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Analisi tattica prima Juventus di Pirlo: le novità sono a centrocampo

Simone Eterno

Aggiornato 21/09/2020 alle 13:51 GMT+2

Dall'assenza di un registra nasce la "rivoluzione" della prima Juventus di Pirlo: una squadra elettrica e meno compassata, ma ancora tutta da valutare. Avversari esclusi però c'è già un'evidenza: il feeling con l'ambiente. Parola di Claudio Ranieri.

Andrea Pirlo applaude il pubblico dopo la vittoria della Juventus per 3-0 sulla Sampdoria, suo esordio assoluto in panchina

Credit Foto Getty Images

Tempo, prudenza, pazienza. Tre ingredienti sempre più rari nel mondo del calcio e ancor più indigesti a chi solitamente ama commentarlo. Il nostro Roberto Beccantini questa mattina, dalle sue colonne sul nostro sito, ne era stato portavoce: “I battesimi sono resse di parenti che, in base al risultato, brindano o sbadigliano”.
Vero. Come vero però è il fatto che un’attesa del genere per una prima della Juventus non si registrava da tempo. Se non altro per la curiosità legata al debutto assoluto di Pirlo, che in panchina in carriera si era casomai seduto – rari casi – con i tacchetti sotto le suole più che con l’elegante scarpa classica di chi ora detta le regole. E se certamente prodursi in grandi analisi è esercizio prematuro, della prima di Pirlo si possono sottolineare più che altro un paio di aspetti tattici e di atteggiamento complessivo che evidenziano la prima rottura evidente rispetto al passato.

Il modulo: manca 'un Pirlo' in regia, e dunque...

In primis è il modulo. Sperimentale, senz’altro, visto anche le assenze di almeno 2 giocatori chiave di questo gruppo: de Ligt e Dybala. In questa prima però si è avuta la sensazione, confermata poi dalle dichiarazioni dei diretti protagonisti – leggasi Bonucci – di una Juventus meno integralista e più libera nello spirito. Un 3-4-2-1 in fase di possesso e un 4-4-2 in fase di non possesso in cui la sterzata evidente rispetto al recente passato è arrivata nel totale cambio di interpretazione del centrocampo. Da questo punto di vista Andrea Pirlo era stato chiaro ai microfoni di Sky così come poi in conferenza stampa: “abbiamo 4 centrocampisti per i due ruoli in mezzo”.
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Pirlo: "In testa ho un calcio col centravanti, Dybala può giocare con Kulusevski"

Traduzione? Non c’è nessun ‘nuovo Pirlo’ e mancando dunque il regista puro, la soluzione migliore è la coppia in linea davanti alla difesa. Che sia dunque McKennie con Rabiot come ieri sera, piuttosto che Bentancur o Arthur, è già questa la prima rivoluzione. Un aspetto a cui è però legato il fondamentale ruolo di Ramsey – migliore in campo ieri sera – che rappresenta il raccordo perfetto più in fase di ‘non possesso’ che in quello di possesso. Ieri costantemente tra le due linee pronto all’assist così come all’inserimento, a livello offensivo il ruolo del gallese potrebbe anche essere preso da Dybala. E’ difensivamente però che l’argentino non può garantire la fase di generoso ripiegamento mostrata da Ramsey nel posizionarsi come esterno del 4-4-2. E dunque la “sostenibilità”, concetto già più volte espresso dal neotecnico. Non essendoci in rosa altri centrocampisti con le caratteristiche di Ramsey, quella del gallese è già una questione importante per la sostenibilità sul lungo periodo di questa prima versione della squadra di Pirlo.
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Aaron Ramsey durante Juventus-Sampdoria: il migliore in campo dei bianconeri

Credit Foto Getty Images

Assetto: alta, ambiziosa, frenetica

Al di là della pura tattica però, che ovviamente potrà essere riconfigurata, specie quando e se arriverà il centravanti, conseguenza del cambio di assetto è l’interpretazione filosofica della partita. Che il Pirlo-pensiero fosse di un calcio fatto di “recupero alto” è una dichiarazione d’indenti piuttosto comunque ormai nella contemporaneità del pallone a tutte le latitudini; che la sua prima Juventus riuscisse a trasformarlo in qualcosa di immediatamente concreto non era invece così scontato. Quella con la Sampdoria, da cui va comunque soppesato il valore dell’avversaria (per stessa dichiarazione di Ranieri “troppo rinunciataria”), è stata una Juventus alta e ambiziosa. Frenetica nella sua rinnovata freschezzain cui, viene da pensare, gli effetti sono anche a causa del ringiovanimento. In particolare l’intensità di McKennie e la fisicità unita al talento di Kulusevski, rispettivamente classe 1998 e 2000, hanno mostrato i frutti sul piano del dinamismo. Una squadra la cui ambizione è la stessa di quella di Sarri – provare a dominare il gioco – ma che ha due piani diversi sul come farlo: dal palleggio, spesso troppo compassato nella scorsa stagione, a un’elettricità nella riaggressione che fa della Juventus un progetto piuttosto interessante.
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La Juventus esulta dopo il gol di Bonucci: fondamentale la zampata iniziale di McKennie, uno dei più energici e attivi in mezzo al campo

Credit Foto Getty Images

La chiave: il feeling con la squadra

Sono queste, dunque, le principali evidenze mostrate nella prima uscita. Avventurarsi in celebrazioni sarebbe evidentemente prematuro, specie per tutta una serie di questioni – dalla sostenibilità sul lungo periodo di Ramsey, dal cosa succederà col centravanti, dal valore delle avversarie, dalla solidità difensiva di fronte a squadre che sapranno fornire la stessa moneta utilizzata dai bianconeri, eccetera eccetera; quel che resta però è un buon battesimo unito dalla sensazione che qualcosa sia già scattato. E non siamo i soli a sostenerlo. Sentire per credere le parole di Claudio Ranieri, un uomo che da 40 anni ha fatto e visto calcio a tutte le latitudini, e che su questa prima della nuova Juve di Pirlo ha detto forse la cosa più interessante di tutte: “Dopo una partita è difficile dire se la Juventus sia la candidata n°1 al titolo, però mi è sembrata una cosa: che ci sia un gran feeling tra la squadra e il proprio allenatore”.
In quanti sosterrebbero la stessa cosa dopo le 52 partite ufficiali con Sarri della scorsa stagione?
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Ranieri: "Mi è sembrato che ci sia un gran feeling tra Pirlo e la squadra"

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