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Gianluca Vialli e la Juventus, eroe e capitano della rinascita, l'ultimo ad alzare la Champions coi bianconeri

Enrico Turcato

Pubblicato 06/01/2023 alle 13:52 GMT+1

JUVENTUS - Il legame con Marcello Lippi, l’intesa con Fabrizio Ravanelli, la leadership naturale: Gianluca Vialli ha scritto pagine indelebili della storia della Vecchia Signora. La Champions del 1996 rappresenta il culmine della sua avventura a Torino: è stato uno dei giocatori preferiti dell’Avvocato Gianni Agnelli.

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Sono trascorsi oramai più di 26 anni da quell’indimenticabile momento. L’ultima volta in cui la Juventus è riuscita a sollevare al cielo la Champions League, che da lí in poi è diventata per il club bianconero quasi una sorta di ossessione. Il volto simbolo di quell’impresa all’Olimpico di Roma contro l’Ajax, il capitano festante con la Coppa in mano, il leader maximo di quella Juve era Gianluca Vialli. Un uomo prima che un calciatore, che merita però di essere ricordato anche le splendide gesta sul campo da calcio, visto che – anche e soprattutto per quel magico 1996 – è stato indubbiamente uno dei calciatori più importanti e amati dell’intera storia bianconera. Chi vi scrive ha dedicato a Gianluca un intero capitolo nel suo libro “1996. La Juventus sul tetto del mondo”, cercando di raccontare quanto Vialli avesse inciso in quel periodo juventino di metà anni ’90.
Gianluca Vialli è sempre stato un ragazzo tosto. Uno di quelli a cui è difficile tenere testa, il classico “amico” che vorresti sempre avere al tuo fianco in un momento concitato, il capogruppo testardo che trascina con la sua determinazione chiunque gli orbiti attorno. La sua carriera, ma più in generale la sua vita, ha la metaforica sembianza di una montagna russa, dove si alternano momenti epici a brusche cadute, grandi vittorie a cocenti delusioni, e in cui però emerge sempre uno stesso minimo comun denominatore: l’innata capacità di reagire. “Gianluca è un leader carismatico, uno di quelli in grado di fare bene qualsiasi cosa faccia nella vita, perché capace di coinvolgere in modo naturale tutte le persone che lavorano con lui”. Marcello Lippi, allenatore che ne rivitalizzò una parabola che sembrava discendente, lo descrive alla perfezione. In campo Vialli rappresentava il modello dell’attaccante completo. Potente, tecnico, con il mirino ben puntato sulla porta, intelligente, in grado di sacrificarsi in pressing e di essere letale quando gli veniva concessa l’occasione giusta. Uno da oltre 250 gol nel curriculum, che ha vinto e convinto ovunque abbia giocato, in Italia e in Inghilterra. Uno di quelli in grado di lasciare sempre un segno.

La scommessa dell'avvocato e l'inizio difficile col Trap

Vialli arriva alla Juventus nell’estate del 1992, dopo aver perso la finale di Coppa dei Campioni contro il Barcellona con la sua adorata Sampdoria. A inizio giugno di quell’anno Giampiero Boniperti, su richiesta espressa dell’Avvocato Agnelli che sognava di rivedere in bianconero la coppia della Nazionale con Roberto Baggio, mette a segno il colpo: per avere Vialli, la Juventus investe una quarantina di miliardi di lire, tra contanti (15) e cartellini di quattro giocatori (Eugenio Corini, Mauro Bertarelli, Nicola Zanini, Michele Serena). È (per l’epoca) l’affare più costoso della storia del calcio italiano, ma il suo impatto con l’ambiente Juve non è dei migliori. Gianluca inizialmente fatica, non riesce a rendere come vorrebbe sotto la guida di Giovanni Trapattoni, la tifoseria rumoreggia, la squadra non riesce a imporsi e in Italia viene sempre messa sotto dal Milan di Capello, che vince lo Scudetto sia nel 1993 che nel 1994. Lui si infortuna, non incide e i giornali iniziano a parlare di “giocatore sopravvalutato”. Ciò non gli impedisce di essere tra i protagonisti della Coppa UEFA del 1993, fornendo alcuni assist pregevoli sia nella semifinale di ritorno con il Paris Saint Germain che in entrambe le finali contro il Borussia Dortmund. Non sufficiente per molti.
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Gianluca Vialli insieme a Roberto Baggio ai tempi della sua militanza nella Juventus nella stagione 1993-94, Getty Images

