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Inter campione, l'evoluzione tattica di Simone Inzaghi: segreti del bel gioco che nessuno è riuscito a fermare

Francesco Balducci

Aggiornato 23/04/2024 alle 17:18 GMT+2

SERIE A - Nello Scudetto della seconda stella, Inzaghi è riuscito a sublimare un gioco già a larghi tratti di alto livello, mostrato nelle passate stagioni. A differenza degli altri titoli, però, questa Inter vince soffrendo poco e imponendo il suo calcio agli avversari. Merito dell'allenatore e della sua evoluzione tattica che andiamo a scoprire.

Inter campione d'Italia, la rivoluzione tattica di Simone Inzaghi

Credit Foto Eurosport

Simone Inzaghi ci ha educato alla bellezza. Sì, bellezza. Perché lo Scudetto arriva al termine di un cammino che potremmo definire inusuale per la storia recente nerazzurra: gli ultimi campionati vinti dall’Inter sono sempre stati cuciti al petto da trame di imprese epiche, sofferte. Di condottieri, eroi della notte e finali da restare senza fiato.
Inzaghi, invece, ha saputo – al primo campionato vinto in carriera da allenatore – rendere la strada un equilibrato e costante incanto. Un aspetto da ribadire con ardore se ricordiamo che, fino a pochi anni fa, l’Inter era accompagnata in maniera indissolubile dall’aggettivo Pazza nel tessuto pop-calcistico italiano.
Questa epifania è da ascrivere principalmente al bel gioco che la formazione campione d’Italia ha saputo esprimere: un’evoluzione tattica iniziata dall’arrivo del tecnico piacentino tre anni fa, perfezionata a tal punto di assumere i contorni di rivoluzione sistemica nella stagione della seconda stella. Ecco il perché:

I DIFENSORI I VERI PLAYMAKER

I braccetti di Inzaghi sono il punto focale della fase offensiva dell’Inter. Bastoni e Pavard si uniscono costantemente all'attacco: quando il possesso palla si sposta sull’esterno, ad esempio, è molto comune vedere il classe 1999 azzurro occupare la profondità lasciata da Dimarco e Mkhitaryan.
Sul lato destro del campo, invece, l’Inter usa la costruzione a quattro grazie al dinamismo e la duttilità di Pavard che diventa terzino e permette al ‘quinto’ di sganciarsi sulla linea degli attaccanti.

Questo tipo di assetto costringe gli avversari a venire a prendere l’Inter più alta e, inevitabilmente, a lasciare spazi sulle corsie che i due esterni vanno immediatamente ad occupare. Fino al derby-Scudetto, infatti, sono ben 19 le reti segnate dai difensori a cui si aggiungono 30 assist stagionali.

Inter, la costruzione a 4 per liberare spazio sugli esterni

TUTTO PASSA DA CALHA

Hakan Çalhanoğlu rappresenta per Inzaghi la chiave assoluta per innescare tutti i movimenti del reparto offensivo. Il primo possesso dell’Inter è quasi sempre volto a liberare il turco: quando ha libertà di ricevere centralmente, gli avversari tenderanno a stringere il campo. Questo apre uno spazio per il solito esterno lanciato sulla fascia.
Inter, la posizione di Çalhanoğlu
Quando, invece, c’è un pressing più alto e uomo su uomo, Inzaghi propende per una costruzione sulla fascia con il 20 che si apre sull’esterno e favorisce l’inserimento di un braccetto che a sua volta aprirà per l’esterno opposto, pronto ancora una volta ad attaccare alle spalle della difesa.

UN POSSESSO DI PALLA ‘UTILE’

Se prendiamo in considerazione le prime tre squadre in vetta nei top5 campionato europei, la squadra di Inzaghi è quella che detiene il possesso palla più 'basso'. A differenza di molti top team, che prediligono soffocare gli avversari nella propria area di rigore, l’intento dell’Inter non è quello di disegnare svariate linee di gioco per cercare i giocatori tra i reparti, ma quello di creare spazio dietro la linea difensiva da poter attaccare. Questo è anche il motivo per cui i nerazzurri dominano nelle statistiche di passaggi filtranti e cross, poiché molte delle loro occasioni vengono create al di fuori dell’area.

PERCHÉ NESSUNO È RIUSCITO A TROVARE LE CONTROMISURE?

Gli avversari e colleghi di Inzaghi hanno avuto difficoltà nel riuscire a fermare l'Inter soprattutto per la loro grande flessibilità nel sistema tattico. In Seria A, la capolista detiene tra le più alte percentuali di possesso palla ma anche il maggior numero di attacchi diretti, il maggior numero di gol da azioni manovrate e tra i più alti XG da calci piazzati.
L’emblema di questa grande fluidità nel sistema di gioco è sicuramente la rete di Bisseck contro il Bologna: con gli avversari bloccati e compatti, gli uomini di inzaghi manovrano sul lato destro con molta pazienza. Il difensore tedesco e Darmian sono molto avanzati: l’azione si sposta sul fronte sinistro con Bastoni lasciato libero dalla marcatura e da braccetto di sinistra serve l’assist al braccetto di destra, Bisseck appunto.
Il vero salto di qualità, però, è arrivato dalla ritrovata solidità difensiva. È migliorata, soprattutto, la capacità di subire meno in ripartenza, cosa a cui l’undici interista è spesso esposta per lo stile di gioco molto aperto e spregiudicato dei suoi difensori. Il compito di riequilibrare le zone scoperte di campo del reparto arretrato spetta a Çalhanoğlu e una delle due mezzali che si abbassano anche per ricevere e impostare l’azione.
La fase difensiva dei centrocampisti dell'Inter (via Football Meta/ YT)

L’evoluzione di Inzaghi probabilmente è tangibile proprio in questo. Se prima gli inserimenti delle mezzali erano il suo marchio di fabbrica, adesso sono diventate il segreto per il ritrovato equilibrio della sua Inter.
Militare nell’organizzazione, sinfonica nell’interpretazione. In tre anni in nerazzurro, Simone ha sublimato gli aspetti vincenti del suo calcio e migliorato i punti deboli che avevano provocato ferite dolorose nelle ultime stagioni. In questa è nata un’evoluzione calcistica di straordinaria bellezza. Non lo sappiamo ma – forse - eravamo dentro una rivoluzione.
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