Serie A, record di rigori fischiati: il confronto con gli altri top campionati
DaEurosport
Aggiornato 05/07/2020 alle 16:40 GMT+2
Se l'Italia è stata la prima a sperimentare e utilizzare la VAR, gli altri campionati europei ci hanno seguito. Eppure, il confronto parla chiaro. I rigori sono un "primato" italiano: cerchiamo di capire perché.
La Serie A 2019-2020 sarà ricordata come l'edizione con più rigori fischiati. Come scrive Luca Marelli, ex arbitro di Serie A e B e opinionista televisivo, la tendenza ormai è sotto gli occhi di tutti.
Record di rigori fischiati: il confronto con gli altri top campionati europei
STAGIONE | RIGORI ASSEGNATI | UN RIGORE OGNI |
2016-17 | 137 (no VAR) | 249 minuti |
2017-18 | 120 (prima stagione VAR) | 285 minuti |
2018-19 | 122 | 280 minuti |
2019-20 | 146 (mancano ancora 87 partite) | 180 minuti |
Le cifre sono in costante aggiornamento, ma in fondo gli anticipi della 30esima giornata non fanno che confermare questo dato: tre partite e quattro rigori (uno nel derby di Torino, due in Sassuolo-Lecce e uno in Lazio-Milan). Se l'Italia è stata la prima a sperimentare e utilizzare la VAR, gli altri campionati europei ci hanno seguito. Eppure, anche in questo caso il confronto parla chiaro. I rigori sono un "primato" italiano.
CAMPIONATO | UN RIGORE OGNI |
Bundesliga | 382 minuti |
Liga | 223 minuti |
Premier League | 427 minuti |
Ligue 1 | 288 minuti |
Primeira Liga | 245 minuti |
Perché si fischia così tanto in area?
Non è semplicissimo dare una risposta a questa domanda, ma possiamo provare a ipotizzare qualche ragione in attesa di ulteriori prove. La prima è una ragione culturale: in Italia il calcio non è più uno sport di contatto, o almeno non è più considerato tale come in precedenza. In area di rigore c'è meno tolleranza rispetto a qualche tempo fa, cosa che a volte va contro quel famoso assioma dell'ex arbitro Casarin: "Il rigore è una cosa seria". Senza dubbio poi c'è il ruolo della VAR: la tecnologia ha cambiato il modo di giudicare in area o meglio certi falli, soprattutto i tanto discussi falli di mano, vengono rilevati subito dalle telecamere senza via di scampo. Insomma, interventi come quello di de Ligt nel derby della Mole, con aumento di volume del corpo, giustamente non vengono lasciati correre, mentre l'occhio umano potrebbe talvolta perdersi qualche frame, com'è normale che sia in questi casi. Non è dunque un presunto cambio di regole sui falli di mano, che di fatto non c'è mai stato (semmai cambiano i termini ma non la regola in sé), l'oggetto della contesa ma la percezione che di essi si ha. Con la tecnologia a disposizione, chi si assume il rischio di gesti "pallavolistici" viene condannato al rigore.
Resta, però, il problema di partenza: perché così tanti rigori? Una spiegazione ce la offrono sempre gli episodi di sabato per restare alla stretta attualità. In Sassuolo-Lecce, Paz mette un braccio sulla vita di Ferrari che crolla a terra appena sente il contatto con l'avversario. Massa concede il rigore ed ammonisce Paz. La VAR? Non può intervenire ovviamente, perché si tratta di un episodio valutato dall'arbitro e che appartiene alla sua sfera soggettiva. Un episodio diverso - ma il concetto non cambia - che fornisce un'ulteriore conferma in questo senso è il celebre rigore di Caicedo in Lazio-Fiorentina. La VAR non poteva intervenire. Caicedo trascina prima la gamba, cerca il contatto con il portiere e poi lo trova ma la VAR non poteva fare nulla. Insomma, il nocciolo del problema sta qui: gli attaccanti sono diventati molto bravi a procurarsi i rigori, ma gli arbitri non hanno ancora gli strumenti per poter fermare i furbi che continueranno ad agire di conseguenza. Ma allora c'è anche un problema alla base e bisognerebbe chiedere lumi all'IFAB: la VAR non era stata concepita per permettere agli arbitri di sbagliare il meno possibile? Una soluzione potrebbe essere approvare le chiamate da parte degli allenatori: almeno la responsabilità ricadrebbe sui diretti interessati, anche se probabilmente non basterebbe ad aiutare i direttori di gara a sbagliare il meno possibile.
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