Credit Foto Getty Images

La svolta con Lippi e l'inizio della scalata

Qualcuno dopo i primi due anni, infatti, ne ipotizza addirittura l’addio, ci sono diversi club inglesi sulle sue tracce, ma lui non molla e nell’estate del 1994 arriva l’allenatore della svolta, colui che lo convince a rimanere e lo rimette al centro del progetto. “Marcello Lippi è stato il mio messia, il mio modello sotto tutti i punti di vista”, dichiarerà Gianluca dopo aver appeso gli scarpini al chiodo. La stagione 1994/95 è quella della rinascita, della rivalsa, l’inizio di una nuova scalata. Vialli è una forza della natura, è affamato, segna 17 gol in campionato, molti dei quali decisivi per lo Scudetto bianconero, e nella seconda parte dell’anno inizia anche ad indossare la fascia di capitano, visti i continui forfait di Baggio. Diventa un punto di riferimento per tutto l’ambiente bianconero, dentro e fuori dal campo.
L’estate del 1995 è atipica per l’attaccante originario di Cremona. È consapevole che sarà il capitano della Juventus nella stagione che inizierà ad agosto, ma non è ancora riuscito a trovare un accordo per il rinnovo di contratto, che scade nel maggio successivo. Vialli guadagna 1,5 miliardi all’anno, ha già spento 31 candeline e, a rigor di logica, cerca l’ultimo accordo della carriera, quello che poi lo porterà verso il ritiro dall’attività agonistica. Lui vorrebbe rimanere alla Juventus, visto che ormai ha un legame viscerale con diversi compagni di squadra, è rispettato dall’allenatore e sta riconquistando i tifosi, ma è altrettanto conscio che la dirigenza piemontese sta valutando diversi nomi più giovani per il futuro. La questione non lo turba e non diventa prioritaria, dato che la sua mente è concentrata su un unico obiettivo: la Coppa dei Campioni, che ora si chiama Champions League e che potrà tornare a giocare dopo quella maledetta finale a Wembley del 1992, che gli ha tolto il sonno per oltre tre anni. Il numero nove bianconero comincia l’annata in sordina, senza esasperare un fisico usurato da vari acciacchi e ben sapendo che sarà la seconda parte ad essere ricordata. Alcuni la chiamano “gestione”, per lui era solo l’attesa della sua personale rivincita.
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Marcello Lippi insieme a Gianluca Vialli: il loro rapporto fu alla base dei successi della Juventus nel 1995-1996, Imago

Credit Foto Imago

Un trascinatore in missione

La Juventus di quel periodo è una squadra forte, compatta, con un gruppo di uomini che remano nella stessa direzione, in cui tutti si sacrificano e che in ambito europeo sa intimorire ad ogni avversaria. Il ’96 di Vialli inizia con un segnale positivo. Il 17 gennaio, in un gelido Delle Alpi, va in scena la finale di Supercoppa Italiana contro il solito Parma di Nevio Scala. Al 32’ un colpo di testa di Ravanelli da posizione defilata viene respinto quasi sulla linea, Bucci è in controtempo, la palla rimane così ferma a mezzo metro dalla porta e per Gianluca è immediato insaccare con il mancino a porta vuota. Il fato gli ha regalato quel gol decisivo, utile a sollevare l’ennesimo trofeo. Il lavoro richiesto da Lippi al suo capitano era molto dispendioso, visto che il numero nove bianconero era sempre il primo ad iniziare la fase di pressing alto e quando la squadra avversaria attaccava, doveva accorciare centralmente a centrocampo, per non lasciare spazio nell’impostazione tra le linee. Vialli non era dunque sempre brillante e al top della forma, ma aveva l’esperienza giusta per capire quando e come richiedere al suo possente fisico uno sforzo maggiore. “Gianlu per noi era l’esempio da seguire, il punto di riferimento per ogni compagno di squadra, ci trasmetteva passione e grinta, non era mai disposto a perdere senza aver gettato l’anima oltre l’ostacolo e aveva sempre una parola di conforto per tutti”. La narrazione del suo compagno e amico Fabrizio Ravanelli ne fotografa la stima di cui godeva all’interno dello spogliatoio. Il trascinatore in missione.
Aprile è un mese eccezionale per Vialli. Mercoledì 3 a Torino si gioca l’andata delle semifinali di Champions League, contro l’ostico Nantes di Jean-Claude Suaudeau. La partita è bloccata, i francesi non si scoprono, consapevoli di giocarsi poi la qualificazione per la finalissima al ritorno in casa. Ad inizio ripresa un corner da destra di Del Piero trova lo stacco di Vierchowod e la successiva zampata vincente del capitano, che porta avanti la Juve. L’attaccante si ripete anche nella gara del 17 aprile in Francia: al 17’ si avventa come un rapace sulla sforbiciata sbilenca di Ferrara, controlla il pallone, lo porta avanti e con l’esterno morbido supera Casagrande. Sono due reti fondamentali per l’approdo della Juventus alla finale della massima competizione europea per club a distanza da 11 anni dall’ultima volta.
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Gianluca Vialli in azione in Nantes-Juventus, Getty Images

