossoneri sono in possesso di palla è evidente con il passare dei minuti. Hernandez diventa di fatto un'ala aggiunta, mentre dietro Romagnoli e Musacchio guardano le spalle a tutti, anche a Conti quando si scanci a destra. Dalla metà campo in su, il Milan esibisce - soprattutto nella prima parte del match - tanti passaggi brevi e fraseggi a tre che sono un marchio di fabbrica del Pioli allenatore. Il problema è la durata di tutto ciò...

Mente libera e cose semplici ma fino a un certo punto

La filosofia di Pioli c'è ed è evidente, ma rimangono i problemi: il Milan è bellino sì, ma non concretizza, e questo alla lunga può diventare un difetto molto grave. Prendiamo la partita contro il Lecce, avversario che si presenta timido a San Siro, subisce ma non molla la presa e nel secondo tempo, grazie a un paio di cambi fatti nel giusto modo (e di una lavata di testa di Liverani) prende a giocare, intimidendo a sua volta il più quotato avversario. Sì perché il Milan sta cercando di ritrovarsi ma commette ancora molti errori di gioventù (parola che però non piace a Pioli): "Bisogna imparare a buttare anche la palla in tribuna" è una frase che certo non sentiremo mai pronunciare da Giampaolo ma che con Pioli diventa tutto d'un tratto attuale. Perché a nessuno piace dover commentare un gol preso al 92' perché non si è stati in grado di capire che in quel momento - non sempre, ma in quel momento sì - la palla sarebbe stata meglio in tribuna che sul piede di Calderoni.

Suso, la tenuta e difesa i grandi crucci

Se Cahlanoglu sembra tornato sulla retta via, Suso è invece ancora alla ricerca della felicità, sua e del Milan. L'impressione è che il giocatore spagnolo abbia troppo bisogno di avere per molto tempo la palla tra i piedi - per guadagnarsi il suo spazio per rientrare e tirare, oppure crossare - e che poco si sposi con la filosofia "piolesca" di passaggi fissi e attacco della profondità.
L'altro grande problema è appunto la tenuta dei rossoneri, prima mentale che fisica: con tutto il rispetto per il Lecce di Liverani, che ha ben figurato su altri palcoscenici già in questo inizio di stagione, una partita come quella di domenica va vinta, a tutti i costi. Sicuramente il lavoro fatto negli ultimi 10 giorni sotto Pioli si è fatto sentire, certamente le nuove indicazioni del mister devono ancora essere assimilate, ma le leggerezze commesse in occasioni dei gol subiti - difesa tutta spostata da una parte in occasione del mani in area di Conti e palle perse al limite dell'area sul 2-2 finale - non sono facilmente giustificabili. Il black out del secondo tempo è stato evidente, ed è bastato un avversario quale il Lecce per svelarlo a tutti: se si guarda il calendario del Milan - che vede nell'ordine Roma, Spal, Lazio, Juventus e Napoli - il discorso tenuta e gol subiti (10 in 5 partite) diventa fondamentale.
Quindi i segnali di risveglio ci sono, ma la strada per uscire dal tunnel è ancora piena di ostacoli: Pioli però sembra avere la calma e il carattere quantomeno per affrontarli.
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