Credit Foto Getty Images

Nel mezzo la soddisfazione di decidere il derby con il Torino (6 aprile in casa dei granata, nda). Il centravanti bianconero, dopo aver realizzato una tripletta nel 5-0 dell’andata, firma la rete del definitivo 2-1 nel match di ritorno, con un movimento stupendo: tocco di Del Piero, velo e finta di Vialli, che poi scaglia un destro fulmineo all’angolino. È tutto pronto per l’atto conclusivo.
La Juventus è una filosofia. Può piacere o non piacere, ma è qualcosa di unico. Per me è stato un privilegio far parte della storia di quel club. Non è una società perfetta, ma ha un dna vincente. Quando indossi quella maglia, ne senti il peso. A Torino esiste un ambiente di lavoro molto particolare, sei contagiato: un'atmosfera che serve anche nella vita. La principale caratteristica alla Juve è la testa bassa. L'umiltà rispetto a quello che si vince, che è sempre tanto. Il club ti insegna l'importanza degli oneri, ti mette nelle condizioni giuste per dimostrare quanto vali, ma poi tu devi dare il massimo. A quel punto vinci e ti godi gli onori. Ma per poco perché devi rivincere subito dopo. Ecco, il successo è spesso un sollievo più che una vera gioia.
La juventinità spiegata da Gianluca Vialli in persona aiuta a comprendere con che peso si è avvicinato alla gran finale di Roma contro l’Ajax. In quei 90 (poi diventati 120) minuti all’Olimpico c’era tutta l’angoscia di un comandante che, oltre ad avere la responsabilità di dover riportare alla vittoria un club come la Juve, non voleva deludere i suoi tifosi e non voleva deludere nuovamente sé stesso dopo il bruciante ko del 1992. In aggiunta Gianluca era già certo che quella sarebbe stata la sua ultima partita in bianconero. Il suo nuovo agente Claudio Pasqualin, infatti, appurata l’impossibilità di rinnovare con la Juve, aveva già trovato l’accordo per un biennale con il Chelsea, affare caldamente sostenuto dall’amico Ruud Gullit, allenatore-giocatore della società londinese.
Il 22 maggio 1996 Vialli non gioca la sua miglior partita. La tensione nel volto e nelle gambe, l’avversario insidioso e mai domo, tante occasioni sprecate dalla squadra, l’1-1 al 90’ e il nuovo incubo supplementari. “Al termine dei 120 minuti - raccontò lo stesso attaccante bianconero nel 2009 al sito dell’UEFA - Lippi ci ha guardato negli occhi per capire chi se la sentisse di calciare i rigori. Io sono stato il primo a cui si rivolse: 'Luca, vuoi tirarlo?'. Risposi: 'Marcello, se trovi cinque pazzi che vogliono andare sul dischetto, li guardo volentieri da fuori. Altrimenti, sono a disposizione’.”. Il contributo dagli 11 metri non risulta necessario, i compagni trasformano alla perfezione e Gianluca, con la fascia di capitano al braccio, in completo blu con le stelle gialle sulle spalle, la gioia di un bambino e un sorriso a 32 denti a mandar via tutte le delusioni passate, può godersi gli istanti che passeranno alla storia. “Sollevare la coppa resta uno dei momenti più emozionanti della mia lunga carriera. È stato il culmine della mia esperienza con la Juventus, prima di passare al Chelsea. Ero felice, ma soprattutto sollevato di stringere fra le mani quella coppa, di mostrarla ai nostri tifosi e di vivere quei momenti di gioia con tutta la squadra. Se mi capita di rivedere quelle immagini in tv, mi viene la pelle d’oca”.
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Gianluca Vialli alza la Champions League con la Juventus, l'ultima conquistata dai bianconeri: stagione 1995/96

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La definizione dell'Avvocato che ne racchiude l'essenza

Qualche giorno dopo quell’impresa, il club bianconero pubblica un comunicato di sette righe per ufficializzare l’addio dal suo leader carismatico: “Si sono incontrati oggi i rappresentanti della Juventus e del giocatore Gianluca Vialli. Le parti hanno deciso consensualmente di non procedere al rinnovo del rapporto contrattuale in considerazione di diverse reciproche esigenze. La Juventus ringrazia il giocatore Gianluca Vialli per l'ottimo apporto che quest'ultimo ha dato durante la sua permanenza nelle fila bianconere, augurando allo stesso le migliori fortune”. Il punto di riferimento di quegli anni bianconeri chiude la sua esperienza in grande stile, dopo quattro anni, senza rimpianti e con un palmares di assoluto rispetto: una Champions League, una Coppa UEFA, uno Scudetto, una Coppa Italia e una Supercoppa italiana. Il suo dna vincente si è sposato a meraviglia con la stessa mentalità di un club al quale rimarrà legato per sempre.
Se Baggio è Raffaello e del Piero è Pinturicchio, allora Vialli chi è?”, chiese un giornalista all’Avvocato Gianni Agnelli.
Mi faccia pensare. Vialli è il Michelangelo della Cappella Sistina. Lo scultore che sa trasformarsi in pittore
Non serve aggiungere altro.
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